La ricerca storico-pedagogica sull'infanzia nell'epoca contemporanea ha, fino a non molto tempo fa, di fatto riservato una scarsa attenzione a un ambito fondamentale per la ricostruzione del processo culturale di rielaborazione delle immagini e dei modelli del soggetto bambino all'interno delle società occidentali. Mi riferisco al tema dei diritti del bambino e della bambina, ossia a quel percorso novecentesco di definizione, consolidamento e celebrazione dei diritti specifici di un soggetto giuridico inedito, itinerario storico che ha contribuito a trasformare l'idea e la realtà dell'infanzia in particolare nel corso dell'ultimo quarto del secolo XX. L'analisi dei documenti riguardanti i diritti del bambino, lo studio dei dibattiti internazionali che stanno a monte dell'elaborazione di ciascuno di essi, la valutazione delle modalità con cui essi sono stati recepiti, tanto a livello locale quanto a livello sopranazionale, e degli effetti che essi hanno prodotto all'interno dei Paesi in cui sono stati ratificati, tutto questo suggerisce una possibile via per la composizione di nuovi capitoli della storia contemporanea dell'infanzia che ancora aspettano in larga misura di essere scritti.
Inquadrare la storia dei diritti dell'infanzia all'interno di una prospettiva pedagogica permette di guardare al bambino sotto una luce nuova, che soltanto nel corso del Novecento comincia lentamente ad affiorare fino ad acquistare una rilevanza definitiva alla fine del secolo: il bambino inteso come persona giuridica, soggetto attivo di diritti e paritario nelle relazioni che lo legano all'adulto. Studiare l'emergenza di questa immagine inedita consente di scendere più in profondità nella conoscenza delle trasformazioni culturali che cambiano il significato di infanzia nella società odierna, delle relazioni sociali che modificano la qualità della vita quotidiana dei soggetti minori d'età, delle rappresentazioni ideologiche che in questa fase storica stanno a fondamento della progettualità politica e, in particolare, educativa espressa in relazione ai bisogni e alle caratteristiche del soggetto bambino.
Molto è stato scritto sulle tappe storiche che hanno preparato il terreno ideale e materiale ai mutamenti novecenteschi dell'idea di infanzia. Nel corso della seconda metà del Novecento, la proclamazione e il progressivo allargamento dei diritti del bambino e della bambina giungono a completare un processo di istituzionalizzazione dell'infanzia che ha prodotto riconoscimento e inclusione, processo che prende lento e graduale avvio durante i secoli precedenti, nel corso dell'età moderna, principalmente attraverso la creazione del sistema di scolarizzazione elementare di massa. Se, attraverso la scuola, il bambino e (poi) la bambina vengono progressivamente separati dal mondo adulto, allontanati da percorsi di adultizzazione precoce attraverso il rapido avvio al lavoro, per essere destinati a un itinerario di formazione alla vita sociale da compiere sui banchi e nelle classi, anziché nei campi o nelle botteghe artigiane, allora l'idea stessa di infanzia cambia connotati e senso, come è stato sapientemente messo in evidenza da molti studiosi, a cominciare da Philippe Ariés: da imperfecta aetas a stagione indispensabile di apprendistato civile; e i governi ben presto si faranno carico del compito di predisporre le misure necessarie per garantire un ordinato processo di socializzazione dell'infanzia, assumendo per sé stessi la prerogativa dell'organizzazione di un sistema pubblico di educazione e formazione per le nuove generazioni di futuri cittadini della nazione. Attraverso la scuola, l'infanzia acquista finalmente un posto preciso e definito nella società: il bambino che progressivamente viene privatizzato nella sfera familiare, in quella sociale viene definitivamente istituzionalizzato.
Se questo processo di inclusione sociale dell'infanzia attraverso la scuola riguarda in particolare il secolo XIX e la prima metà di quello successivo, con l'affermarsi dell'idea novecentesca del bambino quale soggetto portatore di diritti specifici esso si completa, o comunque entra in una tappa successiva: quella che pretende di definire l'infanzia sul piano giuridico e filosofico-politico. Con la proclamazione dei diritti dell'infanzia, il bambino viene elevato al rango di soggetto giuridico: il mondo adulto, attraverso la cultura giuridica, politica, filosofica che esso elabora, riconoscendo pienezza e specificità di diritti al bambino, lo definisce come altro da sé, gli concede uno status giuridico suo proprio, ma esprime anche la presunzione della sua capacità di interagire con l'adulto come soggetto paritario. L'istituzionalizzazione dell'infanzia è realizzata non solo nel sociale, attraverso la scuola, ma anche nella cultura, attraverso il diritto.
Al di là dei contenuti espressi nel documento, che ovviamente sono rilevanti ma non è questa la sede per sottoporli ad analisi, l'importanza della Convenzione Internazionale sui diritti dell'infanzia (Child Rights Convention), ratificata all'unanimità dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 dopo un faticoso dibattito più che decennale, risiede in effetti in questo decisivo passaggio che trasforma la concezione stessa dell'infanzia nella nostra cultura. Il bambino resta soggetto da proteggere perché debole, indifeso e bisognoso di cure e tutele; ma accanto a questo volto, l'infanzia ne assume uno nuovo: quello di soggetto titolare di un surplus di diritti rispetto all'adulto e della capacità di esercitarli in maniera attiva.
Nella CRC queste due visioni per certi versi contraddittorie dell'infanzia trovano una sintesi, se non del tutto, almeno sufficientemente coerente: da un lato, i diritti che riguardano il primo di questi aspetti (diritti riguardanti la provision e la protection) sono integrati, dall'altro, da un ulteriore complesso che chiama in causa la necessità di considerare il soggetto bambino capace di decisione autonoma, di esercizio attivo e di responsabilità personale (diritti riguardanti la participation). È in definitiva il riconoscimento esplicito del volto stesso che l'infanzia assume nella società contemporanea: soggetto sottoposto a tutela e speciali protezioni, ma capace di partecipazione diretta e di esercizio della propria volontà. La paradossalità dei diritti dell'infanzia si deve proprio a questa implicita contraddizione presente nell'idea stessa di bambino che nella CRC si afferma: un soggetto non autonomo sul piano esistenziale, titolare di diritti che gli attribuiscono piena e completa personalità giuridica.
Tale paradossalità potrà cessare di esistere a partire dal momento in cui si riuscirà a trovare le modalità per provvedere al completamento del processo di istituzionalizzazione dell'infanzia al quale più volte ho fatto riferimento. Sebbene si sia compiuto tanto sul piano sociale (attraverso la scuola), quanto su quello giuridico (attraverso la CRC), esso non ha ancora trovato realizzazione in una terza decisiva dimensione: quella politica, intesa nel senso più alto del termine come partecipazione ai processi di negoziazione e di esercizio concreto dei diritti di cittadinanza.
In effetti, il paradosso che emerge dalla Convenzione non sta tanto nell'immagine ambivalente del bambino che essa conferma e ci rimanda, immagine che del resto, come detto, troviamo espressa in molti altri luoghi della società e della cultura contemporanea, quanto piuttosto nella contraddizione per cui il bambino non ha avuto modo di partecipare attivamente al processo di definizione dei suoi stessi diritti. Ciò che è mancato nel 1989, e che manca tuttora, è un effettivo spazio riservato all'elaborazione autonoma e alla partecipazione diretta del soggetto in questione. In poche parole, risultano ancora scarse, se non del tutto assenti, le occasioni per l'esercizio politico dei diritti di cittadinanza da parte di un soggetto che non ha avuto occasione per pensarli e che, al contrario, se li è visti concedere da altri. Il bambino, anche in relazione all'elaborazione dei suoi specifici diritti, è rimasto suo malgrado vittima di un processo di espropriazione da parte dell'adulto, come molto spesso è avvenuto, nel corso della storia, in molteplici ambiti della sua esperienza di vita. Ancora assai diffuso è il luogo comune (il pregiudizio, per meglio dire) che recita: il bambino è il cittadino di domani.
Proprio questo rischia di essere uno dei motivi per cui molto di ciò che viene sancito nella CRC (e, è bene ricordarlo, ratificato dalla quasi totalità dei Paesi del mondo) resta ancora sulla carta. Nella realtà dei fatti, il soggetto giuridico di quei diritti è ancora un «oggetto» politico. Dopo due decenni dalla loro proclamazione internazionale forse è ancora presto per tentare un bilancio storico complessivo sulla Convenzione; di certo, è possibile affermare senza eccessi retorici che i diritti dell'infanzia aspettano ancora di poter essere effettivamente esercitati dal soggetto al quale sono stati riconosciuti. Credo che la pedagogia abbia un ruolo non marginale nel portare a termine quello che resta ancora da compiere di questo percorso: l'educazione è certo la risorsa più preziosa di cui come adulti disponiamo per contribuire alla realizzazione delle condizioni che possano consentire ai bambini l'esercizio diretto dei loro stessi diritti, la partecipazione attiva alle decisioni che riguardano la loro vita, la determinazione autonoma e responsabile del loro percorso esistenziale verso «la maggiore età».
A framework for the history of children's rights within a pedagogical perspective enables us to watch your child in a new light, that only in the twentieth century began to emerge slowly buy up to a final takeover at the end of the century: the child understood as legal person, an active subject of rights and equal relationships that link him to the adult. Much has been written about the historical milestones that have paved the ideal and material changes to the twentieth-century idea of childhood, up to the International Convention on the Rights of the Child.
Riferimenti bibliografici
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Macinai Emiliano
Ricercatore di pedagogia generale e sociale presso l'Università degli Studi di Firenze
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Copyright Firenze University Press 2010
Abstract
A framework for the history of children's rights within a pedagogical perspective enables us to watch your child in a new light, that only in the twentieth century began to emerge slowly buy up to a final takeover at the end of the century: the child understood as legal person, an active subject of rights and equal relationships that link him to the adult. Much has been written about the historical milestones that have paved the ideal and material changes to the twentieth-century idea of childhood, up to the International Convention on the Rights of the Child. [PUBLICATION ABSTRACT]
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