Maria Montessori personalità dialettica e complessa
Essendomi occupato con ammirazione crescente dagli anni '60 ad oggi di Maria Montessori, in me la "convinzione che è venuta a svilupparsi e radicarsi sempre più è quella della complessità della "Dottoressa", "il cultore italiano di pedagogia meritatamente più noto all'estero, più tradotto, più discusso, ammirato, applicato ancora, considerato ancora attuale, e non in chiave semplicemente storica ma anche di ricchezza di pensiero denso di scoperte, suggestioni e stimoli per la stessa odierna ricerca. Una studiosa di spiccata modernità, che sfida il tempo, presenta continue convergenze con ricerche e proposte culturali nuove, e si apre al futuro" (Cives, 2001, p. 11).
Complessità che è il segno distintivo e mai esaurito della Montessori, che la rilancia verso approfondimenti sempre nuovi in quella tensione dialettica mai sopita e distintiva tra scienza e spiritualità, "osservazione e spirito scientifico" e utopia (e sulle analogie di questa in lei e in Edgar Morin cfr. Cives, 2008, pp. 131-166), visione generale e concretezza educativa.
Questa problematicità è al centro, tra l'altro, delle recenti analisi, particolarmente fortunate e a cui più spesso si è ricorso in questi anni, di Paola Trabalzini (cfr. Trabalzini, 2003), e di Marjan Schwegman (Schwegman, 1999; cfr. al riguardo Cives, 1999), superatrici del precedente dominante tono enfatico e agiografico con l'esattezza obiettiva e approfondita dell'indagine - la prima - e con l'attenzione intelligente e scanzonata alle contrapposizioni anche caratterologiche della Montessori - la seconda -, ma non per questo svalutativa della sua grande lezione di libertà e di operosa fiducia nel bambino ma, soprattutto per il suo tramite nell'uomo.
La Trabalzini, mia valorosa allieva e collaboratrice, è la effettiva curatrice, nell'ambito delle iniziative dell'Istituto Superiore di Ricerca e Formazione dell'Opera Nazionale Montessori, dell'edizione critica del Metodo della Pedagogia Scientifica (Montessori, 2000). Ha svolto e svolge conferenze sulla Montessori nel mondo, da Dallas a Neuchâtel, da Daegu (Corea del Sud) ad Amsterdam e Lubiana, ed è autrice, oltre che di un volume in America, di Maria Montessori: da Il Metodo a La scoperta del bambino, che è stato considerato col suo "taglio storico-critico" "una delle migliori fonti italiane, attualmente a disposizione", riguardante la pedagogia montessoriana (Foschi, 2012, p. 181).
Quanto alla studiosa olandese Marjan Schwegman, docente nelle università di Maastricht e di Utrecht, ha ben messo in luce come la Montessori, fondamentalmente (e produttivamente) "nomade" e cittadina del mondo, abbia scelto tra le sue diverse patrie oltre all'Italia della sua nascita e formazione per vari anni fino alla morte proprio lì avvenuta l'Olanda, come terra di libertà.
E circa i suoi contrasti e il suo "mistero" in parte ancora inesplorato ha osservato con vivace efficacia (Schwegman, p. 122): "La sua vita e la sua personalità lasciano intravedere molti contrasti: Maria Montessori era, allo stesso tempo trasparente e oscura, leggera e pesante; era una donna molto pratica ma viveva nelle nuvole; era materialista e spirituale; era autoritaria e favoriva il libero sviluppo di ogni individuo; esaltava l'autonomia mentre aveva bisogno di rapporti simbiotici; si espandeva nel globo terrestre, chiudendosi in un mondo sempre più piccolo; diventava un'eroina che sfidava tutte le convenzioni vigenti e nello stesso tempo vi si adattava".
E ancora: "Tutto questo nasceva da un 'centro' misterioso e inesauribile, in cui non esistono limiti e contrasti, neanche fra materia e spirito. Questo 'centro' non si lascia conoscere fissandolo, ma si esprime soltanto se rispettato nel suo carattere sfuggente".
Alla biografia della Schwegman viene fatto oggi frequente ricorso, ove non si voglia rivolgersi a quella fondamentale della Kramer, particolarmente corposa e impegnativa (Kramer, 1976).
Gli Archivi delle Suore Missionarie sono importanti
Ultimamente importanti contributi alla focalizzazione di quel "centro" misterioso e alla identificazione e valutazione degli importanti orientamenti culturali montessoriani sono stati stimolati, in diverse chiavi interpretative, dalla consultazione delle carte della e sulla Montessori, in gran parte fin qui inedite, e dalla pubblicazione in parte di quelle degli Archivi storici romani delle Suore Francescane Missionarie di Maria (FMM), soprattutto, e delle Suore Missionarie della Scuola (MS). Come si ricorderà dalle prime furono ospitati nella loro sede di via Giusti 12 il secondo corso nazionale montessoriano per le educatrici dell'infanzia del 1910-11 e l'altro corso nel 1912, mentre contemporaneamente al primo un altro corso finanziato dal Comune di Roma si svolgeva presso la scuola elementare romana Fuà Fusinato. In via Giusti sorgeva a cura delle suore francescane una Casa dei Bambini, mentre un'altra veniva sempre da loro aperta a Milano.
La superiora generale dell'Istituto delle Missionarie di Maria, aperte e sensibili al movimento a quel tempo molto vivo del modernismo, era allora Madre Maria della Redenzione. Ella con grande sensibilità umana fu molto vicina alla Montessori, apprezzandola in quella che la Schwegman (Schwegman, 1999, p. 22, indicata anche da Bazin, 2011, pp. 51 e 63) ha definito la sua costante aspirazione a voler por fine ai conflitti che vedeva intorno a sé e a "voler por fine ai conflitti che vedeva intorno a sé e l'intenzione di diffondere, ove possibile, ordine, armonia e gioia di vivere".
Madre Maria della Redenzione, ammirando la grande proposta educativa della Montessori, auspicava di spostarla dalle origini positivistiche "agli insegnamenti e ai criteri della Chiesa", divenendo così "una scienziata di più che lo studio della scienza avrà condotto alla fede" (Bazin, 2011, p. 55).
Presso la sede di via Giusti ed anche nella succursale dell'Istituto a Grottaferrata, ove verrà aperta una Casa dei Bambini che accoglierà anche bambini superstiti del territorio di Messina, la Montessori con alcune sue allieve e collaboratrici svilupperà incontri di approfondimento religioso, curati particolarmente da suor Maria Elisabetta dell'Annunciazione, su incarico di Madre Maria della Redenzione (cfr. Bazin, 2011, specie p. 53).
Quanto alle Suore Missionarie della Scuola, ne era fondatrice Madre Luigia Tincani, personalità di spiccata sensibilità umana e educativa, che ebbe felici rapporti personali e epistolari con la Montessori, che apprezzava parecchio e di cui interpretava la grande fiducia nelle ricchissime potenzialità del bambino come indicazione dell'esigenza di rispettare "le leggi della natura umana quali Dio le ha poste e le fa svolgere nell'anima infantile". Il metodo educativo della Montessori, avvertiva Madre Tincani, respinge il possesso e il dominio esercitato dall'adulto secondo le proprie vedute e i propri gusti; "invece bisogna studiare bene il bambino, conoscere bene le leggi del suo sviluppo e l'adulto deve sapere sacrificare i suoi comodi al bene del bambino, perché egli possa sviluppare bene, secondo le leggi poste da Dio in lui" (cit. in De Giorgi, 2013b, p. 94).
Bisogna studiare e rispettare le leggi della natura del bambino, derivate da Dio. E qui il peccato originale mai accettato, coi connessi premi e castighi, dalla Montessori e fondamentale invece nell'impostazione cattolica tradizionale, è messo da parte. La posizione di Madre Tincani coincide con quella sostenuta dalla Montessori, nota De Giorgi, nel suo scritto Cristo e il bambino, da lui pubblicato (cfr. Montessori, 2013, p. 113).
La Tincani promosse l'udienza della Montessori presso papa Pio XII, preparandolo con un benevolo Promemoria; incontro, dice De Giorgi (2013b, p. 99), che, come un telegramma del papa alla "Dottoressa" per i suoi ottant'anni, "rimase nell'ambito privato, senza nessuna pubblicità esterna: quasi si direbbe un nicodemismo pedagogico pacelliano".
Precedenti ricerche in avanscoperta
Ricorda però Paola Trabalzini, informatissima e autorevole studiosa della Montessori, che per la verità dell'Archivio delle FMM aveva già a suo tempo fatto ricorso alle sue ricerche sempre minuziose sulla storia dell'educazione infantile Sante Bucci riportando in particolare le osservazioni e testimonianze delle religiose FMM relative al primo corso nazionale montessoriano di via Giusti del 1910-11. Bucci aveva allora sottolineato (Bucci, 1990, p. 135) "la opportunità di utilizzare la documentazione esistente a Roma presso la Casa generalizia delle Francescane Missionarie di Maria e dell'Archivio Storico Capitolino. Il materiale, che è stato messo gentilmente a nostra disposizione, non è sovrabbondante; aiuta in ogni caso a mettere in evidenza, tra l'altro, l'importanza degli elementi religiosi nello sviluppo della ricerca educativa portati avanti dalla Dottoressa in quegli anni (...). Da esso emergono inoltre alcune ragioni dell'affermazione del metodo Montessori nel giudizio di coloro che incoraggiano all'inizio del Novecento la diffusione delle Case dei Bambini".
All'Archivio delle FMM nel 1996 aveva fatto ricorso anche Grazia Honegger Fresco, allieva di Maria Montessori, seria e puntuale studiosa del pensiero e del metodo montessoriani, per la cura del testo di documentazione dal titolo Roma: il corso Montesori del 1910 e la Casa dei Bambini pressoil Convento delle Suore Francescane di via Giusti, 12, pubblicato in "Il Quaderno Montessori" n. 51 nel 1996 (Honneger Fresco, a cura di, 1996).
Augusto Scocchera, mio fraterno amico purtroppo scomparso, quale vicepresidente dell'ONM ha dato un notevole slancio alle iniziative montessoriane, incoraggiando importanti pubblicazioni, convegni, iniziative di studio e ricerche relative non solo al metodo della Montessori ma anche alla teoria e alla storia del suo movimento. Tutto ciò ha caratterizzato un vero e proprio "periodo d'oro" per la vita dell'istituzione e per il fervore delle sue attività. In particolare ha scritto e pubblicato, particolarmente vivace e penetrante, con originali interpretazioni Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito (Scocchera, 1990), lo scorrevole e insieme organico Maria Montessori. Una storia per il nostro tempo (Scocchera, 1997), il volume Introduzione a Mario M. Montessori (Scocchera, 1998), che recupera la figura troppo dimenticata del figlio della Montessori, suo prezioso collaboratore dotato di grande capacità didattica e straordinaria umanità, e infine ha curato della Montessori Il metodo del bambino e la formazione dell'uomo (Montessori, 2002), che raccoglie testi montessoriani "inediti e rari" di grande interesse.
Anche Scocchera ha utilizzato, sia pure in piccola parte, i fondi degli Archivi delle Suore FMM e delle Suore MS, vari dei quali sono in copia presso l'AMI ad Amsterdam, e ha pubblicato nel 2000 il quinto capitolo di Cristo e il bambino della Montessori (Montessori, 2000) ed una lettera della Montessori dall'India alla Tincani del 7 agosto 1948 (Montessori, 2002, pp. 270-275), come ricordato anche da De Giorgi (De Giorgi, 2013b, pp. 64-65 e 98). In quella lettera la Montessori pregava la Tincani di adoperarsi per fare proclamare Patrono dell'imminente Congresso Internazionale Montessori di San Remo del 1949 un professore dell'Università Cattolica di Milano "recentemente santificato" e di cui non ricordava il nome (e che De Giorgi identifica nel beato Contardo Ferrini).
Colla sua consueta finezza e capacità di sorridente arguzia e penetrazione, Scocchera osserva che la "Dottoressa" aveva un personale concetto della stretta saldatura tra spiritualità e ricerca scientifica, tra santità e scienza, "in quanto il vero scienziato pratica l'umiltà, l'obbedienza e l'amore della ricerca della verità". E così "fosse dipeso da lei, nel firmamento dei santi e beati brillerebbero Itard, Séguin, Fabre, madame Curie e Thomas Edison, e quasi certamente Lamarck e il fondatore della medicina sperimentale Claude Bernard. E naturalmente anche Maria Montessori" (in Montessori, 2002, p. 275).
Con molte meno probabilità, aggiungerei io, Darwin e Freud data la sua concezione di un evoluzionismo finalistico e di una costruttiva reazione dei viventi all'ambiente, e di un inconscio senza libido, legato - alla Adler - alla volontà e all'affermazione di sé e a una visione più ottimistica - alla Anna Freud - del destino dell'uomo (e sul rapporto Montessori-Freud cfr. Scocchera, 1990, pp. 113-119).
Le ricerche recenti, in chiave diversa
Ma quali sono stati i recenti più impegnativi approcci alle carte montessoriane degli Archivi storici delle Francescane Missionarie di Maria e delle Missionarie della Scuola? Quelli di suor Catherine Bazin, archivista del primo, di Fulvio De Giorgi, ordinario di storia della pedagogia all'Università di Modena, proveniente dalla Cattolica di Milano, di Renato Foschi, psicologo e storico della psicologia presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della "Sapienza" di Roma; quella Facoltà guarda caso in cui è confluito oggi il corso di laurea in scienze dell'educazione e della formazione nel quale insegnavo storia della pedagogia fino al pensionamento per limiti di età, allora inquadrato nella Facoltà di Filosofia. A quell'insegnamento mi è poi succeduto l'affezionato allievo e collaboratore Furio Pesci, non privo anche lui di interessi per la Montessori (cfr. tra l'altro Pesci, 2010).
L'interpretazione del pensiero della Montessori, anche sulla base di quei documenti, in De Giorgi e Foschi è stata direi fondamentalmente dialettica, in dominante chiave cattolica per il primo, laica per il secondo.
Diciamo subito che la consultazione dei documenti delle due congregazioni religiose appare nell'insieme importante per il riconoscimento dell'impegnativo approccio della Montessori alla religione e alla Chiesa cattolica, vissuto tra ortodossia e libera elaborazione personale, almeno in alcuni periodi della sua movimentata e sempre aperta esperienza, e per la ricostruzione più approfondita di quello che ho detto all'inizio il carattere "complesso" del suo cammino, così denso di confronti e di impegni, insieme nuovi e di sviluppo dei precedenti.
Una congregazione laica di maestre montessoriane?
Suor Bazin, impegnata ora alla ricostruzione della storia del suo ordine, ha con straordinaria serenità e con grande obiettività ed equilibrio approfondito come si è ricordato l'intenso rapporto che vi è stato della "Dottoressa" con le Francescane di via Giusti e in particolare con la loro Superiora Generale Madre Maria della Redenzione. Nelle Casa dei Bambini aperte dalle FMM era impartito anche un insegnamento della religione cattolica secondo i metodi catechistici tradizionali, insegnamento religioso che non vi era stato invece nelle altre prime e contemporanee Case dei Bambini. Così alla prima e "storica" Casa dell'Istituto Romano dei Beni Stabili di via dei Marsi 58 a San Lorenzo in Roma, a cui la Montessori era stata chiamata dall'ingegnere Eduardo Talamo, direttore generale dello stesso Istituto, ad altre romane e a quelle aperte a Milano dalla Società Umanitaria a orientamento socialista riformista.
Per effetto della dura condanna del modernismo della enciclica Pascendi del 1907 di Papa Pio XI, con conseguente svolta di padre Gemelli prima favorevole, poi contrario al metodo Montessori, i corsi montessoriani non furono più ospitati dalle suore di via Giusti e qualche anno dopo vennero anche chiuse le Case dei Bambini delle Franscescane durate dal 1910 al 1915.
Al riguardo grande fu il rammarico della Montessori che scriveva, presumibilmente nel 1915 (cfr. Bazin, 2011, pp. 57-58), che "quando sapemmo che l'Asilo di via Giusti era chiuso, ci sentimmo colpite al cuore! Esso era il nostro appoggio e, in faccia al pubblico, il segno unico di pubblico amore e d'aperta approvazione della Chiesa (...). Quando sentimmo che senza una parola, senza un avviso era tutto scomparso, ci sentimmo smarrite...".
Nell'ambito dell'esperienza legata alle suore di via Giusti la Montessori, ricorda la Bazin, aveva con le sue collaboratrici elaborato "una specie di regola di vita, un progetto che sembra riguardare una congregazione laica delle maestre montessoriane" (Bazin, 2012, p. 58; quel Progetto di Unione fin qui inedito, datato 1910, e in cui sono state riconosciute alcune pagine scritte a mano dalla stessa Montessori, è stato pubblicato a cura di Fulvio De Giorgi in Montessori, 2013, pp. 316-3157). Nel Progetto la Montessori, dice la Bazin (Bazin, 2011, pp. 58-59), "non parla e non pensa più al singolare, ma si mostra incaricata dell'orientamento spirituale e dell'organizzazione della vita delle sue compagne", le quali, è scritto nel Progetto (Montessori, 2013, p. 324), si prevede che "devono andare a vivere nei casamenti operai - anche sole - per educare i piccoli bambini che abitano nella casa (Casa dei Bambini) - e avere un'influenza diretta sulle loro famiglie", pur senza alcun "segno esterno" che ne rilevi il loro carattere speciale.
Tra l'altro sono qui indicate le devozioni in programma per questa ipotizzata Pia Unione, vale a dire, come la chiama De Giorgi, "sodalizio cattolico, con le caratteristiche della consacrazione religiosa", riservato (De Giorgi, 2011b, p. 81). Precisa suor Bazin (Bazin, 2011, p. 59): di queste "la prima di tutte è la devozione a Maria designata da quattro titoli diversi, seguita da Pietro e Paolo, Ignazio, Francesco d'Assisi e Caterina Da Siena. Attraverso le pagine la Casa dei Bambini si definisce come un'opera esigente e feconda, una forma di apostolato e di missione fondata su delle motivazioni profonde, espresse in termini di assoluto, una riforma necessaria a partire dalla scienza dell'educazione, che considera la religione non come il coronamento della vita, ma come la vita stessa".
Era qui prevista l'osservanza delle "tre virtù religiose" della povertà, castità e obbedienza, per la quale ultima erano vedute "due facce: l'esterna è quella dell'umiltà spirituale" e l'interna "quella della vita gloriosa e trionfante in Dio" (Montessori, 2013, pp. 333-335).
Un intenso incontro e un distacco doloroso
Ma come si è detto sopravvenne la rottura del 1915, il progetto dell'Unione non fu approvato dalla Chiesa e così il sodalizio non fu attuato.
Quanto come abbiamo visto ha ricordato suor Bazin (e ha documentato anche De Giorgi) contiene una rilevante indicazione, si può dire nuova: il rapporto della "Dottoressa" con la congregazione di via Giusti fin qui trascurato e sottovalutato, non fu di semplice ospitalità, ma implicò anche un intenso incontro spirituale, nel quale la Montessori visse con le suore e le collaboratrici un impegno caloroso di approfondimento religioso.
Con la consueta grande scrupolosità e esattezza Paola Trabalzini ha tracciato, per il periodo che va almeno fino al 1934, il giudizio della critica cattolica sulla Montessori e insieme lo sviluppo delle sue posizioni rispetto alla Chiesa e alla pratica dell'insegnamento religioso nelle Case dei Bambini (Trabalzini, 2013). Analogamente ha fatto con la sua capacità di acuta penetrazione Augusto Scocchera, nel suo Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito e in Maria Montessori. Una storia per il nostro tempo (Scocchera, 1990, pp. 157-160; Idem, 1997, pp. 177-192). Per un approccio senza pretese si possono vedere pure alcune mie pagine del 2008, derivate da altre di sei anni prima (cfr. Cives, 2008, pp. 38-50).
La Montessori, scrive la Trabalzini (Trabalzini, 2013, p. 177), nel 1898 nell'articolo Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza (Montessori, 1898), aveva auspicato che per i bambini ritardati l'educazione morale venisse promossa nell'accordo di scienza e di religione, con le sue suggestioni. Però ne Il Metodo non includeva l'educazione religiosa dicendo che la pedagogia scientifica non aveva fin lì ben studiato le dimensioni del sentimento religioso, pur riservandosi di svolgere lei ricerche specifiche nell'ambito delle Case dei Bambini. Osservava però che qui, a San Lorenzo, pur senza insegnamento di religione, i bambini avevano intanto "mostrato come vivendo in un ambiente idoneo ai loro bisogni, in un clima di libertà e lavoro, possano costruire la propria persona, tanto che la Montessori parla di 'speranza di redenzione nell'educazione'" (pp. 177-178).
Seguirà l'esperienza ricordata delle Case dei Bambini delle FMM in cui Madre Maria della Redenzione volle che fosse inserita come già ricordato un'istruzione cattolica, impartita secondo metodi tradizionali, dato che la Montessori non aveva ancora maturato e elaborato al riguardo una sua originale posizione metodologica-didattica e non aveva ancora avuto modo di svolgere in merito le necessarie osservazioni.
L'esperienza di educazione religiosa di Barcellona
Conclusasi dunque l'esperienza delle Case dei Bambini organizzate dalle FMM, si apre nel 1915 quella delle Case dei Bambini istituite a Barcellona dai Padri di San Vincenzo de Paoli nella casa della Maternità e degli Esposti e poi in altri istituti come quelli degli orfani delle isole Baleari ove erano le suore di San Vincenzo de Paoli; a quei Padri, benché "ignorassero" che la Montessori "era cattolica" e benché Il Metodo del 1909 non facesse "nessuna professione diretta di fede cattolica", parve che il suo metodo "fosse cattolico nella sua sostanza medesima": i suoi principi pedagogici "sembrarono loro emanati e ispirati direttamente dal cattolicesimo". Così scriverà nel 1922 la Montessori in I bambini viventi nella Chiesa (Montessori, 1970, p. 10), il suo testo forse più vicino all'impostazione confessionale cattolica.
Nell'esperienza di Barcellona fu posta alla guida Anna Maccheroni, allieva della "Dottoressa" fin dal primo Corso montessoriano della Montesca, presso Città di Castello, svoltosi nella tenuta dei baroni Franchetti, che operava insieme a vari Padri, entusiasti e appassionati, nutriti di spirito missionario e di divulgazione della Bibbia. Presto giunse a Barcellona anche la Montessori.
L'educazione religiosa realizzata a Barcellona si ispirava all'impegno di Pio X per il rinnovamento della liturgia, un movimento, è stato notato, che ha trovato la sua adeguata affermazione solo nel Concilio Vaticano II, con la Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosantum Concilium.
Scriveva la Montessori (p. 11) che "la liturgia, espressione grandiosa del contenuto della fede, può bene chiamarsi 'il metodo pedagogico' della Chiesa Cattolica, che non paga di insegnare per mezzo della parola ascoltata dai fedeli, rappresenta i suoi fatti e simboli della religione, li fa rivivere e permette al popolo di prendervi parte ogni giorno".
L'impegno delle Case dei Bambini di Barcellona da parte di quella Montessori che aveva a motivo distintivo la promozione e valorizzazione della continuità in espansione sensi-mente, fu quello di rendere l'ambiente adeguato ai bisogni spirituali e alla diretta esperienza del bambino (adattamento della Cappella, del messale, degli arredi liturgici, del rito della Messa, della Comunione...), così da renderlo direttamente partecipe attraverso una idonea liturgia dell'esperienza religiosa. E in tal modo consentire alla stessa Montessori di poter seguire, studiare e comprendere meglio l'estrinsecazione di tali bisogni, considerato che (p. 14) l'animo dei bambini "sembra più aperto all'intuizione divina che non sia quello degli adulti nonostante la loro intelligenza già perfettamente sviluppata ed usa al raziocinio".
La Montessori vide dunque nell'esperienza di Barcellona "un tentativo di applicare i principi del suo metodo direttamente all'educazione religiosa" (p. 10) verificandone i modi e la fattività: "un'opportunità a lungo desiderata" (p. 13). In questo modo, osserva la Trabalzini (Trabalzini, 2013, p. 181), "apre di fatto all'educazione confessionale".
Sulla traccia della Schwegman osserva suor Bazin (Bazin, 2011, pp. 61-62) che l'esperienza di educazione religiosa di Barcellona, incentrata sull'inserzione attiva del bambino nel rito della Messa, resa accessibile a lui nelle sue adattate dimensioni, si poneva come sviluppo di momenti dell'esperienza delle precedenti Case dei Bambini, ad esempio per il rito del silenzio e quello del pane, che trovavano poi appunto "un'unica espressione nella Santa Messa". La "Dottoressa" aveva immaginato il primo "come esperienza profondamente spirituale", mentre "il rito del pane - pasto scolare e comune - metteva i pic- coli in relazione con l'umanità (...). In questi due riti manifestamente ispirati dalle idee della teosofia", alla quale presto ci riferiremo, "M. Montessori ha ritrovato quel che si vive direttamente nella Messa ben spiegato e ben vissuto: la presenza di Dio nel suo Figlio Gesù, consegnato nell'obbedienza, morte e resurrezione alla vita, e la comunione e la solidarietà tra individui che sono impregnati di Cristo, formano il suo Corpo e crescono insieme verso la Vita".
E qui la Bazin cita direttamente la studiosa olandese (Schwegman, 1999, p. 99-100): "Mentre nel Metodo e nell'Antropologia pedagogica la trascendenza dello stato nel quale l'anima individuale è separata dall'Uno Divino era descritta in termini derivati dalla teosofia, e più precisamente ancora dall'individuo, ormai lo stesso mistero viene espresso da una modalità cattolica. Ma l'essenziale non cambia: attraverso i riti, durante i quali il bambino raggiunge la dimensione spirituale parlando della realtà materiale, partecipa al mistero della vita, rappresentato per eccellenza dalla morte e dalla resurrezione di Cristo".
Il periodo spagnolo, che con la guerra civile nella quale il figlio Mario risulta alle spie fasciste dell'OVRA abbia combattuto con Carlo Rosselli a Huesca coi repubblicani, si chiuderà nel 1936 col temporaneo trasferimento in Inghilterra, da cui poi andrà in Olanda. È un periodo molto fervido in cui oltre ai libri del 1931-32 La vita in Cristo e La Santa Messa spiegata ai bambini (Montessori, 1930) legati all'esperienza di Barcellona, sviluppa le sue idee originali e nuove sull'iniziazione creativa del bambino alla matematica, di cui alla Psicoaritmetica e alla Psicogeometria, recentemente edita quest'ultima in edizione critica da Benedetto Scoppola, presidente dell'ONM (Montessori, 1921 e 2011).
L'esperienza di Barcellona è interrotta dalle autorità catalane, con suo vivo rincrescimento (cfr. Montessori, 1970, p. 19). E così il rapporto della Montessori con la Chiesa entra di nuovo in difficoltà nonostante il suo proposito di non interromperlo.
Padre Barbera: la pedagogia della Montessori è "troppo naturalistica"
In effetti le esperienze positive di operosità, di ricerca e di realizzazione educativa, anche religiosa, condotte a Roma presso le suore Francescane Missionarie di Via Giusti e presso i Padri vincenziani spagnoli a Barcellona, fin quando come abbiamo visto interrotte d'autorità, si svolsero in isole felici e a lei favorevoli, mentre in generale nella Chiesa ufficiale, specie dopo il 1907, non venivano mai meno, anzi si accrescevano i sospetti, i distinguo, i paletti verso le sue posizioni, richiedendo incisive rettifiche e revisioni.
È fin dal 1910 che su "La Civiltà Cattolica" appare una recensione anonima de Il Metodo in cui esprimendo apprezzamento e interesse per l'organizzazione didattica della Casa dei Bambini ci "si dichiara in disaccordo con la Montessori per quanto riguarda il suo 'principio della disciplina fondata sulla libertà', la sua abolizione dei premi e dei castighi e il ruolo dell'insegnante ritenuto troppo marginale" (cfr. Trabalzini, 2013, p. 178). Si apre qui quella che sarà poi una costante della critica cattolica, particolarmente sviluppata, a parte gli attacchi della stampa minore specie di specifica ispirazione antimodernista (cfr. tra l'altro De Giorgi, 2013b, p. 40), dal padre gesuita Mario Barbera che dal 1919 al 1946, in saggi sull'ufficiale "La Civiltà Cattolica", poi raccolti in volumi, considera con interesse gli aspetti minuti e pratici del metodo Montessori, ma chiede un emendamento dei residui in lei positivistici del naturalismo pedagogico.
Pur apprezzando gli aspetti applicativi e pratici del metodo, padre Barbera rimprovera alla Montessori la "forma positivista" del suo pensiero, il suo guardare alla sola esperienza scientifica moderna "senza riferirsi alla pedagogia tradizionale" (Trabalzini, 2013, p. 182). All'insegna delle "luci ed ombre" del suo pensiero rimprovera alla Montessori l'eccessiva "fiducia nei confronti della natura umana, delle potenzialità dell'essere umano, del bambino Messia, che non conosce il peccato originale ed è per l'adulto maestro di amore e di pace" (p. 188).
Secondo padre Barbera "l'interpretazione montessoriana risulterebbe (...) 'troppo naturalistica' e fa pensare che si possa far meno di qualsiasi insegnamento esteriore compreso quello divino della Chiesa". In conclusione le sue ombre sono a suo avviso "quelle costituite dal naturalismo, dall'individualismo, dal soggettivismo" (ivi).
Verso la rottura coi cattolici e con lo Stato fascista
La Montessori cerca di correre ai ripari, sia rispetto alle incalzanti critiche idealistiche che le rendevano difficile il suo approccio pratico al fascismo, pur da lei mai sostenuto e approvato, mirante ad ottenere sostegno per le sue scuole, i suoi corsi, le sue iniziative di formazione delle educatrici, sia soprattutto in rapporto all'incalzante critica della Chiesa, dalla quale analogamente aspirava ad avere appoggio per la diffusione del suo metodo e del suo movimento educativo.
Così nella terza edizione de Il Metodo, quella del 1926, rende nota nella Introduzione la benedizione riservata che le aveva dedicato nel 1918 papa Benedetto XV, e pur senza mai rinunciare alla sostanza della sua impostazione, ne attenua certi residui di partenza positivistici e ammorbidisce alcune delle sue posizioni più criticate. Introduce allora ad esempio, contro la critica di una sua posizione presunta libertaria e antitradizionalista, un embrionale e indicativo programma delle attività quale Ordine e gradi di apprendimento nel quadro dello sviluppo della quadriga trionfante (disegno, scrittura, lettura, matematica), e sostituisce il contrastato paragrafo sull'Abolizione dei premi e dei castighi esterni con quello più temperato e problematico de I nostri bambini innanzi ai premi e ai castighi. Di questi dice di riconoscere "il valore pedagogico fondamentale" volendone combattere solo "l'abuso e il pervertimento".
Quanto specificamente all'educazione religiosa l'edizione de Il Metodo del 1926 include, legate come abbiam detto all'esperienza di Barcellona, varie pagine de I bambini viventi nella Chiesa in cui sulla base della sua osservazione psicologica riconosce i bisogni religiosi dei bambini per cui parla di "un periodo sensitivo dell'anima" e riconosce l'esigenza di riservare alla religione nell'educazione "un posto preminente". Le forme per realizzarla sono quelle già sperimentate nelle esperienze spagnole, con una viva inserzione del bambino nei riti aperti alla sua partecipazione (per tutte le novità della edizione de Il Metodo si veda in particolare in Trabalzini, 2003, pp. 169-210).
Basteranno questi ritocchi a placare le critiche idealistiche e cattoliche e il conseguente progressivo distacco dal fascismo e dalle posizioni ufficiali della Chiesa? La risposta è negativa. Il distacco dal fascismo si fa anzi sempre più anche esplicitamente ideologico, con l'impegno forte negli anni '30 tra l'altro per la difesa della pace attraverso la liberazione dell'infanzia, che le procurerà poi più tardi ben tre volte la proposta per il Nobel della pace pur rimasta senza frutto, di fronte al bellicismo aggressivo e imperialistico del regime e al suo modello di educazione dell'infanzia e dell'adolescenza paramilitare e di assoluta obbedienza.
Tutto ciò procurerà alla Montessori la sorveglianza dell'OVRA fin dal 1932. Inoltre il contrasto col fascismo si fa pratico, di fronte all'invadenza del regime per scalzare la Montessori dalle sue istituzioni e in particolare dalla Scuola di Metodo Montessori pur sorta con tante speranze, per porvi persone di propria fiducia e renderle subordinate e asservite. Cose che la Montessori, sempre così gelosa della sua autonomia, non può accettare. Per cui nel 1934 con suo figlio Mario si dimette dall'Opera e nello stesso anno lascia con lui l'Italia, con un volontario esilio in seguito interrotto solo per brevi periodi.
Per quanto riguarda la Chiesa, padre Barbera anche dopo le aperture dell'edizione de Il Metodo del 1926, osserva la Trabalzini (Trabalzini, 2013, pp. 187-188), continua a ripetere "la richiesta di dichiarare il suo metodo atto ad agevolare l'educazione tradizionale, ma non a rivoluzionarla", nonché di liberarsi dai suoi residui naturalistici.
La condanna della D.I.M. e la partenza per l'India
Fondamentale, e di estrema importanza, è però l'enciclica di papa Pio XI Divini Illius Magistri del 31 dicembre 1929 che pur senza nominare esplicitamente la Montessori condanna il suo naturalismo pedagogico e un'educazione che non tenga conto della Grazia, della presenza del peccato originale e prescinda dalla necessità della disciplina e dall'autorità dell'adulto.
Si legge nella D.I.M. (su tutta la quale si può cfr. Cives, 1984, pp. 125-147 e in particolare qui pp. 127-128) che "non si deve mai perdere di vista che il soggetto dell'educazione cristiana è l'uomo tutto quanto, spirito congiunto al corpo in unità di natura in tutte le sue facoltà, naturali e soprannaturali, quale ce lo fanno conoscere la retta ragione e la Rivelazione; pertanto, l'uomo decaduto dallo stato originario, ma redento da Cristo e reintegrato nella condizione soprannaturale di figlio adottivo di Dio, benché non nei privilegi delle sue inclinazioni. Restano dunque nella natura umana gli effetti del peccato originale, particolarmente l'indebolimento della volontà e le tendenze disordinate".
Ed ha qui luogo la ben nota citazione dai Proverbi di Salomone, già proposta dal pedagogista controriformista Silvio Antoniano: "'La stoltezza è legata al cuore del fanciullo e la verga della disciplina la scoterà di dosso' (Prov. XXII 15)".
La Montessori poco dopo, all'inaugurazione del XV Corso Internazionale Montessori del 25 gennaio 1930 mostra nel suo discorso di conoscere l'enciclica del papa ma di avere conservato le sue posizioni; ricorda la Trabalzini (Trabalzini, 2013, pp. 187-188), che, pur senza citare direttamente l'enciclica e conservando il tono di disponibilità al dialogo, rivendica "la nascita, con il nuovo secolo, di una diversa sensibilità verso l'infanzia, rispetto ad una vecchia e inadeguata concezione del bambino che viene identificata con il pensiero di Salomone". Non insensibile direi agli smascheramenti dinamici operati dalla psicoanalisi, denuncia l'orgoglio mascherato d'amore e di senso di giustizia degli adulti che l'attribuiscono invece al bambino, e li invita a riformar se stessi. L'egoismo mascherato di amore dei genitori e degli adulti lo indicherà poi più volte esaminando in particolare le dinamiche familiari, specie nel 1936 ne Il segreto dell' infanzia (Montessori, 1950, cfr. al riguardo Cives, 2008, pp. 67-76). Occorre, dice la "Dottoressa" sempre nel 1930, dare al bambino, fornito dei mezzi di sviluppo, la libertà di potersi rivelare, e così alla vecchia concezione che guarda alla repressione delle verghe di Salomone sostituisce il richiamo alla parola di Cristo: "Se voi non vi convertirete e non vi farete simili al fanciullo, non potrete trovare il regno dei cieli" (cfr. Trabalzini, p. 188).
Osserva De Giorgi (De Giorgi, 2013, p. 56): "In ogni caso, l'impostazione pontificia segnò il declino del metodo Montessori nel mondo cattolico italiano e la canonizzazione del metodo Agazzi: abilmente 'cattolicizzato' dagli ambienti pedagogici bresciani legati all'Editrice La Scuola".
Alla Montessori, diversamente dalle fortune all'estero, con le chiusure del regime dittatoriale di Mussolini e dell'autoritarismo conservatore della Chiesa di quel periodo, veniva così interdetta la diffusione (e in sostanza la stessa sopravvivenza) delle scuole montessoriane in Italia, e si comprende così come nel 1939, mentre si trova in Olanda, accetti l'invito del presidente della Società teosofica George S. Arundale, in India suo quartier generale, per svolgervi corsi e attività educative. La Montessori si era già iscritta alla Società teosofica il 23 maggio 1899, e quindi, pur senza rinnovare l'iscrizione, aveva mantenuto i contatti con Annie Besant, che l'aveva presieduta dopo la fondatrice Helena Blavasky (si veda anche Bazin, 2011, p. 58 e in più luoghi Giovetti, 2009). La Società teosofica aveva inviato sue seguaci ai corsi montessoriani fin dall'inizio del corso internazionale del 1913 e con forte simpatia con queste educatrici aveva aperto Case dei Bambini già dagli anni '10.
Ma cos'era propriamente la teosofia, questo movimento prossimo alla massoneria, ma diversamente da questa tanto aperto alla componente femminile, e considerato componente "di un 'crogiuolo spiritualistico' contiguo peraltro al modernismo cattolico" (De Giorgi, 2013b, p. 77). Lascerei la risposta proprio a suor Bazin (Bazin, 2011, p. 52) che si distingue per il suo sereno equilibrio: era (ed è) "una dottrina filosofica senza culto, secondo la quale tutto quello che esiste deriva dall'Uno la cui origine resta un mistero per gli uomini; degli illu- minati possono aiutare a tornare all'Uno, fine supremo dell'uomo, a partire da una conoscenza che non origina dalla ragione ma da un determinato stile di vita, fondato su un profondo rispetto per tutte le manifestazioni della vita, che unisce saggezza e amore, e aspira a un'armonia con tutto l'esistente". A questa dottrina si richiamava appunto, aggiungerò con Renato Foschi (Foschi, 2007, p. 163), la "Società teosofica, organizzazione esoterica basata su una religiosità razionalista, con una forte spinta verso l'azione sociale e l'educazione infantile, in cui le donne avevano un ruolo dirigenziale".
Partita per l'India come detto nel 1939 vi rimarrà bloccata dalla guerra fino al 1946, svolgendovi un'intensa attività educativa e di ricerca, e vi tornerà nel periodo 1947-1949.
Il modernismo ha inciso sulla Montessori
Altro studioso come dicevamo della Montessori che ha particolarmente utilizzato gli Archivi storici delle suore FMM e MS è stato in questi ultimi tempi Fulvio De Giorgi, i cui recenti scritti di storia dell'educazione (cfr. De Giorgi, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013a, 2013b) personalmente mi confermano sempre più sullo speciale valore delle ricerche di storia della pedagogia, particolarmente meticolose e filologicamente approfondite, condotte dagli studiosi provenienti dalla storiografia generale e non specifica per il campo educativo, rispetto a quelle svolte da chi ha una formazione piuttosto particolarmente pedagogica. Anche se mi rendo conto, nel ricordo di antichi dibattiti ritornanti nel CIRSE, che non manca chi la pensa esattamente all'opposto e crede vada privilegiata la sensibilità educativa rispetto alla generale scrupolosa capacità metodologica dello storico non pedagogista.
Rispetto allo studio della Montessori, nell'ambito di quello più generale della storia dell'educazione infantile, De Giorgi ha con efficacia messo in luce l'importanza di una sensibilità modernista della Montessori, vissuta come libertà individuale di ricerca religiosa, quale supporto a un'attività impegnata nell'emancipazione sociale, fuori da imposizioni autoritarie. E così gli è sembrato "storiograficamente esatto ricomprendere anche la figura della Montessori, sia pure con le specificità sue proprie, in quella 'costellazione femminile di educatrici' in qualche modo contigue e più o meno partecipi di quegli ideali di rinnovamento spirituale e religioso che furono detti modernisti: in particolare di quel modernismo mistico e filantropico insieme, che fu tipico dei laici - e meno dei chierici con i loro interessi teologici" (De Giorgi, 2009, p. 126).
Pesava qui per la Montessori, annota De Giorgi (De Giorgi, 2013b, p. 23), l'aver ben conosciuto "donne moderniste o 'modernizzanti' come Felicitas Buchner e come, soprattutto, Alice Hallgarten (1874-1911), moglie di Leopoldo Franchetti, amica di Paul Sebatier, già impegnata in opere caritative nel quartiere S. Lorenzo".
De Giorgi ricorda pure (p. 68) il rilievo della collaborazione con l'allieva fin dal corso della Montesca del 1909 Adele Costa Gnocchi, che "era stata legata agli ambienti del modernismo, aveva avuto rapporti con Casciola, Semeria, Fogazzaro, Gallarati Scotti, aveva perfino svolto un'opera di mediazione per un contatto a distanza tra Buonaiuti e don Orione".
L'importanza dei legami della "Dottoressa" in particolare con la Hallgarten sono ben noti, e grande fu l'appoggio della baronessa alle prime iniziative montessoriane, dall'ospitalità alla Montesca, per il suo corso nazionale già ricordato a quella per la redazione de Il Metodo, sollecitandola alla sua veloce stesura, curandone poi la pronta pubblicazione.
Credo che quella componente modernista, come istanza di esperienza religiosa condotta in chiave libera e antiautoritaria, sia rimasta viva per tutta la vita e la storia della Montessori, anche se particolarmente presente nel periodo della residenza alla Montesca e della collaborazione con le Suore Francescane di via Giusti.
Gli scritti inediti sono nello spirito di Barcellona
De Giorgi ha poi curato, con un ampio e approfondito studio introduttivo riguardante l'intera Montessori (De Giorgi, 2013b), una antologia di scritti della Montessori (Montessori, 2013). Questa comprende oltre al già ricordato Progetto d'Unione del 1910 vari testi. Il più impegnativo e generale è Dio e il bambino, già apparso ma con scarsa diffusione in Olanda in olandese nel 1939, e ora presentato in una traduzione italiana (già abbiam visto che un capitolo lo aveva pubblicato Scocchera). Qui in ispirazione evangelica e con richiamo a Pestalozzi, a Tolstoj e a Tagore è illustrata la ricchezza potenziale e specifica del bambino, derivata da Dio, che può contribuire al più positivo sviluppo dell'adulto.
Gli scritti seguenti, inediti, sempre attinti dall'Archivio delle FMM, databili in generale intorno al 1931, sono Il libro aperto, La Guida, Il Mistico dramma e, in qualche modo "appendice dello scritto precedente" (De Giorgi, 2013b, p. 74), Le sette parole di Gesù Crocifisso. Al centro è l'impegno della "Dottoressa" di rendere il Messale da "libro chiuso" "libro aperto" adatto e accessibile alla comprensione del bambino, e la Messa quale "dramma vissuto" quasi una sacra rappresentazione in cui il bambino si possa attivamente inserire come attore partecipe.
In questi scritti, in cui si ammira anche la particolare capacità di divulgazione e didattica dell'Autrice, non mancano motivi di notevole interesse. Così, per esempio è molto efficace la conferma della specificità del bambino, "entità umana importante per sé stesso", con "leggi di sviluppo assolutamente proprie" e "fissate dall'interno". Sono meravigliose, scrive, le forze della creazione divina nell'animo infantile. Pertanto "il bambino e l'adulto sono due parti distinte dell'umanità, che devono compenetrarsi e agire in armonia, con aiuto reciproco. Perciò non è soltanto che l'adulto deve aiutare il bambino, ma che pure il bambino può aiutare l'adulto". (cfr. Montessori, 2013, pp. 118 e 121). Così con l'affermazione del grande valore dell'infanzia, si ripropone il tema fondamentale del bambino "padre dell'uomo".
Pure molto penetrante è l'osservazione che la pedagogia e la psichiatria moderne hanno mostrato come molti nostri mali psichici e fisici derivino da un comportamento errato dell'adulto di fronte alla prima infanzia, ma non già nel senso di carenti correzioni, bensì in quello di una mancata comprensione, con atteggiamenti "di vezzeggiamento e di trascuratezza, oppure di un trattamento arbitrario, di pretese troppo alte oppure di esigenze esageratamente minime" (p. 141). Insomma, occorre osservare e comprendere il bambino, non per "emendarlo" ma per dare, si può tradurre, un positivo e adeguato sostegno indiretto e ambientale alla sua carica costruttiva in espansione.
Un altro spunto positivo. La Montessori nell'elaborazione del suo metodo, in questo modo riferito alla partecipazione attiva del bambino alla Messa, ricorda come sia ben più importante "l'attività del bambino più che i suoi sensi". Si è creduto a torto per interessare e coinvolgere i bambini di sovraccaricare i libri a lui destinati di figure e illustrazioni, mentre occorre invece che "il libro si rivolga all'attività, e richiede che parti diverse siano congiunte insieme". Si tratta di promuovere interesse appunto per il "lavoro costruttivo" (p. 200).
Da questi esempi si evidenzia l'opportunità della avvenuta pubblicazione di questi scritti, connessi in gran parte all'esperienza di educazione religiosa spagnola e ai testi relativi poi raccolti e pubblicati insieme nel 1970.
Fedeltà ai principi e accorte mediazioni
Sorge però spontanea la domanda: com'è che pur annunziati sulla rivista "Montessori" nel 1931 non vennero poi, salvo il primo, fin qui pubblicati? De Giorgi propone al riguardo una risposta molto interessante. E scrive (De Giorgi, 2013, p. 35) che "questo sforzo per scrivere (e pubblicare) testi di chiara matrice cattolica avesse, come obiettivo più profondo, quasi direi 'strategico', il tentativo di trovare una sponda nella Chiesa cattolica per resistere alle manovre fasciste tendenti a egemonizzarla e strumentalizzarla, fascistizzando il metodo (e perfino preparandosi ad un montessorismo senza Montessori). La 'piccola conciliazione' di settembre [1931] avrebbe poi fatto venir meno l'urgenza di tali pubblicazioni; così molti scritti, già pronti rimasero inediti".
Bisogna qui ricordare che la Montessori non ha mai voluto deflettere dai suoi alti punti di riferimento di fedeltà al sapere scientifico, allo sviluppo individuale e sociale della libertà, alla liberazione del bambino dal dominio, anche camuffato di amorevolezza, dell'adulto, e all'incoraggiamento indiretto della sua creatività e della sua crescita completa, alla libera esperienza di una spiritualità antidogmatica e antiautoritaria. Insieme però ha dovuto fare i conti con le concrete realtà sociali e istituzionali, e ha dovuto affrontare lotte molto impegnative sia per non essere esclusa e sopraffatta (si pensi per cominciare alla sua grande battaglia per raggiungere la laurea in medicina), sia per ottenere l'appoggio organizzativo necessario per l'istituzione delle sue Case dei Bambini, delle sue scuole, dei suoi corsi, dei suoi convegni, per la pubblicazione delle sue riviste e dei suoi libri.
E così ha dovuto confrontarsi con la realtà del mondo liberale presto travolto dal fascismo del regime di Mussolini, della Chiesa cattolica, della Società teosofica, della società internazionale democratica. E qui si è mossa con estrema pru- denza e capacità tattica e diplomatica, appunto con le sue "strategie", con una "accorta politica" di mediazione e con grande "accortezza" (cfr. Foschi 2011b, pp. 20 e 26). Da qui anche alcuni "compromessi" ma pratici e di superficie e che non intaccavano la sostanza. La profonda dialettica tra scienza e misticismo, dice De Giorgi (De Giorgi, 2013, p. 10), rimasta "sempre aperta", caratterizzava "una tensione che (...), nella prospettiva montessoriana, innervava una pedagogia della libertà, sempre attenta alla dimensione esistenziale concreta", e aggiungerei alla pesante realtà storica con la quale via via fare i conti.
Senza tener conto di questo confronto non si comprende la complessa vicenda della Montessori, e non si capiscono i suoi insuccessi, specie qui in Italia, e insieme le sue straordinarie affermazioni, nel mondo e nei vari continenti.
Iniziative spezzate e aspirazioni mai interrotte
Ma gli inediti della Montessori pubblicati da De Giorgi comprendono anche una sua lettera del 29 luglio 1949, da Ayar a madre Tincani, che mostra, con quella del 7 agosto 1948 già ricordata resa nota da Scocchera, come la Montessori si auguri che il Vaticano appoggi l'imminente Congresso Internazionale Montessori di San Remo, aiutando la sua efficace riuscita, anche "a vantaggio dei cattolici", contribuendo a far "conoscere il meccanismo psicologico dello sviluppo del bambino". I bambini "vengono più o meno obbligati ad andare in Chiesa e vengono perciò a considerare la religione come una cosa noiosa. Niente è fatto per suscitare in loro il sentimento religioso", mentre invece "non c'è nessuna religione che tanto avvicini al trattamento scientifico quanto la religione cattolica". E insieme lamenta che i cattolici non tengano tanto presenti questi principi in India, poco impegnandosi nell'educazione religiosa, e propone che a San Remo sia invitato il gesuita padre T. N. Siqueira, rettore del St. Joseph College, Trichinopoly, che ha studiato e apprezza il suo metodo e che ben potrebbe illustrare il raccordo tra scoperte scientifiche e tradizione educativa della Chiesa (Montessori, 2013, specie pp. 361-362).
Scocchera con un'osservazione famosa ha scritto che "si potrebbe affermare che l'educazione confessionale nata in Spagna muore definitivamente in India" (Scocchera, 1997, p. 189). Si può osservare che se tale è di fatto la situazione nella realtà, diverse sembrano le intenzioni della Montessori che cerca di mantenere rapporti positivi con le autorità cattoliche. Ma sostanzialmente senza successo. A San Remo padre Siqueira non sarà invitato e nel suo lungo discorso padre Ceresi userà un tono benevolo, la dirà allineata con l'esempio evangelico. Ma poi la esorterà a valorizzare "il sentimento religioso infantile". E in piena continuità con la linea codificata della Divini Illius Magistri seguiterà a indicare la necessità di superare il naturalismo educativo, il peso negativo del peccato originale, la necessità di correggere il bambino" fin dalla più tenera infanzia" e del soccorso della Grazia.
Scriverà testualmente Ceresi (Ceresi, 1949, p. 456) che "si deve convenire (...) che l'educazione non è puro naturalismo pedagogico, che lasci al fanciullo l'iniziativa della sua formazione, come che dalla sua individualità egli non possa trarre che il Vero e il Bene. Per noi, cristiani e cattolici, l'uomo da educare è l'uomo quale ci è fatto conoscere dalla Rivelazione, e dalla stessa retta ragione, l'uomo cioè, decaduto dallo stato originario, ma redento, da Cristo e reintegrato nella condizione soprannaturale di figlio adottivo di Dio, benché senza più l'equilibrio delle passioni. Restano quindi nella natura umana gli effetti del peccato originale, soprattutto l'indebolimento della sua volontà e le tendenze disordinate. Queste sono dunque da correggere, e viceversa sono da promuovere ed ordinare le buone, fino dalla più tenera infanzia; soprattutto si deve illuminare l'intelletto e fortificare la volontà con la Verità soprannaturale e i mezzi della Grazia" (Ceresi, 1949, p. 456).
Tutte posizioni che la Montessori pur affermando che la sua pedagogia coincide con l'illuminato insegnamento del Vangelo, ha fin lì respinto e che continuerà a respingere.
Sarà osservato che i bambini di tanti partecipanti al Convegno di San Remo, provenienti da diversi paesi, "appartenenti a diverse religioni", nelle scuole Montessori "'lavorano insieme in completa armonia pronti ad aiutarsi scambievolmente'. In sostanza si risponde a padre Ceresi che il metodo Montessori non è il metodo di una qualche particolare religione, perché la sua 'verità' è in grado di prescinderne e perché il suo fondamento scientifico è autosufficiente" (Scocchera, 1990, p. 158).
Un laicismo perdurante e un cristianesimo a suo modo
Dunque De Giorgi, con le sue analisi e l'utilizzazione dei nuovi documenti, vuol mostrare il rilievo sempre esercitato sulla Montessori della componente cattolica. E certo si può convenire che a suo modo e in qualche maniera la Montessori rimase sempre legata alla fede ricevuta nella sua formazione, particolarmente da sua madre, e come si è detto particolarmente sviluppata e approfondita nella sua esperienza religiosa presso le suore FMM nel primo Novecento. Ma De Giorgi si propone anche uno scopo più impegnativo: quello di sfatare, come dice non senza asprezza, la "leggenda nera" della lettura di "una Montessori laicista, naturalista, anti-cristiana" (De Giorgi, 2013, pp. 5-6).
Ora per quanto riguarda direttamente la Montessori si può dire che se ebbe una formazione senza dubbio positivista sviluppò la sua ispirazione mai smentita scientifica in una dinamica di apertura alla costruttività innovativa dell'uomo e soprattutto del bambino, salva da pesanti datati condizionamenti deterministici. Un esempio: si guardi da ultimo alla sua adesione al neo-evoluzionismo dei De Vries e Nunn. Laica si mantenne per tutta la vita salvaguardando la libertà di coscienza e la positiva disponibilità al bene e all'auto-educazione da assistere solo con una educazione discreta e indiretta, che fa leva e ha fiducia nelle positive potenzialità intrinseche. Tutto ciò in una prospettiva di fiducia e di gioia, e senza cedimenti alcuno a un laicismo settario, nella salvaguardia invece della laica libertà da invadenze di ogni tipo.
Quanto al cristianesimo, se vi sono, ben poche in verità, pagine di esplicita adesione cattolica, mai nella Montessori si troveranno prese di posizione, espressioni di condanna del cattolicesimo e della religione cristiana.
Per quel che riguarda poi la teosofia, verso la quale senza dubbio ha per tutta la vita nutrito simpatia (a cominciare dalla iscrizione, poi non rinnovata, del 1899), va ricordato che questa si è sempre posta con disponibilità e collaborazione con ogni credo e fede, in primo luogo col cristianesimo. Un'immagine concreta? Si vedano le illustrazioni esemplificative inserite nel libro Maria Montessori. Una biografia di Paola Giovetti (cfr. Giovetti, 2009 e 2011, e su di questa riguardo al periodo indiano della "Dottoressa" anche Cives, 2010), che si è recata in India a vedere gli archivi, i luoghi, a incontrare i testimoni relativi alla sua permanenza ad Ayar (oltre che più brevemente in altri luoghi dell'India, del Pakistan, di Ceylon poi Sri Lanka...).
Ecco allora riprodotte nelle pagine a colori fuori testo, sorgenti presso il quartier generale della Società teosofica ad Ayar, le immagini della Chiesa di San Michele, della Moschea islamica, del Tempio di Zoroastro, del Tempio Sikh... Un modo insieme come si vede concreto quanto e più simbolico di rappresentare l'ecumenismo, da parte di un'istituzione, quella teosofica, "società adogmatica e interreligiosa" senza culto, impegnata anche a studiare "in modo comparato le religioni e i loro simboli" (Foschi, 2012, p. 174).
In realtà De Giorgi non si limita a rilevare il peso che senza dubbio il cattolicesimo ha avuto per tutta l'esperienza della Montessori. Vuol affermare anche una tesi a mio avviso molto discutibile, sostenuta con argomenti poco convincenti, che questo si sia sostituito, con una svolta radicale, al legame col "contesto, con prevalente timbro radical-massonico, che si ricapitolava nei nomi di Talamo - Credaro - Nathan" (De Giorgi, 2013, p.18).
Credo abbia sostanzialmente ragione in proposito Renato Foschi di osservare (Foschi, 2014, pp. 10-11) che "è senz'altro vero che (...) la studiosa avesse una religiosità profondamente influenzata dal cattolicesimo ed è vero che intorno al 1910 lei e le sue allieve, avevano intrapreso", come si è già prima ricordato, "una segreta formazione spirituale presso le FMM di via Giusti a Roma.
"Nello stesso tempo però (...) Montessori mantenne uno strettissimo legame con l'ambiente radical-socialista-massonico per tutto il resto della vita, sia attraverso una costante collaborazione con la Società Umanitaria di Milano, sia soprattutto per i rapporti molto stretti con la famiglia Nathan a Roma sin dai tempi del primo congresso delle donne italiane del 1908, fortemente voluto dal sindaco Nathan che appoggiò, peraltro, la decisione del comune di aprire altre Case dei Bambini al Portico di Ottavia e al Pincio dopo quelle 'private' ben conosciute di San Lorenzo e delle Francescane di via Giusti. Nel 1913, Montessori fu inoltre accolta negli Stati Uniti da un ambiente laico molto simile a quell'asse radical-massonico romano e il 6 dicembre tenne la sua prima conferenza americana nel Tempio Massonico di Washington (!). Nel 1915, per giunta, tornò negli Stati Uniti con Nathan in un viaggio di stato.
"In poche parole, l'esperienza montessoriana è molto complessa (...)".
E più oltre (p. 11): "Maria Montessori aveva certamente un profondo senso religioso, era cattolica, ma a suo modo. Nei suoi scritti troviamo ad esempio l'immagine di un Cristo trasfigurazione del sole con cui Montessori insegna ai bambini i solstizi e gli equinozi (La vita in Cristo, 1931/1949); non credeva inoltre nel peccato originale: il bambino non nasce e con particolari macchie da ripulire o predestinato e soprattutto era educabile".
I buoni rapporti con l'Umanitaria, l'ammirazione di Credaro
A proposito di alcuni punti richiamati da De Giorgi, penso siano poi opportune alcune annotazioni. La simpatia, poi ricambiata, della Montessori per il socialismo umanitario e riformista, manifestata fin dal discorso per l'inaugurazione della seconda romana Casa dei Bambini incluso nella prima edizione de Il Metodo, e continuata poi, in particolare verso l'Umanitaria e "La cultura popolare", almeno fino alla repressione fascista, è felicemente rimasta (cfr. Cives, 2001, pp. 177-188).
La rottura poi, questa effettiva, della "Dottoressa" con l'ingegner Talamo e con il "Maestro delle Mura", educatore e ceramista teosofo Francesco Randone, con cui aveva avviato comuni esperienze educative di cui a Il Metodo del 1909 (si veda al riguardo De Feo, 2011), sembrano non aver carattere generale e riferibili ai loro movimenti di appartenenza, ma da attribuire alla specifica suscettibilità della Montessori di veder salvaguardata l'autonomia del suo metodo, tutelata da ibridazioni e subordinazioni. Aspetto ben rilevato da De Giorgi (De Giorgi, 2013, pp. 29-30) quando osserva che "in realtà Maria Montessori, nel suo impegno educativo, fu sempre 'montessoriana': pronta alle convergenze - senza preconcetti ideologici e, ancor meno, politici - ma ferma in una prospettiva che non poteva mai ridurre il Metodo a tecnicismo didattico, meramente strumentale, fungibile in contesti pedagogici diversi (...): le sue indicazioni pratiche, lo stesso materiale di sviluppo dovevano allora rimanere intrinsecamente legati alla liberazione del bambino dalla tirannia dell'adulto e ad una pedagogia della libertà. Quando questo non le pareva garantito, ogni relazione si rompeva".
Quanto all'interruzione dell'insegnamento universitario, alla "scuola magistrale" e al Magistero femminile di Roma, risulta attribuibile, come già quello per l'attività medica specifica, non a una estromissione d'autorità, ma al bisogno di rispondere alle esigenze delle scuole e dei corsi montessoriani nell'Italia e nel mondo, per cui non potevano più bastare per la Montessori congedi e comandi.
Di un abbandono di Credaro (del quale non risulta d'altronde provata, mi sembra, da lui sempre negata una sua iscrizione esplicita nella massoneria) per la nostra pedagogista non mi pare si possa parlare (cfr. per tutto il rapporto Montessori - "Rivista Pedagogica" - Credaro Cives, 2001, pp. 197-260). Se la sua "Rivista Pedagogica" accolse le famose stroncature di Della Valle e di Zanzi pubblicò pure articoli attenti e disponibili come quelli di Vidari e della Benetti Brunelli e difese esplicite del metodo quali quelle della maestra montessoriana Massa sulla base della sua diretta applicazione, e della Battistelli. Credaro pubblica sulla sua rivista, oltre nel 1930 a 20 suoi aforismi già apparsi a Berlino, nel 1933 il testo della conferenza dell'anno precedente della Montessori su La pace e l'educazione (il primo dei suoi interventi internazio- nali per la pace), sul quale ha già riferito in termini sarcastici Emilio Bodrero a Mussolini. E siamo all'inizio degli anni '30, proprio alla vigilia delle avventure imperialistiche e belliciste del regime (e su tutto il tema dell'educazione alla pace della Montessori si può vedere ad esempio Trabalzini, 2011, e Cives, 1984, pp. 284-296).
A più riprese Credaro sulla rivista e al Senato rivendica di fronte all'invadenza dei fascisti l'appoggio e l'incoraggiamento dati in varie forme e occasioni dall'Italia liberale alla Montessori. Per cui come ho ricordato nel 2001 (Cives, 2001, p. 254) sulla "Rivista Pedagogica" del 1930 si può leggere che "il suo metodo (...) è sì italiano in quanto creato da una illustre italiana, ma pel suo valore intrinseco e scientifico e per la sua essenza è internazionale e umanitario, come il metodo Pestalozzi [il corsivo è nostro]. Da qui l'apprezzamento del mondo intero, e specie nei paesi più disponibili al cosmopolitismo".
Sono importanti, prima la riservata benedizione di papa Benedetto XV, poi i benevoli e positivi apprezzamenti di papa Paolo VI, e quelli ancora di Giovanni Paolo II, si può aggiungere, che addita con Paolo VI "la sensibilità spirituale e femminile insieme - radici dei suoi meriti scientifici - che le aveva consentito la scoperta vitale del bambino e l'aveva portata a costruire su tale base un originale modello educativo" (cfr. A. Sc., 1996). Importanti e significativi, per quanto riguarda il secondo e il terzo pontefice di una accresciuta e crescente disponibilità, con l'av vio di un disgelo verso una studiosa e una pedagogia a lungo bloccate (non senza effetti fin qui e, specie prima, fino alla seconda guerra mondiale) dal sospetto espresso in forma ufficiale (pur come si è detto senza nominare la "Dottoressa") dall'enciclica D.I.M. del 1927 di papa Pio XI: la cui impostazione come abbiam già visto ricordare da De Giorgi (De Giorgi, 2013, p. 56) in effetti "segnò il declino del metodo Montessori nel mondo cattolico italiano".
Un fatto importante: l' interruzione in India dell'educazione religiosa
Circa la questione dell'educazione religiosa per la Montessori un punto fondamentale, accanto a quello dei distinguo già richiamati della D.I.M., è poi la netta attestazione della pedagogista nella quinta edizione de Il Metodo, apparsa col titolo La scoperta del bambino in edizione inglese nel 1948, italiana nel 1950, che questa nella Case dei Bambini è ormai stata abolita. Infatti scrive qui la "Dottoressa" nel modo più esplicito: "L'esperimento di educazione fu ultimamente abolito nelle nostre Case dei Bambini perché esso si riferiva soltanto all'educazione religiosa cattolica, in cui è possibile fare la preparazione attiva per mezzo dei movimenti del corpo e degli oggetti, cioè di esercizi 'materiali', mentre questo non può farsi con altre religioni del tutto astratte" (Montessori, 1950, p. 326).
Augusto Scocchera ha ipotizzato che la vera motivazione di questa importante decisione sia stata di "opportunità pratica", nella considerazione della realtà multiconfessionale indiana, e ha ricordato che Aldo Capitini ha fatto presente che invece "anche le altre religioni si fondano su ricche analogie, di riti e di culto che si prestano ad essere 'materializzate' nei gesti e nei movimenti del bambino" (Scocchera, 1997, p. 159). Per cui la motivazione non gli è parsa sufficiente.
Se dunque non appare per nulla superato il periodo scientifico e laico-radicale delle origini, all'opposto non sembra neppure senza seguito lo stesso suo "periodo 1922-1932, definito periodo confessionale" (cfr. Trabalzini, 2003, p. 205). Sembra piuttosto che ebbe simpatie alterne, e che mai "rinnegò nulla di quello che aveva fatto" (cfr. Foschi, 2012, p. 81). E si anticipa qui il tema della ricerca nella Montessori di "una mediazione continua, agganciandosi a quegli aspetti mai rinnegati del positivismo, della teosofia, del cattolicesimo, ma poi anche del liberalismo" (e si potrebbe aggiungere di fatto, anche se mai nominata, della democrazia) "e del fascismo" (questo solo sì negato e anzi mai accettato sul piano dei principi, diversamente da quello dell'accordo pratico), "che sembravano poter favorire la modernizzazione in ambito educativo" (pp. 14-15).
E qui si inserisce il già ricordato, e più volte citato Renato Foschi, storico della psicologia, che si è particolarmente avvalso lui pure delle carte degli Archivi storici delle suore romane.
La teosofia come denominatore comune?
Foschi in questi ultimi anni si è specialmente dedicato allo studio della Montessori (cfr. Foschi, 2007, 2011a, 2011b; 2014; Alatri, Foschi, 2011), sulla quale ha scritto anche un'agile monografia, ricca di sensibilità didattica (Foschi, 2012).
Foschi sembra propendere per il considerare "probabilmente "la teosofia per la "Dottoressa" come "il più radicale tentativo di mettere insieme, adogmaticamente e sperimentalmente, in un terreno comune positivismo, emancipazione femminile, modernizzazione, liberalismo e ecumenismo" (p. 15). La teosofia avrebbe rappresentato a suo av viso, sempre "probabilmente", come confermerà due anni dopo, "il più radicale e sincretico tentativo di mettere insieme, come minimo comune denominatore, scienza ed emancipazione femminile, modernizzazione e modernità": questo sarebbe l'"unico legame" rimastole in piedi alla fine della vita (Foschi, 2011b, pp. 26-27).
Anche la Schwegman tende a considerare la sostanziale fedeltà della "Dottoressa" ai principi di base della teosofia, attraverso cui le era parso di raggiungere quella "dimensione sconfinata, eterna e non sessuata" che avrebbe costituito "l'ideale che dominò la vita della Montessori". E insieme l'Autrice rileva come l'arrivo in India nell'autunno del 1939 "diede a Maria la sensazione di rientrare nella sua patria spirituale" (cfr. Schwegman, 1999, pp. 8, 111).
Pure Giovanna Alatri, principale intelligente promotrice con l'editore Leonardo de Sanctis delle recenti pubblicazioni, quanto mai acute e anticonvenzionali sulla Montessori di Fefè Editore, tra cui in primo luogo quel La cura dell'anima di Maria Montessori a cui ci siamo ampiamente riferiti (de Sanctis, 2011), ha osservato con Foschi che "è possibile ipotizzare che l'esperienza indiana con il lavoro in un ambiente culturale e spirituale nuovo e l'approfondimento del 'piano cosmico' possano aver dato a Montessori il senso del superamento della prospettiva confessionale" (Alatri, Foschi, 2011, p. 129).
In effetti il periodo di permanenza in India (1940-1946, 1947-1949), presso il quartier generale dei teosofi, con la presenza e la collaborazione intelligente, dinamica e affettuosa del figlio Mario (su di lui cfr. anche Cives, 2010), deve essere stato con la sua serena operosità e la festosa accoglienza con cui veniva ricevuta uno dei più felici e realizzati della vita della Montessori. Era veduta, riporta la Giovetti (Giovetti, 2005, p. 108), "come una divinità madre, con una missione da compiere".
In un articolo, così la Giovetti (p. 110), Mario Montessori ha ricordato che sua madre "era ritenuta una sorta di profeta. Certi Hindus e Teosofi la consideravano la reincarnazione di qualche grande maestro religioso del passato. Ovunque eravamo trattati con il rispetto e la generosa ospitalità accordati ai guru. Lei era considerata una Maestra ispirata da Dio, venuta a rivelare le potenzialità mentali e spirituali dell'infanzia e a mostrare attraverso di esse il modo di redimere l'umanità - e io il suo devoto apostolo. Ovunque andassimo, la dottoressa Montessori era considerata una benedizione che entrava nella casa". Si comprende come in quest'ambiente favorevole e incoraggiante di fiducia e di gioia, sostenuta organizzativamente e anche editorialmente dalla Società teosofica, abbia potuto sviluppare prospettive nuove, come quella, pur già anticipata nel breve soggiorno inglese, del "piano cosmico" del raccordo tra gli uomini e tra questi e la natura, con il "mantenimento dell'armonia del tutto attraverso rapporti di reciprocità" e integrazione, inserendo il bambino in modo attivo "nel grande spettacolo dell'evoluzione naturale e umana di cui è parte" (Trabalzini, 2011, p. 120). È in India che la "Dottoressa" sviluppa studi nuovi sul neonato e scopre le estreme potenzialità della inconscia "mente assorbente" dell'infanzia, su cui pubblica nel 1949 appunto The absorbent mind (Montessori, 1952), probabilmente il secondo libro per importanza da lei prodotto.
Viene da chiedersi a questo punto: allora la Montessori divenne da ultimo compiutamente teosofa? Per nulla affatto. "Della Società teosofica", scrive la Giovetti (p. 40), "Maria Montessori accettò certamente il suo operare per un'umanità senza distinzione di razza, di credenza, di sesso, di casta o di colore. Non accettò però altri aspetti, per esempio la fede nella reincarnazione, e del resto del cattolicesimo, dal quale non si staccò mai, non accettò il concetto di peccato originale e quello di un'autorità che premia e castiga".
Se c'è dunque una Montessori particolarmente vicina alla teosofia, cui ha guardato con simpatia fin da quando era non ancora trentenne, specie come si è visto nel periodo indiano, la "Dottoressa" non si è esaurita in tale filosofia religiosa, e non si è mai staccata dal cattolicesimo, pur rivivendo l'una e l'altro a modo proprio. Anche chi ha avvertito la accentuata simpatia montessoriana, specie negli anni '40, per la dottrina di Ayar, non ha dimenticato le caratteristiche multilaterali, dialettiche e appunto complesse della Montessori, che dal loro intrecciarsi e stimolarsi reciproco, unite con altri filoni ed esperienze, ha ricavato stimolazione positiva e arricchimento.
Così lo stesso Foschi ha messo in evidenza che con la sua "vivacità complessa" e "umanità profonda", "vi sono almeno una Montessori medico, una psichiatra, una pedagogista, una laica e attivista per l'emancipazione femminile, una imprenditrice, una teosofa e infine una cattolica praticante e leader carismatica" (Foschi, 1911a, p. 5).
E allo stesso modo ha ribadito (Foschi, 2012, p. 14), che "Maria Montessori è stata un medico, uno psichiatra, un antropometrista (...), una 'esperta' di psicologia sperimentale, una pedagogista, un politico" (anche se il senso di ciò richiederebbe chiarimenti), "una femminista, una teosofa, una laica, una cattolica. Lo scienziato Montessori ha sintetizzato, da ognuna di queste 'nascoste' e, per certi versi, contrapposte personalità, elementi che ritroviamo nelle sue applicazioni pedagogiche e nel suo metodo".
Ma la scoperta e l'educazione del bambino sono il suo vero ancoraggio
Ma è qui, nella sua pedagogia e nel suo metodo, il vero approdo e l'unificazione costruttiva del suo pensiero e della sua opera, il suo impegno insieme teorico e concreto per la costruzione, ad usare il suo linguaggio dell'"Uomo Nuovo", attraverso l'emancipazione e il sostegno positivo del Bambino Nuovo.
Qui si saldano la originale elaborazione scientifica e la personale ricerca spirituale della Montessori. Una scienza da un lato in libera evoluzione, nel confronto personale con gli sviluppi anche più avanzati della scienza moderna, e che passa come vedevamo dalla antropologia di Sergi all'antropologia pedagogica che guarda al superamento ottimistico dei vincoli del determinismo, dalla psicologia clinica e della pedagogia emendativa di Itard, Séguin, Bourneville all'evoluzionismo di Lamarck, dal neoevoluzionismo di De Vries e Naegeli alla psicoanalisi di Adler, anticipando gli sviluppi nuovi dell'ecologia, dello strutturalismo (cfr. tra l'altro Fornaca, 1995; Cives, 1984, pp. 261296; Laeng, 1997).
Dall'altro lato un impegno spirituale che muovendosi liberamente tra cattolicesimo e teosofia e utopia cosmica vuole affermare fiducia nelle potenzialità immense e non valorizzate dell'umanità intera e sostenere così nella realtà della società la personalità fin lì mortificata della donna, la figura fino ad allora umiliata ed esclusa dell'handicappato, bambino in particolare, il tesoro in gran parte inconscio per lo più ignorato e anzi ostacolato, suscettibile di una espansione originale e quasi infinita, della mente del bambino, e con questa, indissolubili, dei poteri del suo corpo, e in primo luogo dei suoi sensi, con la loro attività.
Tutto questo unito, indagine della scienza e esperienza della spiritualità, trova nella Montessori il suo punto di raccordo, di valorizzazione piena e di rilancio, come rilevato, nella sua pedagogia e nel suo metodo educativo, specie dell'infanzia, che supporta nel suo cammino di libertà una prospettiva ideale di emancipazione e riscatto a una pratica concreta educativa non coercitiva e condizionatrice ma capace di promuovere e sostenere per vie indirette un intero processo di crescita illimitata e di autoeducazione.
Spirito montessoriano di libertà. Ben av vertiva con straordinaria acutezza nel 1952 don Sturzo, che già dai primi anni Venti si era interessato in Sicilia pur senza successo per la sua diffusione, come la mancanza di libertà e l'uniformità del nostro insegnamento avessero in Italia reso così difficile la diffusione del metodo Montessori. E aggiungeva che "forse c'è di più: una diffidenza verso lo spirito di libertà e di autonomia della persona umana", che è alla sua base (cfr. Scocchera, 1990, pp. 151, 210; Scocchera, 1997, pp. 179-180; Cives, 2009, pp. 45-46; De Giorgi, 2013, pp. 21, 99-100).
Specificità montessoriana. È stato più volte ricordato che quando le si chiese se era teosofa rispose: "Sono montessoriana". Non era, sono convinto, una risposta elusiva e di cortesia, per non scontentare qualcuno. La risposta era sincera. La Montessori rivendicava la sua indipendenza e originalità. Al cui centro era la sua conoscenza fiduciosa e positiva del bambino e la costruzione di un metodo adatto ad "ingrandirlo" stimolando senza la seduzione e la violenza dei premi e dei castighi, senza coercizione ad accrescere, a sviluppare le sue potenziali sconfinate capacità.
Qui, ripeto ancora, il nocciolo, qui l'originalità decisiva dell'insegnamento della Montessori. Per il quale a ragione è stato scritto che "dalle sue opere emerge (...) che era sicuramente pacifista, antidogmatica, con un forte senso della propria e dell'altrui libertà. Voleva cambiare il mondo con un'educazione a misura del bambino. Questo sembra il suo messaggio più veritiero" (Foschi, 2014, p. 2, il corsivo è mio).
Con la sua straordinaria capacità intuitiva precisava già nel 1952 Luigi Volpicelli, di cui mi onoro di esse stato scolaro e collaboratore, che "c'è (...) una Montessori positivista (prima edizione de La Pedagogia Scientifica e scritti precedenti), c'è una Montessori idealista (la terza edizione de La Pedagogia Scientifica e L'Autoeducazione)", (ma qui avanzerei qualche perplessità), "ce n'è una cattolica, ce n'è un'ultima che chiamerei del dopo-guerra '44, umanitaria e pacifista, ma in tutte queste trasfigurazioni è sempre lei Maria Montessori del bambino" (Volpicelli, 1957, p. 87, il corsivo è mio, cit. in Trabalzini, 2003, p. 232).
È alla risoluzione del problema dell'educazione liberatrice del bambino che si rapportano e motivano, prendendone senso, tutti gli incontri scientifici, culturali, sociali e spirituali della Montessori (e abbiam visto che non sono pochi). È la Montessori del bambino la vera, l'autentica Montessori. Qui la sua specificità, qui la sua stimolante attualità.
L'"educazione dilatatrice" la posizione più avanzata e sintetica della Montessori.
Ho seguito con forse eccessiva attenzione scrupolosa, mirando a promuovere la loro consultazione e il loro confronto quanto più diretti e dando direttamente ad essi quanto più possibile la parola, alcuni penetranti studi recenti su Maria Montessori, che in vari casi si sono avvalsi anche nel modo più specifico dei documenti degli Archivi delle suore FMM e MS. Da questi si sono potute ricavare la conoscenza più approfondita della componente cattolica della sua esperienza e il senso accresciuto di quella complessità della Montessori, da cui ho preso le mosse.
La cattolicità, mai interrotta, della "Dottoressa" mi è parso sia risultato che sia una componente mai smentita. Del resto non va dimenticato che una "costola" di educazione montessoriana, inventiva pur se insieme ortodossa, si è staccata, facendosi autonoma, dal ceppo montessoriano. Così, "a testimonianza della problematicità e complessità della pedagogia montessoriana, ispirandosi al suo libero sviluppo, è sorto dopo la seconda guerra mondiale, promosso in Italia per iniziativa di Costa Gnocchi, Sofia Cavalletti e Gianna Gobbi, il movimento per il metodo di formazione religiosa, per bambini, ragazzi, adolescenti, impiegando la Bibbia e la simbologia liturgica con la discreta mediazione del catechista in un ambiente attrezzato. L'indirizzo è cattolico, ma con iniziative interreligiose. Il movimento si intitola catechesi della 'Parabola del Buon Pastore'" (Cives, 2009, pp. 28-29).
Se però quella componente cattolica non va dimenticata (e tutti questi studi sono avvalsi a vederne meglio, nelle sue ondulazioni, il peso e la rilevanza), questa non credo neppure vada isolata e sottratta al dinamico confronto, e la compresenza, con le altre esperienze montessoriane. Da qui appunto l'accresciuta consapevolezza della complessità della Montessori, vissuta in un periodo di profonde trasformazioni politiche, culturali, morali. Verso di queste la "Dottoressa" si conferma che ha saputo guardare con originalità, muovendosi a liberarsi con genialità - pur non senza contrasti, dialetticità, contraddizioni da mediare, però mai rinunziando alla propria specificità - dalle chiusure del passato, e aprirsi ad un più libero futuro, ancora in via di attuazione.
In tutto questo si è visto come il suo ancoraggio e il suo più ricco apporto è stato lo sviluppo di una nuova e più fiduciosa conoscenza del bambino e di una pedagogia che "ingrandisce" e "di vastità", come l'ha voluta definire, proprio nel periodo indiano, "pedagogia dilatatrice", sviluppata soprattutto in Formazione dell'uomo nel 1949 (Montessori, 1993), in cui maturano col più grande respiro e si espandono le radici già poste da lei in precedenza (e sulle anticipazioni relative, specie quelle dell'educazione del 1926 de Il Metodo, cfr. Trabalzini, 2003, pp. 190-193, 222 nota).
La pedagogia e il metodo, è stato osservato, sono il punto di raccordo di tutta la ricerca e operosità della Montessori. E queste credo appunto si esprimano meglio nella prospettiva della "educazione dilatatrice" per cui "si corregge solo dilatando" (Montessori, 1993, p. 50) e che penso costituisca, a torto poco considerata, la formulazione più avanzata, ispirata e universale del suo pensiero, vicina anche alle speranze di ricostruzione del secondo dopoguerra, dopo l'avvenuta catastrofe.
Con l'"educazione dilatatrice" "si tratta di ingrandire il mondo in cui languisce oggi il fanciullo", di "liberarlo da catene che gli impediscono di avanzare", di "moltiplicare alla sua portata i motivi di interesse che soddisfino più profonde tendenze sepolte nell'animo", di "invitare a conquistare nell'illimitato anziché reprimere i desideri di possedere ciò che posseggono i vicini". In sintesi si tratta di indirizzare "all'idea alta del mondo e del destino individuale" (p. 51).
Osservavo nel 2008 (Cives, 2008, pp. 9-10) che nel programma dell'"educazione dilatatrice", "oltre i livelli ristretti dell'individualismo e del possesso, del dominio e oggi diremmo del 'consumismo', v'è un'alta, appunto, vasta proposta educativa. Si tratta di formare alla 'grandezza': è in questo cammino che si annullano e si superano i contrasti, i limiti, gli interessi banali e ristretti e si costruisce un degno livello di umanità. Va notato che in questa prospettiva si supera l'idea di realizzare compiti sia pur nobili, stabili e predestinati dalle leggi della natura, con una visione finalistica, pur qualche volta presente nella riflessione montessoriana, ma si schiude un cammino e un impegno creativo inesauribile anche senza respingere le norme che si è data la società umana. Qui si punta alla costruzione, a cui la Montessori aveva cominciato a guardare fin dall'inizio del Novecento, attraverso un Bambino Nuovo, di un Uomo Nuovo e di un Mondo Nuovo, in una larga prospettiva cosmica".
Come si vede torna il punto di partenza, ma qui potenziato dalla sempre più radicata fiducia nelle illimitate capacità creative del bambino, con una intonazione utopica ma insieme realistica, per la concretezza delle realizzazioni educative via via realizzate. Sono tanto quella fede nell'infanzia che queste ultime che continuano a costituire le ragioni del fascino del "metodo" e del pensiero educativo della Montessori che l'ha sorretto. Tanto geniale quanto complessa e sui generis.
Allora Montessori tra scienza e spiritualità. E aggiungeremo: laicità. Tutto questo si può dire infatti che è svolto in una chiave laica distintiva: nel senso di costante salvaguardia della libertà della sua ricerca, e soprattutto dell'obiettivo decisivo della libertà da promuovere attraverso l'educazione salva da coercizioni esterne restrittive che intacchino e invalidino la fiducia positiva nella verità emancipatrice, e della "dilatazione" infinita e "in direzione cosmica" del bambino, compreso e "aiutato a fare da sé". E attraverso di lui dell'uomo.
Per il progetto utopico di un mondo felice di armonia, e collaborando per "la liberazione di tutta l'umanità" (Montessori, 1993, p. 23).
Has Maria Montessori an religious horizon? Yes, she have, but it's laic and cosmic. It's tied to her scientific education and to the cultural context in which she lived.
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Has Maria Montessori an religious horizon? Yes, she have, but it's laic and cosmic. It's tied to her scientific education and to the cultural context in which she lived.
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