Abstract. La Sentenza del Consiglio di Stato del 3 giugno 2011 ha ribadito alcune limitazioni all'attività di progettazione svolta dall'Università, più restrittive di quelle già formulate da altri Organi giurisdizionali. Le motivazioni della Sentenza indicano, tuttavia, alcune modalità che l'Università può adottare per applicare a casi reali le proprie ricerche, particolarmente nel campo dell'architettura. La fornitura ad una P.A. di servizi, anche di progettazione, risulta ammissibile sia se erogata in forma diretta nel quadro di accordi di cooperazione pubblico-pubblico, sia se svolta tramite la costituzione da parte dell'Università di società che operano a favore di Enti pubblici secondo la formula "in-house". Ma sempre a condizione che le attività oggetto di collaborazione siano strettamente funzionali ai compiti istituzionali dell'Università, quindi dotate di una robusta componente di ricerca scientifica.
Parole chiave: Università, Servizi di progettazione, Concorrenza, Ricerca, Pubblica Amministrazione
Con la Sentenza n.10 del 3 giugno 2011, il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha concluso la lunga e controversa vicenda legata alla costituzione di una società ad hoc, creata nel 1995 dall'Università IUAV di Venezia per svolgere servizi di progettazione.
Accogliendo parte delle contestazioni mosse da numerosi Ordini professionali di Ingegneri ed Architetti di diverse province del Veneto, la Sentenza del Consiglio di Stato ha escluso che un'Università pubblica italiana possa costituire «una società commerciale di engineering senza prevedere limiti puntuali che ne garantiscano la stretta strumentalità rispetto ai fini istituzionali dell'Università, [cioè]:
(i) una stretta connessione tra l'oggetto sociale e le finalità istituzionali dell'Università;
(ii) adeguati meccanismi per assicurare la strumentalità, quali la previsione di una precisa definizione della missione della società in ordine al tipo di progetti da svolgere (...purché inerenti a opere che [pongano] problematiche proficue per la ricerca e la didattica), la previsione che la società [impieghi] esclusivamente docenti e studenti universitari, ovvero neolaureati entro un limite temporale massimo e la previsione delle modalità di impiego di tali soggetti;
(iii) adeguati strumenti di controllo da parte dei soci sull'operato della società;
(iv) la destinazione degli utili ai fini istituzionali dell'Università;
(v) l'esclusione dell'ingresso di soci privati»1.
A sostegno di questa posizione, la Sentenza osserva che la costituzione, da parte di un ente pubblico, di una società commerciale che «operi sul mercato, in concorrenza con operatori privati, e accettando commesse sia da enti pubblici che da privati [...] necessita di previsione legislativa espressa, e non può ritenersi consentita in termini generali, quanto meno nel caso in cui l'ente pubblico non ha fini di lucro [...]». Al fine, tra l'altro di «evitare che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali»2.
Molti dei commenti che ne hanno immediatamente seguito la pubblicazione3 sostengono che questo pronunciamento produca effetti ben più estesi di quelli che investono direttamente lo IUAV e impedisca di fatto la partecipazione delle Università a gare per l'affidamento di appalti pubblici di servizi di progettazione. Benché la complessità del tema avrebbe forse suggerito valutazioni più prudenti (e qualche approfondimento supplementare sotto il profilo giuridico)4, le articolate argomentazioni su cui si fonda la sentenza - si osserva - sanciscono interpretazioni più restrittive di quelle formulate in precedenza sulla stessa materia da altri Organi giurisdizionali5 e le motivano in modo da prevalere su di esse, fissando così un limite invalicabile. Limite che viene ovviamente accolto con molto favore da Ordini Professionali e Società di ingegneria, ma che in sostanza viene considerato giustificato ed opportuno anche da altri Operatori del settore, fra cui Confindustria e ANCE6.
Tuttavia, mentre le limitazioni che la Sentenza impone all'attività di progettazione svolta dalle Università sono ampiamente sottolineate, molto più evasivi, invece, sono i commenti che investono altre parti del pronunciamento del Consiglio di Stato, in particolare quelle da cui è possibile ricavare 'in positivo' le formule che l'Università può adottare per applicare a casi reali le proprie ricerche, particolarmente nel campo dell'architettura.
Dal punto di vista dell'Università questo aspetto è, al contrario, il più interessante, poiché permette di individuare un quadro giuridico agibile, entro cui collocare «la pratica del progetto nella Scuola [che] può costituire un campo di sperimentazioni di grandi potenzialità per la qualificazione della didattica, con la possibilità di incrementare il carattere professionalizzante dei corsi di studio [avvicinando] l'università italiana ai livelli europei più avanzati»7.
Sullo sfondo del contenzioso fra IUAV e Ordini professionali del Veneto, infatti, si manifesta un conflitto non risolto fra almeno tre valori riconosciuti come socialmente rilevanti e perciò tutelati dalla Legge: da un lato, l'interesse ad una concorrenza aperta ed efficace fra i partecipanti ai pubblici appalti, che permetta all'Amministrazione di ottenere i migliori servizi di progettazione alle condizioni più favorevoli. Dall'altro, una Scuola pubblica capace di offrire formazione di alta qualità, che produca professionisti competenti, aggiornati e ben addestrati a svolgere i loro compiti. E, infine, a corollario di questo secondo, anche l'interesse della collettività a salvaguardare «le Università quali sedi primarie della ricerca scientifica» nelle quali «l'attività di ricerca e consulenza, anche se in favore di enti pubblici, non può essere indiscriminata [...] ma deve essere strettamente strumentale alle finalità istituzionali dell'Ente, che sono la ricerca e l'insegnamento, nel senso che giova al progresso della ricerca e dell'insegnamento, o procaccia risorse economiche da destinare a ricerca e insegnamento»8.
In una situazione tanto complessa, individuare le condizioni che consentano di svolgere queste attività in forme compatibili con il quadro normativo costituisce certamente una priorità.
Fra le soluzioni che emergono come praticabili, quella della costituzione, da parte delle Università, di società destinate a svolgere attività a favore di Enti pubblici secondo la formula in-house viene segnalata dalla stessa sentenza del Consiglio di Stato come ammissibile.
«La costituzione di società per il perseguimento dei fini istituzionali propri dell'ente pubblico è generalmente ammissibile se ricorrono i presupposti dell'in-house (partecipazione totalitaria pubblica, esclusione dell'apertura al capitale privato, controllo analogo, attività esclusivamente o prevalentemente dedicata al socio pubblico), [formula] che è in sé un modulo organizzativo neutrale, che rientra nell'autonomia organizzativa dell'ente, con il limite intrinseco che ogni forma organizzativa è sempre e necessariamente strumentale al perseguimento dei fini istituzionali dell'ente medesimo [...]»9.
E forme di cooperazione fra Università e altre Amministrazioni erano la soluzione preferita anche dalla CRUI, nelle "Osservazioni" formulate durante la sua Audizione presso l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture del 7 luglio 2010, in merito alle "Problematiche relative alla partecipazione alle gare di cui al D.lgs. n. 163/2006 delle Università e degli istituti similari"10.
In quel'occasione, la Conferenza dei Rettori era l'unico fra gli Organismi consultati sul tema dall'Autorità di Vigilanza che segnalava come inappropriata la partecipazione dell'Università a gare di appalto, sostenendo invece che «[...]la logica della concorrenza, che fonda i vincoli comunitari relativi alle procedure di aggiudicazione tramite gara degli appalti pubblici, è estranea alla dimensione della collaborazione tra Università e pubblici poteri volta alla promozione della ricerca scientifica e tecnica. [...] In questa prospettiva, la stipulazione di accordi o convenzioni tra le Università e gli enti pubblici è strumento che consente sia di garantire alle Università risorse preziose per svolgere i propri compiti di ricerca, sia di trasferire ai partners pubblici i risultati e i benefici della ricerca universitaria, affinché quest'ultima contribuisca a realizzare il progresso sociale, culturale, economico e civile della collettività»11. «Il problema della possibilità delle Università di partecipare alle gare d'appalto o di concessione in competizione con operatori economici privati, infatti, comunque venga risolto, non può determinare come conseguenza, neppure mediata, la compressione dei principi fondamentali del diritto interno e comunitario in materia di piena legittimità della cooperazione pubblico-pubblico, quale modello radicalmente alternativo (e non eccezionalmente derogatorio) rispetto al modello dell'esternalizzazione con appello alla concorrenza tra gli operatori economici»12.
In questa prospettiva, la lettura combinata della Sentenza del Consiglio di Stato del 3 giugno 2011 e delle Osservazioni della CRUI all'AVCP di luglio 2010 sembrano delineare «l'accordo di collaborazione [come] uno strumento ottimale per perseguire e conseguire contemporaneamente sia i fini pubblici attribuiti dall'ordinamento alle Università (con particolare riguardo allo svolgimento della ricerca scientifica), sia i fini pubblici attribuiti dall'ordinamento alle altre PP.AA. stipulanti (le quali si giovano dei risultati della ricerca per affrontare questioni o risolvere problemi essenziali rispetto ai propri compiti istituzionali)»13.
Il che permette di individuarlo come un assetto procedurale ed organizzativo adeguato a contenere le attività di ricerca delle Università a favore di altre Pubbliche Amministrazioni14, attività fra le quali si collocano anche quelle che abbiano come oggetto «la ricerca progettuale su problematiche complesse, basata sull'integrazione di conoscenze e sull'apertura pluridisciplinare, con finalità di innovazione e di sperimentazione [...], impegnando i singoli docenti e la comunità scientifica su vari livelli, dai programmi di fattibilità all'attività di progettazione alle diverse scale di intervento»15.
Le forme di questa collaborazione possono probabilmente essere molteplici e vedere come protagonisti sia direttamente i Dipartimenti universitari, come già ampiamente e frequentemente sperimentato16, sia nuove entità giuridiche ed organizzative, costituite ad hoc dalle Università anche in forma societaria, purché con le caratteristiche che le riconducano senza ambiguità al modello delle società inhouse come delineato dal Consiglio di Stato.
All'interno di questo schema operativo, un'ultima, ma non marginale, questione da risolvere riguarda la natura delle attività oggetto di collaborazione. Per dare coerente solidità al modello, le prestazioni svolte a favore di terzi da parte del'Università devono essere strettamente funzionali ai sui compiti istituzionali, e quindi caratterizzarsi inequivocabilmente come dotate di una robusta componente di ricerca scientifica.
Sarà necessario, cioè, fornire documentata evidenza del fatto che la collaborazione che si intende realizzare ha la finalità di «mettere alla prova, secondo il metodo scientifico sperimentale, la tenuta e la declinazione delle conoscenze teoriche generali elaborate in sede di ricerca di base, verificandole rispetto a problemi reali e concreti di particolare complessità, anche al fine di trasferire la ricchezza della conoscenza dalla sede astratta del pensiero alla creazione di innovazione e progresso nel tessuto sociale, economico, civile e culturale»17.
Perciò, non basterà dichiarare genericamente che «l'attività progettuale svolta all'interno dell'università si configura come ricerca»,18 senza fornire caso per caso solidi argomenti a sostegno di questa affermazione19. Sarà necessario, invece, selezionare attentamente le tematiche su cui le Facoltà di architettura possono fornire ad altre Pubbliche amministrazioni consulenze qualificate, privilegiando quelle in cui gli elementi di innovazione, e quindi la componente di ricerca che caratterizza la prestazione fornita, possono essere dimostrati tramite indicatori obiettivi e circostanziati.
Alcuni ambiti consentono più facilmente di identificare nella consulenza fornita dall'Università una significativa dimensione di ricerca applicata. Ad esempio:
- lo sviluppo e la sperimentazione di sistemi costruttivi, materiali e componenti innovativi
- lo sviluppo e la sperimentazione di modelli di processo non convenzionali e delle relative procedure
- la pianificazione urbanistica e la progettazione architettonica di interventi dotati di standard prestazionali particolarmente elevati, ad esempio in materia di risparmio energetico e di sostenibilità, attestati tramite sistemi di rating internazionalmente riconosciuti
- il supporto alla formulazione di bandi di gara per appalti di progettazione, la partecipazione a commissioni giudicatrici.
Ulteriori ambiti potranno certamente essere individuati, a condizione che l'apporto dell'Università si configuri effettivamente come «ricerca progettuale su problematiche complesse, basata sull'integrazione di conoscenze e sull'apertura pluridisciplinare [...]»20.
NOTE
1 CdS, Sentenza 03-06-2011, n.10 (Adunanza plenaria), Punto 37.
2 CdS, Sentenza 03-06-2011, n.10 (Adunanza plenaria), Punto 34.
3 Fra gli altri: Andrea Mascolini, "Atenei, il cds blocca le attività commerciali. Il Consiglio di stato limita i casi in cui le università possono agire sul mercato come operatori economici", Italia Oggi, 10.06.11; Roberto Mangani, "Progettazione - Sentenza consiglio di stato n. 10/2011. Alt ai progetti firmati dalle Università", Edilizia e Territorio - Norme e Documenti, n. 24, 20/25.06.11; Massimo Frontiera, "Ateneo-progettista, no da Palazzo Spada. Professionisti soddisfatti della sentenza del Consiglio di Stato. I giudici dicono stop alle università attive nel mercato dei servizi. Esultano Oice e gli Ordini di ingegneri e architetti: «Era concorrenza sleale»", Edilizia e Territorio - Progetti e Concorsi, n. 24, 20/25.06.11; Camillo Romandini, "In house o out? Professioni vs Università", Il giornale dell'Architettura, anno 10, n.97, agosto-settembre 2011, pag.1.
4 A dispetto delle sintesi giornalistiche, su molti risvolti della questione esaminata la decisione del Consiglio di Stato appare decisamente meno tranciante. Vi si afferma ad esempio che: «Entro i limiti [...] di stretta strumentalità rispetto alle finalità istituzionali dell'Ente, che sono la ricerca e l'insegnamento, deve ammettersi che l'Università possa agire quale operatore economico nei confronti di committenti pubblici (o ad essi equiparati ai sensi del d.lgs. n. 163/2006), non solo in via diretta, ma anche mediante apposita società» (CdS, Sentenza 03-06- 2011, n.10 (Adunanza plenaria), Punto 34.7).
5 Due precedenti risultano particolarmente rilevanti in questa materia. Il primo è la Sentenza del 23 dicembre 2009 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Procedimento C-305/08: Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) contro Regione Marche) che stabilisce che «gli Stati membri possono autorizzare o meno determinati soggetti quali le Università e gli studi di ricerca che non hanno fini di lucro, ma sono volti principalmente alla didattica e alla ricerca , a operare sul mercato in funzione della compatibilità di tali attività con i fini istituzionali e statutari», e su questa base li ammette a partecipare a gare, anche se privi di una struttura di impresa, non operino regolarmente sul mercato e beneficino di sovvenzioni pubbliche. Il secondo è la conseguente Determinazione (n.7 del 21.10.2010) con cui l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture ha modificato in parte propria precedente Determinazione 179/2002, ammettendo che, in una gara di affidamento di progettazione di lavori pubblici, la stazione appaltante possa accettare offerte anche da una Università, in applicazione del principio di concorrenza nelle gare sancito dalla normativa europea sui pubblici appalti, a prescindere dal fatto che l'Art.34 del D.lgs 163/2006 non menzioni l'Università tra i soggetti che possono partecipare alle gare per contratti pubblici.
6 In vista dell'audizione del 7 luglio 2010, l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (AVCP) ha realizzato un'ampia consultazione presso diversi Operatori economici ed Istituzionali in merito all'interpretazione dall'articolo 34 del D.lgs. 163/2006 ("Codice degli Appalti"), per quanto attiene la possibilità di partecipazione alle gare delle Università e degli istituti similari. L'interessante rassegna dei pareri formulati, insieme al documento d'inquadramento predisposto dall'Autorità stessa e posto a base della consultazione, è consultabile sul sito dell'AVCP: http://www.avcp.it/portal/public/classic/Comunicazione/ConsultazioniOnLine/_ consultazioni?id=266f42c30a7780a500625a57854eb8ef
7 "Fare e Insegnare architettura in Italia", documento conclusivo del Forum Docenza e pratica del progetto, organizzato dal Coordinamento Nazionale Progettazione Architettonica dei settori s.d. Icar 14-15-16, Ischia, 8 e 9 Aprile 2011 (punto 5).
8 CdS, Sentenza 03-06-2011, n.10 (Adunanza plenaria), Punti 34.5 e 34.7.
9 CdS, Sentenza 03-06-2011, n.10 (Adunanza plenaria), Punto 34.
10 Osservazioni della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) sul documento di base "Problematiche relative alla partecipazione alle gare di cui al D.lg. n. 163/2006 delle Università e degli istituti similari". Audizione presso l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture svoltasi in data 7 luglio 2010. [http://www.avcp.it/portal/public/classic/Comunicazione/ ConsultazioniOnLine/_consultazioni/_allegatoConsultazione?idAllegato=76c2 36010a7780a50161d4482b2042fc]
11 Ibidem.
12 Ibidem.
13 Ibidem.
14 «L'art. 15 della L. 241/1990 rappresenta una disposizione di legge di carattere generale che consente ad una pubblica amministrazione di concludere un accordo, senza necessità di esperire procedure di evidenza pubblica, con un'altra pubblica amministrazione, al fine di disciplinare lo svolgimento di "attività di interesse comune". La giurisprudenza amministrativa, interpretando l'art. 15, ha affermato una serie di principi e regole [...], in particolare che: "stante la comunione di interessi che è alla base degli accordi di collaborazione tra Amministrazioni previsti dall'art. 15 L. 241/1990, non sono applicabili, per la conclusione degli accordi stessi, le regole sulla scelta del contraente previste dalle norme sulla contabilità di Stato" (Cons. Stato, Sez. I, 17 aprile 1996, n. 3670)» (Osservazioni della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, cit.).
15 "Fare e Insegnare architettura in Italia", cit., punto 5.
16 L'Art. 66 del D.P.R. n. 382/1980, prevede che «Le Università, purché non vi osti lo svolgimento della loro funzione scientifica didattica, possono eseguire attività di ricerca e consulenza stabilite mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati. L'esecuzione di tali contratti e convenzioni sarà affidata, di norma, ai dipartimenti o, qualora questi non siano costituiti, agli istituti o alle cliniche universitarie o a singoli docenti a tempo pieno».
17 Osservazioni della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, cit.
18 "Fare e Insegnare architettura in Italia", cit., punto 4.
19 Il documento introduce anche un secondo argomento, che postula una sorta di "automatica" attribuzione di valenza scientifica all'attività progettuale svolta dai docenti universitari. «I docenti universitari devono poter svolgere ricerca applicata relativa al proprio campo disciplinare. Per i docenti dei settori s.d. Icar 14, 15 e 16 la pratica del progetto è parte della ricerca e quindi condizione irrinunciabile per l'approfondimento e lo sviluppo della produzione scientifica, per l'aggiornamento tecnico e didattico, per la piena partecipazione al dibattito sull'architettura». ("Fare e Insegnare architettura in Italia", cit., Premessa).
Così formulata, l'asserzione si presta a fin troppo facili contestazioni, se non viene corredata da specifiche indicazioni sugli scopi e i metodi della ricerca che viene condotta.
20 Ivi, punto 3.
Universities and planning activities
Abstract. The Council of State Decision of 3 June 2011 reiterated some limitations on planning activities carried out by the University, more restrictive than those already formulated by other courts. The grounds for the Decision, however, indicate some methods that the University can adopt in order to apply its research to real cases, particularly in the field of architecture. The provision of services, including planning, to a PA is acceptable both if provided directly within the framework of public-public cooperation agreements and if conducted through companies, set up by the University, that work for public bodies in accordance with the "in-house" model. With the provision, however, that the collaboration activities are strictly functional to the University's institutional responsibilities, and therefore that they have a strong scientific research component.
Key words: University, Planning services, Competition, Research, Public Administration
Decision No. 10 of 3rd June 2011, issued by the Plenary Sitting of the Council of State, brought the long drawn-out and controversial business of setting up the hoc company, created in 1995 by the IUAV Venice University for the purposes of planning-related activities, to a close.
Accepting the appeals of numerous professional associations of architects and engineers of several of the Veneto provinces, the Council of State ruled that a public Italian university could only set up «a commercial engineering company if strict conditions guaranteeing its direct instrumentality for university purposes were adhered to, [i.e.]:
(i) a direct link between the business activities and the universities' institutional remit;
(ii) adequate mechanisms to ensure its instrumentality, such as a company mission statement setting out the nature of projects to be undertaken (...as related to ventures raising the sorts of issues that would inform both research and teaching), conditional on the fact that any particular company would consist solely of university teaching staff and students, or recent graduates within a set period after graduation, and clearly defined conditions of employment;
(iii) tools for partners to ensure adequate company monitoring;
(iv) all profits to be deployed for university purposes;
(v) the exclusion of private partners»1.
The ruling also stipulated that any commercial company set up by a public body «operating on the open market, in competition with private operators, and accepting commissions from both public and private bodies [...] had to be covered by specific legislation, rather than approved in general terms, especially in where non-profit public bodies were concerned [...]»; thereby also «preventing people with preferential rights from operating in competitive markets»2.
Many of the comments made in the immediate aftermath of the ruling3 were to the effect that these conditions were much broader-ranging than needed in the case of the IUAV and would in fact prevent the university from submitting tenders for planning and design services. Although the complexity of the issue might have dictated a rather more cautious approach (and further juridical exploration)4, the premises underpinning the ruling would appear to offer narrower interpretations than those previously formulated by other juridical bodies on the same matter5, and actually constituted insuperable limitations.
These limitations were naturally received extremely favourably by professional engineering bodies and companies, but were also thought justifiable and pertinent by other sectorial operators including the Confindustria Employers' Federation and ANCE , the main Italian Association of Building Companies6. However, although the limitations imposed by the Decision on planning and design activities undertaken by universities are clearly set out, the points relating to other parts of the Council of State's Decision are far less discussed, particularly those relating to the 'positive' benefits of actual solutions arrived at through university research, especially in the architectural field.
This is the most interesting aspect from a university's viewpoint, however, because it enables a workable legal framework to be identified, which will serve to underpin «design practice in the School [which] may constitute an extremely promising field of experimentation in didactic terms, thus potentially bolstering the professionalising aspect of study courses [bringing] Italian universities [into line] with more advanced European establishments»7.
The disputes between the IUAV and professional bodies in the Veneto hinge on an unresolved conflict between at least three points recognised as being socially relevant and therefore covered by law: on one hand, there is the interest in open, fair competition for all participants in public tenders, which would allow commissioning Administrations to obtain the best planning services at the most favourable conditions. On the other, there is a public School in a position to offer top quality training, which produces skilled, up-to-date and well trained professionals. Finally, as a corollary to the latter, there is the collective interest in «Universities as leaders in the field of scientific research» in which «research and consultancy, while deployed for the use of public bodies, cannot be indiscriminate [...] but must dovetail absolutely with university remits, which are to provide research and teaching, in that they will be of benefit to research and teaching, or generate funds that will then be deployed for research and teaching purposes»8.
In a complex situation such as this, identifying the conditions that will enable these activities to be performed compatibly with the legislative framework has to be a priority.
The Council of State ruling identifies the setting up of in-house university companies, for the purposes of carrying out activities for public bodies, as the most appropriate of all practicable solutions (absolute public participation, entirely without private capital, or private control, its activities geared exclusively or largely to the public partner), [a formula] that is a neutral organisational module, regulated by the institution, under the intrinsic condition that all forms of organisation are always and necessarily instrumental to the pursuit of the institutional ends of the institution itself [...]»9.
Cooperative ventures between universities and other administrations were always the preferred option of the Conference of Italian University Rectors (CRUI), as demonstrated in the "Observations" relating to the Authority for the Supervision of Public Contracts for Works, Services and Supplies (AVPC) Hearing of 7th July 2010 in regard to "Problems in the matter of tenders" submitted by universities and similar institutions "as provided for under Legislative Decree No. 163/2006 [Public Contracts Code]"10.
On that occasion, the Rectors' Conference was the only body to be consulted on the matter by the Supervisory Authority, which thought it inappropriate for universities to take part in tender submissions, on the grounds that «[...]competition logic, which establishes EU regulations on the judging procedures for tenders for public works, does not apply to collaborations between universities and public administrations geared to promoting scientific and technical research. [...] From this viewpoint, the stipulation of agreements or covenants between universities and public bodies is not just a means of procuring valuable funding for university research purposes, but a means of passing on the results and benefits of university research to public partners, thus enabling the former to contribute to the social, cultural, financial and civil progress of the collective»11.
«No matter how the issue of universities taking part in procurement bids or competitions for commissions against private economic operators is resolved, it cannot invalidate the fundamental principles of national and EU rights, no matter how indirectly, with regard to the full legitimacy of public-public cooperation as a radically alternative model (not, therefore, exceptionally departing from) that of external competition between different economic operators»12.
Thus, the combined upshot of the Council of State Decision of 3rd June 2011 and the CRUI AVCP Observations of July 2010, would seem to suggest that «a collaboration agreement [would be] an excellent instrument for simultaneously pursuing and achieving the public purposes as set out in the universities' regulations (with particular reference to the carrying out of scientific research), and the public purposes determined by the regulations of other stipulating PAs (which would benefit from the research outcomes in terms of tackling issues or solving problems essential to their own institutional remits)»13.
This means that it could qualify as an appropriate procedural and organisational structure for overseeing university research activities relating to other Public Administrations14; these also include activities involving «research into complex planning and design problems, based on a mixture of skills and a multi-disciplinary approach, geared to innovation and experimentation [...], involving individual faculty members and the scientific community at various levels, from feasibility studies to planning at various levels of intervention15».
This collaboration could undoubtedly take a great many different forms, all of which would be likely directly to involve university departments, as has already been widely and repeatedly trialled16, as well as new ad hoc juridical and organisational bodies, set up by universities, possibly in the form of partnerships, yet unambiguously conforming to in-house company models as outlined by the Council of State.
Within this system, one final but by no means marginal issue, relating to the nature of the activity that is the focus of collaboration remains unresolved, however. In order to remain absolutely consistent with the model, any services carried out by a university to third parties must be strictly germane to its institutional remit and therefore by their very nature involve a certain amount of scientific research.
Documented evidence of the fact that the prospective collaboration is geared to «carrying out experimental scientific research, the preservation and furtherance of general theoretical knowledge gained during research, put to the test with real, concrete, particularly complex problems, with a view also to employing abstract knowledge in the pursuit of innovation and progress in the social, economic, civil and cultural fabric» will also be required17.
Simply stating that the «planning activities carried out within a university can be classed as research»18, is not in itself enough - solid evidence must be provided to back up this assertion in each individual case19. Instances in which the faculties of architecture can provide skilled consultancy to other public administrations, particularly where innovation-focused, will have to be chosen with care, and therefore the research component that characterises the university input will have to be demonstrated by objective and circumstantial indicators.
In some cases, it is quite clear that a significant amount of applied research by university consultancies will be entailed. For example:
- the development and trialling of building systems, materials and innovative components;
- the development and trialling of unconventional procedural models and the relative processes;
- urban planning and architectural and design planning in interventions calling for particularly high skills-bases, rated according to globally recognised standards, in the matter of energy saving and sustainability, for example;
- assistance in formulating procurement bids for planning contracts, taking part in adjudicating committees. As long as the work done by the universities comes under the heading of «planning research into complex problems, based on multi-disciplinary skills integration and approach [...]»20 there will be many other potential fields of application.
NOTES
1 CoS, Decision 03-06-2011, No. 10 (Plenary Sitting), Para. 37.
2 CoS, Decision 03-06-2011, No. 10 (Plenary Sitting), Para. 34.
3 These include: Andrea Mascolini, "Atenei, il cds blocca le attività commerciali. Il Consiglio di stato limita i casi in cui le università possono agire sul mercato come operatori economici," Italia Oggi, 10.06.11; Roberto Mangani, "Progettazione - Sentenza consiglio di stato n. 10/2011. Alt ai progetti firmati dalle Università", Edilizia e Territorio - Norme e Documenti, No.. 24, 20/25.06.11; Massimo Frontiera, "Ateneo-progettista, no da Palazzo Spada. Professionisti soddisfatti della sentenza del Consiglio di Stato. I giudici dicono stop alle università attive nel mercato dei servizi. Esultano Oice e gli Ordini di ingegneri e architetti: «Era concorrenza sleale,»" Edilizia e Territorio - Progetti e Concorsi, No. 24, 20/25.06.11; Camillo Romandini, "In house o out? Professioni vs Università", Il giornale dell'Architettura, Year 10, No. 97, August- September 2011, p.1.
4 Despite conflicting press coverage, the Council of State's decision appears considerably less trenchant in several respects. It states, for example, that: «Within the limitations [...] of strict instrumentality to the institutional ends of the university, which are research and teaching, universities should be allowed to act as economic operators for public clients (or comparable actors as provided for under Legislative Decree 163/2006), not just directly, but also through appropriate companies.» (CoS, Decision 03-06-2011, No.10 (Plenary Sitting), Para. 34.7).
5 Two particularly relevant precedents exist. The first is the EU Court of Justice Ruling of 23rd December 2009 (on case C-305/08: National Inter-University Consortium of Marine Sciences (CoNISMa) vs. the Marches Regional Council) which rules that «Member States can regulate the activities of entities, such as universities and research institutes, which are non-profit-making and whose primary object is teaching and research. They can, inter alia, determine whether or not such entities are authorised to operate on the market, according to whether the activity in question is compatible with their objectives as an institution and those laid down in their statutes», and on this basis allows them to submit procurement bids, even where no business facility exists, if they do not normally operate on the open market and are in receipt of public funding. The second is the ensuing Regulation (No.7 of 21.10.2010) with which the Authority for the Supervision of Public Contracts for Works, Services and Supplies partly altered the previous Regulation No. 179/2002, stipulating that in procurement competitions for public works, clients may also accept bids from universities in conformity with European legislation on the principle of free competition, despite the fact that Art. 34 of Legislative Decree No. 163/2006 does not list universities among those parties permitted to take part in competitions for public works' contracts.
6 The Authority for the Supervision of Public Contracts for Works, Services and Supplies (AVCP) held a wideranging consultation with various economic and institutional operators on the interpretation of Art. 34 of Legislative Decree ("Public Contracts Code"), in regard to universities and similar institutions taking part in bids for tenders. This interesting collection of opinions, along with the framework document put together by the Authority itself, which forms the basis for the consultation, is available on the AVCP website: http://www.avcp.it/ portal/public/classic/Comunicazione/ ConsultazioniOnLine/_consultazioni?id =266f42c30a7780a500625a57854eb8ef
7 "Fare e Insegnare architettura in Italia", Conclusions of the Docenza e Pratica del Progetto Forum, organised by the National Architectural Planning Coordination Committee, ICAR Deemed University sectors 14, 15 and 16, Ischia, 8th and 9th April 2011 (Para. 5).
8 CoS, Decision 03-06-2011, No.10 (Plenary Sitting), Paras. 34.5 and 34.7.
9 CoS, Decision 03-06-2011, No.10 (Plenary Sitting), Para. 34.
10 Conference of Italian University Rectors' Observations (CRUI) on the basic document "Problems in the matter of submitting tenders as provided for under Legislative Decree No. 163/2006 for Universities and similar institutions". Authority for the Supervision of Public Contracts for Works, Services and Supplies Hearing, 7th July 2010. [http:// www.avcp.it/portal/public/classic/ Comunicazione/ConsultazioniOnLine/_ consultazioni/_allegatoConsultazione?i dAllegato=76c236010a7780a50161d448 2b2042fc]
11 Ibid.
12 Ibid.
13 Ibid.
14 «Art. 15 of Law No. 241/1990 is a legal provision of a general nature, which allows public administrations to set up agreements with other public administrations, without public consultation, geared to regulating the carrying out of "activities of common interest." Administrative law contains a series of principles and regulations in relation to Art. 15 [...], stipulating in particular that: "given the existence of common interests forming the basis of collaboration agreements between administrations as set out in Art. 15 of Law No. 241/1990, the regulations concerning the choice of contractor provided for under State accountability legislation do not apply." (CoS, Section I, 17th April 1996, No. 3670).» (Conference of Italian University Rectors' Observations, op. cit.).
15 "Fare e Insegnare architettura in Italia", op. cit., Para. 5.
16 Art. 66 of Presidential Decree No. 382/1980, states that «Unless this interferes with their scientific and teaching remits, universities may carry out research and consultancy activities as laid down in contracts and agreements with public and private bodies. These contracts and agreements will be made with the departments, by law; however, where the latter do not exist, with university institutions or clinics or individual full-time faculty members. »
17 Conference of Italian University Rectors' Observations, op. cit.
18 "Fare e Insegnare architettura in Italia", op. cit., Para. 4.
19 The document also introduces a second argument, which postulates a sort of "automatic" attribution of scientific value to planning activities carried out by faculty members.
«University teaching staff must be able to carry out applied research as relevant to their field of discipline. For teachers in ICAR Deemed University sectors 14, 15 and 16, practical planning is an integral part of research, and is therefore a crucial part of acquiring and developing scientific knowledge, for keeping abreast of technical and didactic developments and taking an active part in architectural debate.» ("Fare e Insegnare architettura in Italia," op. cit., Preface). Put like this, the assertion is laid open to dispute, and should therefore be accompanied by specific information on the aims and methods of the research in question.
20 Ibid., Para. 3.
Ernesto Antonini, Dipartimento DAPT, Università di Bologna, I
You have requested "on-the-fly" machine translation of selected content from our databases. This functionality is provided solely for your convenience and is in no way intended to replace human translation. Show full disclaimer
Neither ProQuest nor its licensors make any representations or warranties with respect to the translations. The translations are automatically generated "AS IS" and "AS AVAILABLE" and are not retained in our systems. PROQUEST AND ITS LICENSORS SPECIFICALLY DISCLAIM ANY AND ALL EXPRESS OR IMPLIED WARRANTIES, INCLUDING WITHOUT LIMITATION, ANY WARRANTIES FOR AVAILABILITY, ACCURACY, TIMELINESS, COMPLETENESS, NON-INFRINGMENT, MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR A PARTICULAR PURPOSE. Your use of the translations is subject to all use restrictions contained in your Electronic Products License Agreement and by using the translation functionality you agree to forgo any and all claims against ProQuest or its licensors for your use of the translation functionality and any output derived there from. Hide full disclaimer
Copyright Firenze University Press 2011