Eleonora Trivellin
A trent'anni esatti dalla fondazione del Dipartimento di Processi e Metodi della Produzione Edilizia, poi rinominato Dipartimento di Tecnologie dell'Architettura e Design "Pierluigi Spadolini", è stata organizzata una festa alla quale sono stati invitati tutti coloro che ne hanno fatto parte dal 1983 fino ad oggi. Festa che, oltre a ricordare l'anniversario, sancisce anche il passaggio della precedente struttura nel nuovo Dipartimento di Architettura DiDA. Nell'occasione sono stati presentati due volumi: il primo raccoglie gli atti del convegno su Pierluigi Spadolini, organizzato da Paolo Felli, svolto alla fine del 2010 e intitolato La concretezza del progetto, al quale parteciparono dieci relatori provenienti da diverse sedi universitarie italiane che con Spadolini avevano avuto rapporti prevalentemente accademici. Vista l'occasione, il lavoro ha assunto il valore di omaggio a colui che è stato uno dei più significativi maestri italiani del design e della tecnologia e che ha determinato la nascita accademica di queste due discipline, oltre ad essere stato il reale demiurgo della struttura dipartimentale fiorentina, pur non avendo mai ricoperto in essa ruoli istituzionali.
Nell'altro volume, intitolato La Tecnologia dell'architettura e il Design nell'Ateneo fiorentino, sono trattate le vicende scientifiche delle donne e degli uomini che della struttura hanno fatto parte.
Il lavoro si articola in quattro parti, delle quali le prime tre ricostruiscono cronologicamente le vicende più significative della struttura scegliendo come inizio non il 1983, cioè la data di entrata in vigore della legge che istituì i dipartimenti, ma risalendo alla costituzione della cattedra di Progettazione artistica per l'industria come momento di nascita di tematiche nuove e di un nuovo modo di rapportarsi alla realtà contemporanea.
La prima parte sintetizza le condizioni che resero possibile la fondazione del Dipartimento nel 1983 e ne determinarono i caratteri principali.
La seconda, che va dalla data di fondazione a quella del cambio del nome avvenuta nel 2001, ad un anno dalla morte di Spadolini, è quella nella quale si definiscono le modalità operative del fare ricerca e che portano a configurarsi come struttura attenta alle richieste delle strutture di governo del territorio a carattere nazionale e locale. La terza parte ha il carattere più della cronaca che della storia e in essa si moltiplicano i campi della ricerca, si diversificano gli interessi pur nella comune impostazione scientifica e didattica.
In questi primi tre capitoli, nell'avvicinarsi alla contemporaneità, la storia ha dovuto lasciare man mano il passo alla cronaca, non tanto per quanto riguarda le vicende ma per il metodo di lavoro adottato. Esistevano riferimenti nitidi per il primo periodo, che ruota prevalentemente attorno alla figura di Pierluigi Spadolini il quale ha saputo indicare con chiarezza il proprio progetto culturale ed evolverlo anche in funzione delle persone che lo hanno seguito in questo cammino. Chiari erano anche gli elementi fondamentali dei primi venti anni di vita del dipartimento perché la distanza storica ha permesso in modo naturale di far affiorare nettamente le emergenze. Nel terzo capitolo i numerosi contributi che si sono resi funzionali al miglioramento del lavoro hanno sottolineato il moltiplicarsi delle competenze e della ricchezza delle ricerche.
Infine, la quarta parte raccoglie i titoli di tutte le ricerche svolte nel Dipartimento, di una selezione delle pubblicazioni del personale oggi in servizio, i nomi di tutti coloro che ne hanno fatto parte, i nomi dei dottorandi che hanno conseguito il titolo.
Ripercorrendo le vicende di questi trenta anni appare evidente quali siano state le figure preminenti, gli ambiti di ricerca sui quali si sono concentrate le maggiori attenzioni e come tutte le scelte siano in relazione tra loro.
Proprio partendo dalla raccolta degli argomenti delle ricerche, suddivise per tipologie di finanziamento, si evince che una delle cifre caratteristiche della struttura è stata proprio quel legame con la realtà concreta a cui abbiamo prima accennato. Scrive Roberto Bologna nell'introduzione al volume di cui abbiamo illustrato la struttura poco sopra: « sin dalla individuazione delle linee programmatiche fino alla produzione scientifica, il Dipartimento ha sempre cercato di incidere sulla realtà concreta, di proporre l'innovazione e l'avanzamento della conoscenza a fini pratici, di collocare in una dimensione operativa i risultati delle proprie attività».
Lo spirito dell'iniziativa ha voluto avere un carattere propositivo per ciò che si sta costruendo e, in merito a ciò, scrive sempre Bologna: «L'intento è di rappresentare il profilo di conoscenze e di competenze che il Dipartimento può portare "in dote" alla nuova struttura dipartimentale più ampia: non tanto quindi "memoria" conclusiva, ma soprattutto spunto per un "investimento" di capitale umano ed intellettuale sul futuro del nuovo assetto della ricerca e della didattica». Una evoluzione, quindi, coerente anche con quelle che sono state le impostazioni culturali della struttura fino ad oggi. Da sempre, infatti, il Dipartimento non ha avuto un carattere strettamente monodisciplinare, ricercando e accogliendo contributi di singoli o di gruppi che non appartengono all'ambito accademico della Tecnologia e del Design. Valutatori, impiantisti, semiologi, storici, hanno costituito, assieme ai docenti delle discipline del Design e della Tecnologia, un'aggregazione di operatori diversi che hanno saputo accrescere le loro competenze e quelle della struttura in un ambiente favorevole. Oltre alla presentazione dei volumi dobbiamo ricordare anche l'iniziativa in sé, che ha portato a ritrovarsi persone che hanno svolto la propria attività nel Dipartimento e lì concludendo la loro carriera o altri che si sono formati ed hanno iniziato il loro cammino universitario portando poi le loro competenze in altri Atenei. Un pomeriggio di confronto che è stato aperto dall'intervento del Rettore, il quale ha affermato l'importanza strategica dell'architettura all'in- terno dell'Ateneo e di come questa abbia saputo essere un'eccellenza riconosciuta a livello accademico nazionale e internazionale. È poi intervenuto Saverio Mecca, direttore del nuovo DIDA Dipartimento di Architettura. Formatosi all'interno del Dipartimento di Tecnologia e Design, egli ha sottolineato quanto questo patrimonio sia stato importante per la sua carriera fuori sede e come adesso questa apertura a tutte le discipline dell'architettura rappresenti una nuova sfida ed una nuova risorsa coerentemente a quello che era stato lo spirito della passata stagione. Sono seguiti poi gli interventi di coloro che hanno ricoperto la carica di direttore, dal più recente al primo che ha rivestito questo ruolo.
Se ognuno di essi ha dato una propria interpretazione del ruolo che gli era stato affidato, è apparso chiaramente che si è sempre cercato di valorizzare le competenze e le attitudini di ogni persona che del Dipartimento ha fatto parte. Un'aggregazione di uomini liberi e diversi che hanno costituito una comunità intellettuale aperta ad ogni tipo di confronto e disponibile ad avere un rapporto forte con la realtà.
Roberto Bologna ha sintetizzato lo spirito dell'intera operazione, le pubblicazioni e il convegno/dibattito, ricordando che il Dipartimento ha rappresentato un interlocutore privilegiato sia per Ministeri, Amministrazioni, Aziende, senza dimenticare i contributi che ha saputo dare negli organi di governo di Ateneo.
Vincenzo Legnante ha ricordato di avere vissuto con la sua direzione il delicato passaggio nel quale l'offerta didattica delle Facoltà si andava moltiplicandosi e articolandosi in diversi Corsi di Laurea. E a questo cambiamento fu in parte legato anche il cambio del nome del Dipartimento che, oltre all'omaggio al fondatore, esplicita quelli che sono i settori scientifici disciplinari prevalenti.
Romano Del Nord ha ripercorso analiticamente quelle che sono state le tappe più significative dell'esperienza, evidenziandone i caratteri di maggiore originalità.
Pierangelo Cetica ha svolto un breve intervento, nel quale ha manifestato il suo apprezzamento per la scelta del 'grande' Dipartimento nel quale, più facilmente, è possibile superare i margini disciplinari per potenziare la qualità della ricerca e della didattica.
Sono poi intervenuti docenti che hanno fatto parte del Dipartimento e che hanno saputo evidenziare l'esistenza di un gruppo di lavoro che, pur essendo profondamente cambiato durante gli anni, è rimasto vitale e propositivo.
Nel nuovo assetto previsto dalla legge 240 del 2010, la didattica e la ricerca sono amministrate da un'unica entità, cioè il Dipartimento, nel quale i docenti dell'originario Dipartimento TAD si sono organizzati in due sezioni quella tecnologica, alla quale afferiscono anche i docenti dell'estimo e della valutazione, e quella del design.
In questo modo il ruolo dei docenti del Dipartimento nel più vasto ambito degli insegnamenti è stato, fino ad oggi, quello, non solo di partecipare, ma anche di orientare un'originale formazione delle nuove figure e di quelle tradizionali delle professioni progettuali, mentre, nel nuovo assetto, didattica e ricerca potranno assumere un rapporto più organico.
Chi vive questo passaggio si augura di riuscire a contribuire al dibattito scientifico così come è stato fatto fino ad oggi in un progetto rinnovato, ma fondato su solide radici.
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