M. Ambrosini, Immigrazione irregolare e welfare invisibile. Il lavoro di cura attraverso le frontiere, Bologna: Il Mulino, 2013, pp.293, ISBN: 978-88-15-24667-7
Com'è noto, il welfare italiano presenta significative particolarità storiche che lo rendono, rispetto agli altri paesi europei, un caso sui generis caratterizzato da un "modello del nord" vicino a quello continentale e con un livello elevato di servizi, e un "modello del sud" di tipo particolaristico e clientelare, fortemente burocratico, con scarsi servizi e rendimenti. Inoltre, questa volta senza troppe differenze territoriali, sappiamo anche come un ruolo di assoluta centralità sia sempre stato ricoperto dalla famiglia, per la supplenza diretta in molti servizi che in altri paesi sono solitamente erogati dallo Stato. Il lavoro di cura della persona, in particolare, ha storicamente visto la donna occupare un posto di rilievo nel compensare la mancanza di servizi da parte dello Stato. Alla crescita della presenza femminile nel mercato del lavoro propria del postfordismo, tuttavia, non ha corrisposto una adeguata risposta dei servizi pubblici né, tantomeno, una riformulazione della divisione del lavoro familiare tra i generi, mettendo a dura prova la stabilità di questa impostazione, nella quale la donna costituiva il perno della famiglia (per lo più casalinga o impiegata in un lavoro compatibile con i tempi della gestione familiare). Per questi motivi si è assistito negli ultimi anni all'inserimento nel mercato del lavoro di figure sostitutive quali le immigrate di origine straniera (Catanzaro, Colombo 2009), senza contare l'incremento del volontariato "sommerso" di molte famiglie impegnate nel lavoro di cura dei propri cari non autosufficienti, rafforzatosi con la crisi economica e pur sempre vigente in parallelo all'impiego di manodopera straniera.
In questo quadro di fondo, l'immigrazione irregolare, che ha avuto e continua ad avere un peso importante nel caratterizzare i flussi verso l'Italia e in Europa, non è certo un stella caduta dal cielo ma, al contrario, al di là della sua difficile definizione (sulla quale il volume opera una significativa riflessione teorica e concettuale), un prodotto del capitalismo globale. Di fronte alla continua crescita di questi processi migratori, nel tentativo di rassicurare un'opinione pubblica sempre più impaurita dalla diversità dei nuovi arrivati, i principali Stati occidentali hanno risposto per lo più attraverso politiche securitarie, inasprendo i controlli sulle persone e cercando di chiudere le frontiere. Dopo aver dimostrato, letteratura e dati alla mano, il fallimento (anche culturale) di queste politiche, l'autore mostra come al contrario vi siano profondi collegamenti tra le migrazioni irregolari e alcuni segmenti significativi del mercato del lavoro, concentrando l'attenzione soprattutto sul cosiddetto "welfare invisibile", un ambito dove l'impiego di manodopera straniera irregolare è diventata essenziale per rispondere alle esigenze di cura della popolazione italiana. Questa indispensabilità di mercato ha di fatto mutato "dal basso" l'immagine stereotipata del migrante irregolare, passato velocemente da pericoloso delinquente in "meritevole assistente" del proprio caro, fino alla versione più estrema di membro acquisito della famiglia stessa, in una sorta di indispensabilità quotidiana che finisce per rendere dolorosa la cesura relazionale nel momento della fine del rapporto lavorativo. Con la lavoratrice di cura - non è di secondaria importanza la variabile di genere - la questione dell'irregolarità diventa pertanto un "problema minore", perché l'interazione quotidiana, l'ospitalità, la conoscenza personale mitigano la percezione di insicurezza e i sentimenti di ostilità nei confronti della diversità fino all'accettazione e alla "giustificazione" della condizione del migrante, con conseguenze visibili anche nella stessa repressione del fenomeno: non tutti gli immigrati irregolari sono uguali di fronte alla legge. All'interno di questo frame teorico, utilizzando diverse ricerche empiriche effettuate tra il 2003 e il 2012, Ambrosini ci presenta poi nella seconda parte del volume un interessante spaccato conoscitivo attraverso il punto di vista degli attori coinvolti in questo processo (membri delle famiglie e migranti impegnati nell'assistenza agli anziani), approfondendo le principali caratteristiche dell'incontro tra domanda e offerta, del lavoro di cura e delle pratiche sociali che ne sono un fondamentale corollario. In questo senso, una riflessione particolare merita il tema dell'accesso ai servizi, che resta uno degli aspetti più critici per i migranti irregolari, un ambito dove il privato sociale svolge un ruolo di fondamentale importanza nel supplire alle lacune normative e all'assenza delle istituzioni assicurando un sostegno diretto alle persone, già analizzato dallo stesso Ambrosini qualche anno fa (2005). Le politiche sociali, d'altronde, hanno assunto negli ultimi anni una sempre più marcata connotazione territoriale (Kazepov 2009) e gli interventi attuati sul territorio per gestire i problemi sociali e sanitari dei migranti irregolari sono fortemente caratterizzati dall'interazione tra attori pubblici e soggetti del privato sociale, con tutti i problemi che può comportare una certa discrezionalità propria dei singoli operatori nel farsi carico delle situazioni più complesse. Sono i territori, pertanto, a diventare veri e propri ambiti di sperimentazione di prassi che si muovono negli interstizi della normativa, arrivando a modellizzare con il tempo procedure relazionali e momenti di scambio tra attori sociali, migranti e mondo del volontariato.
Il quarto capitolo del volume, infine, prende in analisi un tema assai originale nel campo degli studi sul tema, ovvero il rapporto tra le assistenti familiari impegnate in Italia e i loro figli rimasti in patria, che prevede il ricorso alla figura del care-taker in quello che gli studiosi chiamano il "triangolo transnazionale dell'accudimento". Qui il transnazionalismo diviene anche di tipo affettivo e si intreccia con una serie di variabili che afferiscono alla sfera privata delle persone protagoniste delle migrazioni, evidenziando un elevato costo umano. La difficoltà di essere madri a distanza, nonostante la facilità delle comunicazioni e la possibilità di tornare, per periodi più o meno lunghi, in patria, rendono la vita quotidiana dell'assistente familiare un intreccio di "sentimenti contrastanti: attaccamento affettivo e sofferenza; senso di responsabilità e rimpianto; fiducia nei care-takers e preoccupazione" (239). E senso di colpa, soprattutto. L'esposizione delle fotografie dei propri cari nelle stanze condivise con altre compagne di viaggio o sul comodino delle case nelle quali si è in servizio esplicita meglio di qualsiasi altro esempio il portato emotivo della distanza, proiettando nel futuro l'urgenza del ricongiungimento. Solo la necessità economica può giustificare tutto questo.
Riferimenti bibliografici
Ambrosini M. (2005), Scelte solidali. L'impegno per gli altri in tempi di soggettivismo, Bologna: Il Mulino
Catanzaro R., Colombo A. (a cura di), (2009), Badanti & Co. Il lavoro domestico straniero in Italia, Bologna: Il Mulino
Kazepov Y. (2009), La dimensione territoriale delle politiche sociali in Italia, Roma: Carocci
Andrea Valzania (Redazione Cambio)
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