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Ero e Leandro. Tragedia lirica in due atti di Arrigo Boito, a cura di Emanuele d'Angelo, prefazione di Grazia Distaso, Bari, Palomar, 2004 («Skené», 4), 199 pp.
Col presente volume Emanuele d'Angelo fornisce l'edizione della prima redazione del libretto di Ero e Leandro, compiuta entro il maggio 1871 e basata sull'autografo, finora inedito, conservato nel fondo Boito dell'Istituto per la Musica della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Il curatore, non nuovo a temi boitiani, si muove con sicurezza nei mold livelli di lettura del testo, fornendone ampio saggio sia nel ricchissimo e puntuale commente a pie di pagina, che dà generosamente conto dei fatti intertestuali, stilistici, retorici e metrici del libretto, sia nella lunga introduzione (Il "Tristan und Isolde" di Boito, pp. 15-90). Qui d'Angelo sottolinea, tra le altre cose, sia la circulantà di rimandi all'interno delle opere boitiane, sia i due livelli di lettura di Ero e Leandro («il livello diegetico, già di per sé ricco di significazioni molteplici, e quelle simbolico, che rinvia al ritratto di Boito massone e alchimista»: così Grazia Distaso nelk prefazione, p. 10), per evidenziare infine la contraddizione di fondo che anima l'attività del librettista, diviso tra docta varietas e facile (o trita) cantabitità.
In effetti, setacciata attentamente la lingua dell'opera e lasciad andare tutti i sedimenti del genere, rimangono alcune rarità che, osservate da vicino, cospirano nel testimoniare questa contraddizione e insieme l'aspirazione a superaria. È il caso di forme come naqui 306 e aqua 379: si penserà, d'emblée, a vezzi grafici latineggianti di moda gherardiniana; ma suggerisce di motivare diversamente queste scelle la ricorsività d'altri analoghi preziosismi sparsi lungo il testo, come innanzitutto, a breve distanza l'uno dall'altro, pletro 110 e scetrato 107 (quest' ultimo hapax assoluto in poesia, almeno per quel ch'è...