Giovanna Campani, Antropologia di genere, Torino, Rosenberg & Sellier, marzo 2016.
Riscrivere l'antropologia - un'impresa al contempo ardua e audace, ma non tanto nell'intento di compierla quanto nell'idea di introdurvi un secondo elemento a sostegno del tentativo - il genere. Quest'ultimo, invece, osservato e trattato in termini antropologici trova una sua collocazione più precisa in questo volume che invita a ripensare la disciplina antropologica in prospettiva di genere. Attualizzando la terminologia, qualcuno parlerebbe di "sfida": ma, piuttosto che di sfida, si tratta di un impegno che obbliga a fare i conti con una lunga storia di disparità.
Il testo, concepito per opera della professoressa Giovanna Campani, dal titolo Antropologia di genere, ripercorre i sentieri di tutta la disciplina e oltre. Con il genere al centro della trattazione circoscritta da ampi contorni antropologici, la proposta è di riconsiderare una serie di nozioni che circondano il concetto stesso. L'antropologia, dal suo lato, entra in contatto con altri settori disciplinari quali sociologia, etnografia, storia naturale, pedagogia, studi culturali, educazione interculturale, psicologia, filosofia...; inoltre, la disciplina viene messa in correlazione con altri ambiti sociali e - per l'appunto - antropologici, in particolar modo con la storia dei movimenti femministi e dell'antropologia femminista. Siffatta metodologia, incardinata su una interdisciplinarità pluridirezionale, predispone uno spazio in cui le riflessioni di diversa estrazione epistemologica possono interagire al fine di avvicinare le questioni che circondano la disciplina antropologica e il concetto di genere ad una comprensione più approfondita. Nella stessa prospettiva, il testo mostra quanto l'antropologia sia stata implicata nelle percezioni di genere, quelle percezioni che hanno accompagnato - ci viene da dire "sin da sempre" - l'umanità nella sua perpetua e poliedrica evoluzione.
A proposito della poliedricità, l'autrice ci insegna come il genere non è un'entità monolitica, arcana né ineffabile, e conclude affermando - ancora una volta - che non si tratta di un fatto biologico, bensi sociale: il testo educa a capire questa netta, seppur non sempre avvertita, differenza che separa il concetto di genere (categoria sociale) da quello di sesso (categoria biologica). Ma, l'autrice non si limita alla mera teorizzazione, no!
Le pagine del volume sono cosparse di episodi empirici, tratti dagli scritti di illustri esponenti della disciplina antropologica (nonché di altri settori), i cui studi hanno convogliato le rappresentazioni che ruotano intorno al concetto di genere in un'altra direzione. Tale approccio - si rivendicativo, ma soprattutto dialettico - si rivela funzionale alla lettura di molteplici caratterizzazioni che sono state attribuite alla categoria di genere in diverse tradizioni culturali intorno al globo: donne e uomini, uomini e donne, la mente viene sfiorata da ricordi e sensazioni, le cui voci echeggiano attraverso epoche e culture sino ai giorni nostri. Si arriva cosi ai programmi televisivi e radiofonici sul tema, impregnati della medesima dicotomia. E la differenziazione continua a sussistere, magari anche in un'ottica favorevole, ma le pareti divisorie - sovente radicate nella mentalità sino a tal punto da essere diventate trasparenti o invisibili, persino riconosciute come "normali" - non sono ancora appieno abbattute. Si, si tratta dei diritti, la cui conquista è stata materializzata, anziché in un evento momentaneo, in un processo che ha abbracciato secoli della storia umana e che, tuttavia, restano un'aspirazione, un traguardo da raggiungere in diversi regimi societali.
Operando in questa maniera, l'autrice riporta alla luce un assortimento dei prodotti fabbricati nelle officine dell'antropologia culturale e sociale per rievocare l'impegno di quante/i hanno contribuito alla scoperta del genere. Invertendo certamente la realtà, ossia quel complesso di narrazioni cui è stata aggiudicata la prerogativa di rivelare la "realtà" per lunghi periodi storici. E il genere funge, questa volta, da specchio. Il proposito viene preannunciato con l'immagine in copertina, intitolata: Le donne che scoprirono il genere. Margaret Mead, Ruth Benedict, Alice Fletcher e Matilda Stevenson. Dopodiché, le porte del testo si spalancano per parlare di loro come di molte altre...
Vista la costante necessità di maturare la consapevolezza di genere, l'idea di redigere un vademecum organico sull'antropologia e sul genere rappresenta un passo importante. Articolato in forma di manuale, il volume di G. Campani si configura quale un testo originale e innovativo per il contesto italiano, ma - per certi versi - anche per quello internazionale. Il fatto è che un manuale sull'antropologia di genere - utile quanto alla ricerca tanto alla formazione - mancava. Utile, quindi, al mondo accademico, alle istituzioni, all'opinione pubblica, nonché al sistema d'istruzione di vario ordine e grado. Pertanto, la pubblicazione di un testo che si prende l'impegno di risfogliare sistematicamente le pagine dell'antropologia per farle incontrare le vicissitudini della specie umana in prospettiva di genere, non solo si prefigge l'obiettivo di trasmettere nozioni, ma di educare ad osservare i fenomeni sociali con spirito critico, nonché di fissare le conoscenze - e la consapevolezza - sul tema di genere al fine di tramandarle oltre i confini del presente.
Zoran Lapov
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