I. Fedeltà alla ragione e aderenza alla realtà
1. Due abiti da sera
La rilettura del mosaico scientifico di una illustre e accreditata figura di studioso - come nel caso di Giovanni Maria Bertin - è costretta a percorrere sentieri interpretativi insidiosi, disseminati di ciottolati scoscesi e accidentati.
Fuori di metafora. Sono prevalentemente componenti di ordine personale (le cifre di imbarazzo nel ricostruire l'idea-di-educazione di una personalità alla quale siamo debitori di una straordinaria occasione di discepolanza) e di ordine scientifico (l'impossibile ricostruzione fedele del suo pensiero) a complicare l'azzardo interpretativo dello statuto teoretico e del progetto esistenziale di chi è stato nostro Maestro.
Da una parte, l'incursione nello zaino del pensiero/altrui si porta addosso il sapore dell'"indiscrezione". Dall'altra parte, risulta velleitaria una ricostruzione pedagogica che aspiri a superare i tradizionali ostacoli presenti in qualsivoglia approccio interpretativo: l'incertezza dei tracciati biografici, la parzialità della produzione scientifica - edita e non - di cui si dispone, l'arbitrarietà (che a volte rischia il tradimento) dei paradigmi formali utilizzati per ritagliare l'idea di educazione che si intende ricostruire.
In punta-di-piedi, consapevoli della precarietà della nostra avventura ermeneutica, non rinunceremo - protetti dai suoi densi scritti - a identificare i nuclei concettuali che illuminano le due facce della luna che danno profilo al Problematicismo pedagogico (d'ora in poi Pp) che Giovanni Maria Bertin ha consegnato a chi studia l'Educazione con l'intento di tenerla perennemente illuminata1.
In particolare, l'illustre pedagogista veneziano suggerisce alla Pedagogia europea di ispirazione razionalistica due-abiti-da-sera: la veste della riflessione teoretica e la veste della progettazione esistenziale.
Primo abito da sera: la riflessione teoretica. La veste speculativa di Giovanni Maria Bertin fa tutt'uno con la presa di coscienza - pedagogica, per l'appunto - della molteplicità (universalità) dei possibili modelli attraverso i quali è stata (o potrebbe essere) organizzata la vita educativa. Questa preliminare ricognizione speculativa ha fondamentalmente una funzione antidogmatica: mira a denunciare la parzialità dei modelli pedagogici espressi dalla storia dell'educazione. Ciò in seguito alla ricorrente tendenza delle Pedagogie a sostenere versanti educativi pregiudicati aprioristicamente dai valori-guida celebrati dai sistemi socioculturali dominanti nelle innumerevoli contrade del Pianeta.
L'obiettivo della riflessione teoretica è dare le ali a un modello razionale in Pedagogia in grado di vincere la parzialità e la ristrettezza di prospettiva di una certa Filosofia dell'educazione in collusione con determinati gruppi di potere. Quindi, dipendente da scale gerarchiche di valori.
Secondo abito da sera: la progettazione esistenziale. La veste progettuale di Giovanni Maria Bertin fa tutt'uno con la scelta (operata da una famiglia, da una scuola, da una comunità educante) del modello pedagogico dalle più elevate cifre scientifiche (perché di profondo respiro speculativo) e storiche (perché declinato sui bisogni e le speranze di singole comunità territoriali).
Pertanto, il modello epistemico ed empirico del Pp è in grado sia di rispondere all'istanza trascendentale (l'idea-limite di natura epistemica) di una Educazione intesa come tensione alla qualità totale del piano esistenziale, sia di rispettare la realtà socioculturale (l'idea-limite di natura storica) entro cui l'istanza trascendentale si dovrà calare: cioè a dire, i terreni della contingenza e della resistenza educativa.
La scelta problematicista non è mai il frutto di una equazione algebrica. Come scrive Bertin, questa opzione implica - insieme - fedeltà alla ragione, (intesa come principio antidogmatico) e aderenza alla realtà (intesa come bussola abilitata a segnalare le strutture utili e le forze necessarie per costruire un coerente sistema educativo).
"Aderenza alla realtà e fedeltà alla ragione suppongono coscienza storica, e cioè consapevolezza dell'unità profonda che deve legare [...] passato presente futuro, cosicché l'esigenza razionale (anziché arrestarsi nell'ambito limitato del presente o esaurirsi nella considerazione astratta del passato o ipotizzare utopicamente il futuro) si orienti al futuro: esigenza che costituisce innanzi tutto un compito da assolvere diretto all'avvenire. Così da ricavare, dalla considerazione della situazione, le indicazioni più opportune sia relativamente ai problemi emergenti dal presente e alle concrete possibilità dell'azione, sia relativamente ai precedenti lontani e vicini che hanno contribuito nel passato alla genesi e alla fisionomia della situazione medesima"2.
Siamo al cospetto di un Pp radicato nella storia e nell'esperienza, del tutto estraneo alle formulazioni astratte e assiomatiche. Per questo impugna gli strumenti dell'analisi teoretica e delle scienze applicate al fine di disegnare un sistema educativo aderente ai problemi quotidiani di un contesto storicosociale nel quale interagiscono dimensioni culturali ed esigenze vitali complesse e polivalenti. Il tutto nella consapevolezza che tale "integrazione" non è realizzabile in assoluto, data la problematicità di una esperienza educativa che chiama - quotidianamente - a decidere tra direzioni e valori diversi. Spesso contraddittori e in aperto contrasto tra loro, al punto da rendere impossibile la neutralità della scelta pedagogica.
Rinforziamo la nostra dichiarazione ermeneutica. L'aderenza alla realtà del Pp postula - a monte - un fondamento teoretico (un congegno epistemico: una teoria-della-conoscenza) aperto alla molteplicità degli approcci interpretativi. Il processo di integrazione dialettica tra il modello trascendentale (piano teorico-filosofico) e le strutture storico-sociali nelle quali si concreta la vita educativa si incammina, giocoforza, su sentieri ciottolati di "interdipendenza" e non di separazione o di identificazione. L'incontro non può svolgersi lungo viottoli intitolati all'omologazione (modellamento) del piano teoretico ai segni contingenti di cui è cosparso il contesto socioculturale. Quasi che il traguardo dell'esperienza educativa si debba identificare con il consolidamento - in continuità - dei modelli valoriali socialmente più diffusi.
La cifra che il modello trascendentale paga al suo storicizzarsi (se intende salvaguardare le cifre della possibilità e della razionalità) va investita nell'operazione di ripristino e di recupero delle sfere esistenziali che, nelle diverse età storiche e contesti sociali, soffrono di mortificazioni e/o di esclusioni.
In questa prospettiva, il Pp si rivolge senza incertezze alla costruzione di una donna e di uomo pluridimensionali, creativi e attivi. Con l'obiettivo di popolare questa stagione Mediatica (nel cui meteo campeggia l'ombra sinistra del pensiero/unico) di una umanità capace di partecipare, responsabilmente e intelligentemente, all'uso e al controllo sociale - in direzione di ragione, non di "alienazione" - dei suoi formidabili dispositivi tecnologici e scientifici. Un'umanità affrancata dall'incubo della sussistenza biologica e dagli oscurantismi etici e ideologici. Libera di testimoniare la propria energia inventiva, la propria disponibilità socio-affettiva, la propria sensibilità estetica.
2. Una scienza con le ali
Al centro del dibattito contemporaneo sul binomio educazione-istruzione troneggia il Progetto di un'alfabetizzazione compiuta che prende il nome di Formazione lungo l'intero arco della vita (Lifelong education). Un'ipotesi perseguibile, a patto di assicurarle il sostegno di una Teoria dell'educazione dotata di ali larghe e corredata di un congegno epistemico capace di alzarsi in volo in cerca di cieli sconosciuti, di orizzonti che alludano alla possibilità esistenziale dell'andare-oltre.
La teoria dell'educazione del Pp gode di questa tensione epistemica che va dal trascendentale all'utopico. La sua idea/limite è rivolta a un'umanità testimone di mondi plurali, popolati da culture complesse e diverse. Per questo il Pp dispone di ali giganti.
In virtù del suo potenziale di volo, il Pp si propone da teoria dell'educazione dal compasso intercontinentale. Dotata del passaporto che dà accesso sia all'emisfero boreale (dove è nato: a nord dell'Equatore), sia all'emisfero australe (dove è intenzionato a planare: a sud dell'Equatore).
Come dire. Il Pp non si trova a proprio agio in una carta d'identità soltanto occidentale - dal raggio/breve (presuntuosa: perché teorizza traguardi universali utilizzando mono-alfabeti: le grammatiche e le sintassi che abitano a nord del Pianeta) - perché aspira, anche, a una identità orientale e meridionale dal raggio/lungo: narrata da altri alfabeti, da altri pensieri, da altre menti.
In questa prospettiva epistemica, il Pp si fa titolare di una nuova Teoria dell'educazione per il terzo Millennio. Una scienza della Persona ancorata sia ad una Filosofia dell'educazione corredata di Singolarità e di Progettualità esistenziale, sia ad un'ermeneutica della Formazione fondata su un metodo critico-utopico. Dissenziente e inconciliabile nei confronti di modelli sociali e culturali (deterministici, economicistici, produttivistici) indifferenti ai valori dell'Intenzionalità, della Scelta, del Dissenso e dell'Utopia.
Pertanto, il Pp si candida da passaggio obbligato per tutti coloro che intendono avventurarsi per sentieri - impervi ancorchè affascinanti - che portano negli altipiani dove si sono incontrati e hanno dialogato i Maestri degli statuti epistemici della Pedagogia italiana: il Personalismo (Giuseppe Flores d'Arcais), il Pragmatismo (Lamberto Borghi), il Neopositivismo (Raffaele Laporta), la Fenomenologia (Piero Bertolini), la Pedagogia critica (Alberto Granese), la Pedagogia sperimentale (Aldo Visalberghi) e la Metateoria ermeneutica (Franco Cambi)3.
Al cospetto del nostro cielo stellato in Educazione, il punto di forza speculativa del Pp è di illuminare e scontornare la complessa morfologia di una scienza dell'educazione (la Pedagogia) che nel Ventesimo secolo ha validato - con il determinante contributo di più sguardi teoretici e metodologici - la sua identità statutaria (il suo linguaggio, la sua ermeneutica, la sua metodologia della ricerca, il suo dispositivo euristico e generativo) e la sua tensione utopica (le sue coraggiose opzioni per l'impegno etico-sociale, per la cooperazione, per la solidarietà, per la pace).
II. Il volo del gabbiano
1. Dove abita l'Utopia
Si è detto. Nel suo zaino planetario - al quale diamo il volto di un nobile gabbiano - il Pp ha posto due ali. In groppa a queste, si sottrae all'assalto delle tribù indiane della Pedagogia tolemaica la cui faretre sono stipate di frecce avvelenate di nome determinismo, localismo, uniformismo e casualismo.
Riflettori sulle ali del gabbiano. Sono la Singolarità e la Progettazione esistenziale che permettono al Pp di volare negli emisferi posti al-di-sopra e aldi-sotto delle colonne d'Ercole: entrambe terre abitate dall'Utopia.
L'ala della singolarità. Il Pp (copernicano, e mai tolemaico) gode di un balcone interpretativo nevralgico per osservare e giudicare un Pianeta governato da superpotenze che dispongono - novelli Polifemi - di un solo occhio politico/ economico: rivolto al controllo e al dominio dei sistemi produttivi, dei monopoli dell'informazione mediatica ed elettronica, della standardizzazione dei consumi e dell'omologazione dei comportamenti collettivi.
In altre parole. La stagione che ha aperto il Ventunesimo secolo si trova al cospetto di una società "oggettivante" che nega ossigeno esistenziale alla Singolarità: all'irriducibile, all'irripetibile e all'inviolabile che vivono nelle parole, nei sentimenti, nei pensieri, nei sogni. E nelle Utopie.
Per questo, il Pp delega alla Singolarità il compito di inondare di luce il carro di stelle dell'Orsa minore. Condizione ineludibile per far sì che la sua stella polare - il soggetto/Persona - possa campeggiare nel firmamento dell'educazione come luce ben visibile. Capace perdipiù di dare senso e significato ai processi di liberazione-emancipazione (sociale, culturale, valoriale) di un'umanità da poco sbarcata sul terzo Millennio.
Contro i pericoli della manipolazione e dell'asservimento collettivo, il principio di Singolarità sembra essere, per l'uomo e per la donna, l'ultimo baluardo di difesa in una stagione storica nella quale la globalizzazione sta campeggiando da totem infallibile di identificazione - e di predestinazione - dei grandi processi di sviluppo e di cambiamento del Pianeta.
Una Singolarità che sfida, con le frecce della differenza e della vitalità (affettiva, culturale e creativa), l'odierna catramazione dei modelli di vita conviviale e civile, e, con le frecce dell'intelligenza critica, il dilagante conformismo e manicheismo dei modi di pensare e di sognare un mondo fatto da donne e da uomini nuovi.
Dunque, la Singolarità come tensione alla libertà, come orizzonte aperto a un repertorio infinito di progettualità e di assiologie. A un mondo dell'educazione capace di testimoniare la propria dirompenza teoretica non solo come Pedagogia rivolta al possibile, al futuro, all'inattuale e all'Utopia, ma anche come Pedagogia che si fa paradigma di una "soggettività" che si distacca sia dalle metafisiche che espropriano i corredi esistenziali, sia dall'illusione romantica di una naturalità individuale ingessata in valore assoluto.
Questa avventura educativa chiede coraggio esistenziale, inteso come scelta disincantata di fronte ai contraddittori paesaggi della vita. Capace di stanare e denunciare - senza falsi pudori, stolte illusioni e ironico distacco - il mondo così com'è: popolato di maschere colorate di cupidigie, di farisaismi e di inganni, ma anche di tanta volontà-di-superamento delle patologie esistenziali che affliggono i teatri della mondanità.
L'ala della progettazione esistenziale. Il Pp (copernicano, e mai tolemaico) per evitare di smarrirsi nel bosco pietrificato dalle visioni unilaterali e apodittiche in Educazione tiene costantemente gli occhi aperti sull'orizzonte dell'"universalità". Siamo al cospetto di una Paideia che persegue l'ideale educativo sia della coscienza individuale (ineludibile per dare significato etico all'incontro del sé con l'altro), sia della coscienza collettiva (ineludibile per dare significato profetico a un progetto comunitario orientato all'avvenire della società).
Una Paideia, dunque, che occupa l'ala della Progettazione esistenziale e che, alla sua rotonda, progetta la Formazione di donne e di uomini storici, antropologici, in carne e ossa. E' sulla scia di questi paesaggi esistenziali che il Pp teorizza la dialettica realtà-idealità. Intesa come presa di coscienza del possibile paralizzante "incanto" del piano della contingenza (la realtà) nel suo rispecchiamento nei cieli della trascendentalità (intesa kantianamente come idea/limite). Come dire, i modelli educativi non possono restare in surplace: immobili a contemplare estasiati i raggi radiosi (e inaccessibili) dell'Utopia. Al contrario, l'Educazione implica il "disincanto": parliamo della sfida dell'esperienza quotidiana alla complessità e alla problematicità, con il relativo carico di cifre demoniche di nome azzardo, avventura, scacco e naufragio.
A partire da questo paradigma concettuale, lo sguardo trascendentale (l'idea-limite) dispone di una lente adeguata a decifrare e a comprendere - prima dell'azione educativa - l'orizzonte storico (il piano razionale) dei modelli ermeneutici elaborati dalla ricerca pedagogica: intesi ovviamente come possibilità e non certezza speculativa, come ipotesi e non assioma progettuale.
Quindi, la Pedagogia ha tendenzialmente il compito di porsi sul naso gli occhiali dell'argomentazione deduttiva. Il suo itinerario metodologico è popolato da sintesi-a-priori abilitate a "catturare" (a interpretare criticamente) i fatti dell'esperienza che alimentano di linfa vitale il bosco delle scienze dell'educazione, le cui piante portano il nome (oltre a quello "antico" di Pedagogia) di Psicologia, Sociologia, Antropologia e Didattica.
Il citato approccio fenomenologico alla montagna dell'Educazione mira ad assicurare identità e presenza alle molteplici forme attraverso le quali può essere ipotizzato (principio di idealità) e realizzato (principio di realtà) un Progetto esistenziale nel nome dell'integralità della vita personale. A tal fine, il Pp sceglie senza incertezze un sentiero fenomenologico antimetafisico e antidogmatico: sia perchè lastricato di conoscenza e di azione (di epistemologia e di prasseologia), sia perchè aperto al futuro. In altre parole. Il Pp apprezza l'universalità della vita educativa a partire dalla totalità dei significati che essa esprime, dei valori che elabora, delle finalità che costruisce senza mai compromettersi con la parzialità e l'unilateralità delle esperienze contingenti della vita quotidiana. Equipaggiati di uno zaino stipato di valori individuali (libertà, interiorità, scelta) e sociali (altruismo, intersoggettività, amore), la donna e l'uomo percorreranno un sentiero esistenziale che li invita a sporgersi, senza titubanze, dal balcone che guarda il futuro. Da questo, si intravvede la sagoma inconfondibile dell'Utopia.
2. Le piume stellari
Le quattro piume che danno cromatismi smaglianti al gabbiano/Pp e che fungono da stelle polari - da "bussole" - lungo il suo volo nei firmamenti dell'emisfero boreale e dell'emisfero australe portano scritto sul dorso le seguenti parole al maiuscolo: Dissenso, Impegno, Scelta e Utopia.
Diamo loro palcoscenico e voce.
Piuma/1: il dissenso. Il Pp (copernicano, e mai tolemaico) si inoltra con coraggio lungo i sentieri del No.
Nel cielo vuoto di stelle e dai timidi bagliori di luce di una società d'inizio Millennio la cui volta celeste è oscurata dai segni/notte dell'alienazione-incomunicabilità-emarginazione-omologazione, il Pp non può che indossare l'abito del dissenso: sguardo critico sulla società, perennemente rivolto in avanti, verso l'inattuale e l'Utopia.
Sulla scia di questo paradigma teleologico, il Pp è impegnato a costruire una via di conciliazione/integrazione delle forme antinomiche che costellano il mondo della Formazione. Parliamo delle zone conflittuali dell'esperienza educativa che possono rivolgere gli aghi della bussola esistenziale vuoi in direzione di risoluzione dialettica (di conciliazione e di superamento) delle polarità e degli opposti, vuoi in direzione di rivoluzione radicale (di conflitto e di rottura) delle polarità medesime. Da ciò ne deriva che il Pp è carico di cifre contestative. E' scienza del dissenso, capace di pronunciare dei No.
Anzitutto, No/fermo ai modelli socioculturali che mirano a impoverire e a mutilare lo sviluppo "integrale" (multidimensionale) del soggetto/Persona che vive in una determinata contrada storico-geografica.
Questa prima dichiarazione genera altri cinque/No.
No alle discriminazioni, alle inibizioni e alle solitudini "socioaffettive".
No alla manipolazione, al conformismo e all'omologazione "intellettuale".
No al dogmatismo, al filisteismo e all'indottrinamento "etico".
No alla stereotipia, al cattivo gusto e alla massificazione "estetica".
No all'automazione, all'alienazione e allo sfruttamento del totem "economico".
Al cospetto delle citate cifre-di-dissenso, il Pp in quanto paradigma epistemico di integrazione dialettica ma anche di rivoluzione radicale, non può sentirsi che perennemente in/crisi. Perché chiamato a scegliere tra posizioni opposte, a tendere alla conciliazione di situazioni complesse, spesso ad elevato coefficiente contrastivo. Tanto da essere spinto a dilatare al/limite l'esperienza educativa al fine di farla il più possibile aderire all'orizzonte trascendentale.
In questa direzione, il Pp ha il dovere di combattere tutto ciò che porta a rimpicciolire (perché interpretato unilateralmente) e a depauperare (perché non interpretato integralmente) le sfere della vita personale assicurando loro la vitalità esistenziale che funge da "ingrediente" dinamico irrinunciabile per combattere e neutralizzare ogni forma di cristallizzazione e di impoverimento della personalità della donna e dell'uomo che abitano l'odierna contrada storica.
Piuma/2: l'impegno. Il Pp (copernicano, e mai tolemaico) dopo essersi inoltrato con coraggio lungo i sentieri del No deve necessariamente farsi guidare da una seconda piuma che porta il nome di Impegno. Questo per dire che il dissenso, se non vuole morire in un inascoltato urlo-alla-luna, deve indossare la veste dell'engagement. Il suo traguardo pedagogico è espugnare la vetta dalla quale si può osservare sia il cielo del possibile (testimone delle infinite direzioni della vita educativa), sia la terra della contingenza (testimone dei tanti territori in cui abitano le stagioni generazionali: l'infanzia, l'adolescenza, l'età giovanile, adulta e anziana).
Dunque, il Pp porta la piuma dell'impegno all'interno del binomio possibilità-fattibilità, con l'intento di assicurare uno sguardo educativo vuoi al piano dell'idealità-senza-confini, vuoi al piano della realtà-storico-sociale. Evitando, sempre, l'adattamento del piano teoretico (ideale) alla contingenza del piano empirico (reale). Questa interazione virtuosa permette al Pp di non scivolare mai su chine/adattive: opportunistiche, perché consolidano conoscenze, certezze, fedi consacrate dalle culture storicamente egemoni nei diversi contesti territoriali. Al contrario, la sua scelta va interpretata sempre come impegno a modificare la realtà nella direzione del possibile.
In altre parole. Se il modello "ideale" intende storicizzarsi, preservando il suo orizzonte di possibilità e di utopia, deve necessariamente costruire un Progetto educativo - dalle copiose cifre pedagogiche - che ripristini e valorizzi le dimensioni dell'esperienza che, nelle varie latitudini geografiche, soffrono di palesi mutilazioni e/o esclusioni.
In questa direzione, il Pp si fa scienza/intenzionale che non abita mai fuori dall'esperienza educativa. Di converso, se il modello pedagogico venisse disegnato e sperimentato in-laboratorio alluderebbe giocoforza a un'umanità astratta, astorica, inesistente. A profili di donne di uomini isolati dalla maglia dei rapporti sociali e culturali con il proprio ambiente di vita quotidiana.
Il Pp è sempre impegnato in qualche direzione. A decidere che senso dare alla società, alla cultura, all'etica: a scegliere tra conservazione e progresso. La validità della sua prospettiva pedagogica non va commisurata soltanto all'organicità della formulazione teoretica, ma anche alla capacità di agire-nellastoria. Per realizzare in essa l'istanza della Ragione: intesa come esigenza di integrazione di tutti gli aspetti in cui si esprime l'infinita ricchezza della vita. Il fatto che l'integrazione razionale sia irrealizzabile in/assoluto (data la problematicità dell'esperienza educativa) non nega - ma al contrario rafforza - la positività e la fecondità con cui i giovani, gli adulti e gli anziani nella tensione alla razionalità costruiscono intenzionalmente, insieme alla loro umanità di singoli, anche l'umanità degli altri.
Forte è il richiamo del Pp all'impegno etico-sociale. Insistito il suo richiamo alla convivialità, alla disponibilità, alla cooperazione, alla solidarietà. Cioè a dire, a una intenzionalità collettiva che emancipi e umanizzi coloro che vivono in mondi sempre più contagiati dal disimpegno e dall'indifferenza sociale e civile. Con la deriva verso "disvalori" privatistici, individualistici, qualunquistici.
Se è vero che l'engagement invita a essere costantemente aderenti alla realtà e a sapere tenere conto della sua complessa trama di variabili, è altrettanto vero che deve essere aperto al processo di integrazione e di superamento delle resistenze poste dalla contingenza quotidiana.
Per concludere. Fedeltà ai crinali dell'idealità e aderenza alle pianure della realtà presuppongono sempre una coscienza intenzionale che maturi come consapevolezza dell'unità profonda che interconnette passato, presente e futuro. Quanto da noi postulato, comporta pertanto una Pedagogia dall'orizzonte aperto: che anziché arrestarsi nell'ambito limitato del presente o esaurirsi nella considerazione astratta del passato sappia progettare e costruire il futuro come impegno e possibilità. E soprattutto come Utopia.
Piuma/3: la scelta. Il Pp (copernicano, e mai tolemaico) è sempre un'opzione educativa: la Scelta del modello formativo dalle più elevata densità scientifica e storica. In questa prospettiva, il Pp è la teoria dell'educazione capace sia di rispondere all'esigenza trascendentale (all'idea-limite di natura scientifica), intesa come tensione alla pluralità e alla qualità totale del piano esistenziale, sia di tenere conto del quadro socioculturale (all'idea-limite di natura storica) entro cui tale teoria dovrà calarsi e modellarsi (piano della contingenza, della resistenza educativa).
La scelta non è mai il frutto di un equazione algebrica perché l'Educazione si trova radicata nella storia e nell'esperienza. E respinge qualsivoglia postulato astratto e apodittico.
In altre parole. L'aderenza alla realtà postula, a monte, un fondamento teoretico (un congegno epistemologico: una teoria della conoscenza) aperto alla pluralità degli approcci speculativi in ambito educativo. Il percorso di integrazione dialettica tra il piano trascendentale (della riflessione filosofica ) e il piano storico-sociale (della scelta quotidiana) deve incamminarsi su linee di "interdipendenza"e non di separazione o di identificazione. L'incontro non può svolgersi lungo sentieri intitolati all'omologazione del modello teorico ai segni della contingenza. Quasi che il fine dell'esperienza educativa debba fare tutt'uno con il processo di consolidamento - in continuità - delle conoscenze e dei modelli di vita quotidiana socialmente più diffusi. Il prezzo che il modello trascendentale paga al suo "storicizzarsi" (se vuole mantenere i caratteri della possibilità e della razionalità) va investito, al contrario, nell'operazione di ripristino e di recupero dei piani esistenziali che nei diversi territori antropologici soffrono di mortificazioni e/o esclusioni.
In questa prospettiva, il Pp sceglie senza incertezze la Formazione di una donna e un uomo pluridimensionali, creativi, solidali. Con l'obiettivo di popolare questa stagione ad elevato consumo mediatico (nel suo meteo campeggia l'ombra sinistra del pensiero/unico) di una umanità capace di partecipare responsabilmente e intelligentemente all'uso e al controllo sociale - in direzione di Ragione e non di "alienazione" - dei suoi formidabili dispositivi tecnologici ed elettronici. Un'umanità affrancata dall'incubo della sussistenza biologica e dagli oscurantismi etici e ideologici. Libera di testimoniare la propria energia inventiva, la propria disponibilità socio-affettiva, la propria sensibilità estetica.
Piuma/4: l'utopia. Il Pp (copernicano, e mai tolemaico) suggerisce senza incertezze un modello educativo aperto all'Utopia. Possibile, se il domani non replica il presente, ma ne rappresenta - sempre - un arricchimento.
In questa prospettiva, l'orizzonte del possibile veste la Pedagogia di un indubbio provvidenzialismo teleologico. Per noi, si chiama forza della Ragione, possibilità di dare risposta al richiamo dell'andare-oltre verso mondi dove è possibile progettare e sperimentare un'umanità/nuova priva di confini territoriali.
Pertanto, le giovani generazioni sono chiamate a trascendere l'angusto tunnel della necessità e dell'alienazione (marcusianamente intesa: l'incubo dell'uomo a una dimensione) per uscire al più presto a rivedere le stelle.
Pensierino della sera. Il Pp si configura come un paradigma utopico di vita educativa orientato verso il futuro, sempre e comunque oltre la siepe della contingenza. Parliamo dei paesaggi del domani nei quali verranno edificate - con i mattoni dell'utopia - le case popolate da una nuova umanità: dal mondo dell'avvenire.
III. Il tramonto del primato pedagogico occidentale
1. A sud delle colonne d'Ercole
I tamburi del Duemila stanno rullando con insistenza l'avvento di un Millennio alternativo. La promessa è questa. Sta albeggiando all'orizzonte un mondo nuovo che si farà carico di un salto di qualità esistenziale. Traguardo perseguibile a condizione che il modello di società sia rispettoso dei valori della libertà, della giustizia, della diversità, della pluralità. Questa alternativa diventerà realtà soltanto se saprà andare/oltre. Trascendendo il consolidato modo di essere di una società occidentale "modernista": ideologica e discriminatoria. Un traguardo transitabile a patto di inaugurare - anche con il concorso di una Educazione diffusa - la stagione "postmodernista" delle scelte democratiche: civili, culturali e valoriali. Soltanto se sarà vincente questo paradigma esistenziale, la Pedagogia potrà fare tutt'uno con l'integralità della Persona nel nome della sua Singolarità. Ultimo baluardo di difesa per la donna e per l'uomo in una stagione storica nella quale le globalizzazioni (economiche, tecnologiche e consumistiche) campeggiano da totem infallibili di identificazione - e di predestinazione - dei grandi processi di sviluppo e di cambiamento del Pianeta.
Nel concludere la nostra escursione nel Pp, filmiamo l'ultimo suo fotogramma che regala - una volta ancora - l'immagine di un calesse, teorico ed empirico, che si inoltra per le strade impervie della Singolarità e della Progettualità esistenziale dotato di quattro/bussole - leggere come piume - di nome Dissenso, Impegno, Scelta e Utopia. Irrinunciabili, quando si vuole condurre la diligenza dell'Educazione fino alle propaggini delle colonne d'Ercole dove storicamente dimora l'altra faccia della luna: l'emisfero australe, povero e analfabeta.
La Pedagogia è l'albero più antico e nodoso nel giardino delle scienze dell'Educazione: le altre piante portano il nome di Psicologia, Sociologia, Antropologia e Didattica. Il suo primato educativo la veste da stella polare del carro dell'Orsa minore che attraversa i cieli della Formazione della nostra stagione di transito tra due Secoli. Dall'alto della volta celeste, l'albero/maior illumina e pone la Persona - nella molteplicità delle sue sfere costitutive (motoria, affettiva, cognitiva, estetica, etico-sociale) - a baricentro della propria riflessione e progettazione esistenziale.
Per la sua nobile e regale responsabilità formativa, la Pedagogia è chiamata oggi a indossare le vesti del Pp. Questo perché il suo statuto ermeneutico - assieme a quello del Personalismo, del Pragmatismo, del Neopositivismo, della Fenomenologia, della Pedagogia critica, della Pedagogia sperimentale e della Metateoria ermeneutica - è sicuramente in grado di porsi dietro a un telescopio che inquadri i paesaggi planetari dell'educazione.
Riflettori accesi una volta ancora sul Pp. Questa autorevole scienza dell'educazione è disponibile a rifondare la sua teoria e la sua prassi dalla genesi occidentale. Di più. È impegnata a mettere in soffitta il modello educativo radicato nell'emisfero boreale per avventurarsi lungo "altre" frontiere epistemiche, al fine di porsi dentro la complessità e la transizione del discorso educativo in un mondo dalle fulminee innovazioni lungo sia i versanti teoretici, sia i versanti empirici.
Rinforziamo il concetto. Il Pp gode delle condizioni epistemiche per rifondare la propria teoria e la propria prassi. Questo perché ha preso consapevolezza che la Pedagogia, nata nell'emisfero occidentale, accusa crescenti debolezze ermeneutiche. Le citiamo. Le sue senescenti teorie dell'educazione pongono sì al centro della riflessione e della progettazione la Persona, ma soltanto la donna e l'uomo che abitano le contrade boreali del Pianeta. Parliamo del soggetto/ Persona che espone questi ricorrenti segni di riconoscimento: è bianco, alfabetizzato, benestante. Mai la Pedagogia che conosciamo ha messo nel suo mirino educativo la Persona dell'altra metà della luna: colorato, anafabeta, disperato.
La causa di questo congenito strabismo sta nel fatto che la Pedagogia è nata sopra l'Equatore. Il suo capitale scientifico si è venuto accumulando attraverso gli studi e le ricerche condotte sull'infanzia, la giovinezza e le età adulte che popolano il nord del Pianeta. Questo patrimonio scientifico è depositato negli scaffali (librerie e biblioteche) dei Continenti occidentali.
Per questo, la Pedagogia che conosciamo si trova a un "bivio" dove è chiamata a una scelta improcrastinabile.
La prima strada che ha di fronte è quella di sempre: apollinea ed ariana. Al punto che si presenta senza vie d'uscita. Se proseguirà per questo angusto viottolo, la Pedagogia/bianca si trasformerà in un soprammobile, in un pezzo di antiquariato. Una scienza da cestinare.
La seconda strada che ha di fronte è del tutto inedita. E' una sorta di newdeal che si inerpica lungo le pendici che portano sui crinali di una scienza nuova. Questa, dispone di un guardaroba scout contrappuntato di voglia di esplorare, di conoscere, di scoprire frontiere/altre (multiculturali) dell'educazione. Siano al cospetto di un mondo gulliveriano dove non ha mai messo il nido.
Dal "bivio" sta salendo al cielo la Mongolfiera del Pp che si sente abilitata a porsi sulle spalle ali intercontinentali per avventurarsi lungo terre lontane. Su queste, incontrerà teorie dell'educazione dal compasso molto più largo: dotate di sguardi che trascendono i tradizionali confini delle colonne d'Ercole. Traguardo perseguibile se saprà ricoprirsi di una pelle epistemica che la libri verso orizzonti sconosciuti. Dunque, il Pp dispone di una vocazione interculturale che la fa titolare - come abbiamo illustrato - di uno statuto planetario che dà il piacere esistenziale dell'andare/oltre. Alla ricerca dell'isola dell'Educazione che oggi non-c'è-più: sommersa nelle acque malsane dell'idolatria del Mercato e del Mediatico.
2. Il Problematicismo pedagogia interculturale
Concludiamo il Saggio dedicato al Pp, richiamando sul palcoscenico Giovanni Maria Bertin perchè replichi, a chi l'ascolta, che la sua Pedagogia dal raggio intercontinentale dispone di più calamite ermeneutiche.
Ne citiamo tre. Le ibridazioni epistemiche (ama i "tramonti" dei dogmatismi, dei fondamentalismi e delle metafisiche), le contaminazioni culturali (ama l'andare "oltre" i confini etnici) e il rispecchiamento dei meticciati (ama la "luce" delle pelli antropologiche).
Per questo il Pp necessita di ali giganti per volare incessantemente verso l'altrove. Soltanto così l'orizzonte-del-possibile veste l'Educazione di un provvidenzialismo teleologico che si chiama forza della Ragione. Cioè a dire, la possibilità di progettare e di dare vita a un'umanità che non abbia più nel portafoglio soltanto una carta d'identità soltanto boreale costretta a teorizzare e a sperimentare traguardi educativi elaborati con le grammatiche e le sintassi degli emisferi apollinei del benessere. Ma che disponga anche di un'inedita carta d'identità: orientale e meridionale, dal raggio/lungo.
Dunque, non tutto è perduto, perchè il Pp dispone di un'arma vincente: l'Utopia di Peter Pan. Nella sua faretra brilla una freccia infallibile. Parliamo della sua idea/limite - trascendentale - ritagliata su un'umanità popolata di mondi plurali. Abitata da culture diverse e complesse. Questo fa sì che sulle sue spalle campeggi - in bella vista - un gabbiano di marca copernicana che sa sottrarsi all'assalto delle tribù della Pedagogia tolemaica: le cui faretre, si è detto, sono stracolme di frecce avvelenate di assiomaticità, arianesimo e perbenismo educativo4.
The essay proposes a reflection on Giovanni Maria Bertin and identifies the conceptual cores of the pedagogical problematicism. Frabboni indicates in this - epistemic and empirical - model two directions: the role of the theoretical reflection (to be aware of multiplicity of models to organize the educational life) and the role of existential design (that feed the utopian tension of pedagogy).
1 Del vasto scaffale che contiene lo statuto del Problematicismo pedagogico di Giovanni Maria Bertin, indichiamo i Testi che fungono da architravi teoriche e metodologiche del presente Saggio. G.M.Bertin, La caratterologia, Milano, Bocca 1951; Idem, Essere e nulla in E. Hello, Milano, Bocca 1951; Idem, Introduzione al problematicismo pedagogico, Milano, Marzorati 1951; Idem, Etica e pedagogia dell'impegno, Milano, Marzorati,1953; Idem, L'idea pedagogica e il principio di ragione in A. Banfi, Roma, Armando, 1961; Idem, Il fanciullo montessoriano e l'educazione infantile, Roma, Armando, 1963; Idem, Educazione alla ragione. Lezioni di pedagogia generale, Roma, Armando 1968; Idem, Esistenzialismo, marxismo, problematicismo, in A. Volpicelli (a cura di), La Pedagogia, volume V, pp.592-695, Milano, Vallardi,1970; Idem, La morte di Dio, Roma, Armando, 1973; Idem, L'ideale estetico, Firenze, La Nuova Italia, 1974; Idem, Nietzsche. L'inattuale, idea pedagogica, Firenze, La Nuova Italia, 1977; Idem, Disordine esistenziale e istanza della ragione, Bologna, Cappelli, 1981; Idem, Costruire l'esistenza (in coll. con M. Contini), Roma, Armando, 1983; Idem, Ragione proteiforme e demonismo educativo, Firenze, La Nuova Italia, 1987; Idem, Il mito formativo del Dandy. Balzac, Baudelaire, Barbey d'Aurevilly, Torino, il Segnalibro 1995; Idem, Nietzche e l'idea di educazione, Torino, Segnalibro 1995; G. M. Bertin, M. Contini, Educazione alla progettualità esistenziale, Roma, Armando 2004.
2 G.M.Bertin, Educazione alla ragione, cit., p.39
3 Vedasi, in proposito: G. Flores d'Arcais, Pedagogie personalistiche e/o pedagogia della persona (a cura di), Brescia, La Scuola, 1994; L. Borghi, J. Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti, Firenze, La Nuova Italia, 1951; R. Laporta, L'assoluto pedagogico, Firenze, La Nuova Italia, 1996; P. Bertolini, L'esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, Firenze, La Nuova Italia, 1990; A. Granese, Il labirinto e la porta stretta. Saggio di pedagogia critica, Firenze, La Nuova Italia, 1993; A. Visalberghi, Pedagogia e scienze dell'educazione, Milano, Mondadori, 1972; F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico. Metateoria ermeneutica e modernità, Bologna, Clueb, 1986.
4 L'Autore del presente Saggio ha esplorato alcune aree epistemiche del Problematicismo pedagogico di Giovanni Maria Bertin. Vedasi, in proposito: F. Frabboni, Cento anni di scuola materna. Dalla sala di custodia alla scuola dell'infanzia in G. M. Bertin, Il fanciullo montessoriano e l'educazione infantile, cit.; Idem, La componente del serio nell'idea educativa di Nietzsche, in G.M. Bertin, Nietzsche. L'inattuale, idea pedagogica, cit. pp. 185-216; Idem, I fondamenti teoretici del problematicismo. Dalla filosofia dell'educazione alla pedagogia: le ragioni di un itinerario metodologico, in Educazione e ragione/1 (a cura di, in coll. con M. Gattullo, P. Bertolini, A. Canevaro, V. Telmon), Firenze, La Nuova Italia, 1985, pp.43-69; Idem, Problematicismo e sistema pedagogico nella scuola di base, in Educazione e ragione/2 (a cura di, in coll. con M. Gattullo, P. Bertolini, A. Canevaro, V. Telmon), Firenze, La Nuova Italia, 1985 pp. 555-590; Idem, Introduzione in M. Contini, A. Genovese, Impegno e conflitto. Saggi di pedagogia problematicista, Firenze, La Nuova Italia, 1997 cit, pp. 3-25; Idem, El Libro de la Pedagogìa y la Didàctica, Barcelona, Editorial popular, 2001, voll. 3; Idem, Presentazione in A. Banfi, G.M. Bertin, Carteggio (1934-1957), a cura di F. Cambi, Palermo-Firenze, Ediz. Fazio Allmayer, 2008; Idem, Padagogische Leitbegriffe (a cura di, in coll. con G. Wallnofer, N. Belardi e W. Wiater), Schneider Verlag Hohengehren, Baltmannsweiler 2010; Idem, Il problematicismo pedagogico, Post-fazione in M. Baldacci, Il Problematicismo. Dalla filosofia dell'educazione alla pedagogia come scienza, Lecce, Milella, 2011, Seconda edizione, pp. 257-271; Idem, Dialogo su una scuola possibile (in coll. con C. Scurati), Firenze, Giunti 2011.
FRANCO FRABBONI
Ordinario di pedagogia generale e sociale, Università di Bologna
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Abstract
The essay proposes a reflection on Giovanni Maria Bertin and identifies the conceptual cores of the pedagogical problematicism. Frabboni indicates in this - epistemic and empirical - model two directions: the role of the theoretical reflection (to be aware of multiplicity of models to organize the educational life) and the role of existential design (that feed the utopian tension of pedagogy). [PUBLICATION ABSTRACT]
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