FRANCO CAMBI, Cultura e pedagogia nell'Italia liberale (1861-1920). Dal positivismo al nazionalismo, Milano, Unicopli, 2010
Il volume di Franco Cambi, che raccoglie saggi scritti in un quarto di secolo a cui si aggiunge un inedito è, a suo modo, una storia dello sviluppo dell'idea di nazione in Italia attraverso gli scritti di alcuni pedagogisti dell'epoca, da Siciliani a Lombardo-Radice, e l'editoria scolastica, seguendo un'idea che parte da una mediazione tra positivismo e socialismo in cui la pedagogia come scienza si connatura come pedagogia dell'emancipazione (p. 7) per giungere sino a una con"uenza in una visione più conservatrice che darà adito all'a#ermazione del fascismo e alla fusione con lo stesso (p. 252). Punto nodale della transizione è, per Cambi, il primo con"itto mondiale. «La guerra come atto formativo e come palestra di una nuova pedagogia fu seguita, con precisa partecipazione e attenzione ai suoi ideali, da uno dei grandi intellettuali del tempo, che da tale esperienza fu segnato, politicamente e non solo, e che fece transitare il proprio liberalismo da Destra storica a un nazionalismo educatore, che lo porterà poi a con"uire nel fascismo: Giovanni Gentile» (p. 250).
In realtà, nel volume di Cambi, si sviluppa, sia pure attraverso saggi composti in anni diversi, dagli anni Ottanta $no ai giorni nostri, un discorso organico che è, per l'appunto, una lettura $loso$co-pedagogica della parabola del nazionalismo pedagogico italiano a cavallo tra i due secoli.
Né poteva essere diversamente in quanto l'Autore ha da sempre dedicato una profonda e sostanziale attenzione ai complessi rapporti tra la ri"essione pedagogica, gli interventi educativi, le connessioni politiche implicite ed esplicite degli anni ricchi di contrasti e cambiamenti che vanno dall'Unità italiana $no all'avvento del fascismo. «Dopo l'unità, con l'Italia-nazione, anche la pedagogia italiana entra in una nuova fase politica e culturale. Problema nuovo, e aperto, è la costruzione della scuola nazionale, risolta con l'estensione della Casati a tutto il Paese, secondo un modello di espansionismo sabaudo (per dir così) piuttosto che secondo un'attenzione più precisa alla complessità del pro$lo della "nuova Italia", disomogenea per sviluppo economico, tradizioni culturali, mentalità civili» (p. 7).
All'interno di tale itinerario possiamo trovare lucide pagine su Siciliani, Gabelli, Montessori in cui i diversi pedagogisti positivisti esprimono, malgrado emergano talora nelle loro opere chiusure dogmatiche scientiste di matrice darwiniana e spenceriana, una e#ettiva maturazione della didattica (p. 62), determinante per la vita stessa della medesima. Di qui poi, in una prospettiva solo apparentemente più limitata, la narrazione delle vicende del socialismo italiano attraverso le università popolari e le riviste, da «Critica sociale» a «La Questione sociale» a «L'Unità», individuando con puntualità l'importanza del ruolo divulgativo (e pertanto di consenso) segnato dalle università popolari e dalle riviste. «Certamente la pedagogia socialista si colloca, al suo livello teorico e strategico, soprattutto altrove (in Labriola, in Mondolfo, in Salvemini, poi nelle strategie sociali e culturali del PSI, nelle carte dei Congressi e nelle politiche del gruppo dirigente, da Turati in avanti o anche prima: verso Costa, verso Malatesta), ma è da questa esperienza di di#usione che ne emerge l'azione più viva e più profonda» (p. 64). E sono pagine molti interessanti poiché rischiarano tematiche non sempre a fondo studiate e delineate nella loro e#ettiva incidenza.
Un capitolo in qualche modo pioneristico è poi quello dedicato all'editoria scolastica e scuola tra i due secoli. Pagine interessanti sono quelle dedicate alla letteratura per l'infanzia da Collodi a Pistelli, toccando la Perodi, la Vertua Gentile, la Cuman Pertile e tanti altri, a case editrici che diedero un contributo decisivo alla temperie culturale del tempo come Bemporad, Paravia, Carabba, Sciolto, sino al serrato dibattito sulla riforma della scuola: «così, a ben guardare, il dibattito svoltosi sulla riforma della scuola secondaria agli inizi del secolo, $no alla guerra, e nel primo dopoguerra, appare tanto come il nucleo genetico del nostro sistema scolastico contemporaneo quanto come il "luogo" dove si sono espresse anche delle possibilità alternative che poi, storicamente, sono state so#ocate e disperse» (p. 161). Cambi inoltre si so#erma sull'apporto del marxismo storico-pedagogico attraverso Labriola, Mondolfo, Gramsci, per tratteggiare in!ne il ruolo di Luigi Credaro nel «fronte antidealistico» della pedagogia italiana. Emerge un dibattito ormai lontano - in tutti i sensi - per l'Italia degli anni della globalizzazione, e tuttavia si tratta di un dibattito che ha inciso in profondità nella storia della scuola italiana del Novecento.
Ecco poi l'avventura nazionalistica, in una parabola che va da Enrico Corradini a A. Rocco, passando attraverso !gure come D'Annunzio, Papini, Prezzolini, Federzoni. «Dal 1897 al 1923: queste sono le date d'inizio e !ne del nazionalismo italiano. Prima del 1897 ci sono esperienze patriottiche e coloniali come quella di Bixio, esperienze politiche di tipo mazziniano [...]. Ma furono gli anni Novanta con la nascita de "Il Marzocco" nel 1896 e la crisi di Adua del '97 a rilanciare un "proto-nazionalismo" che poi maturerà a ideologia politico-culturale tra D'Annunzio e Corradini, nei primi anni del nuovo secolo» (p. 243). È un percorso che Cambi vede concludersi, come si è già detto, con la fusione nazionalismo-fascismo. «Tra il dicembre 1922 e il febbraio 1923 si compie la fusione del nazionalismo col fascismo, avvenuta in modo sostanzialmente indolore e in nome della continuità, secondo la quale i nazionalisti diventano anche un po' i "padri nobili" del fascismo, come rivela proprio la doppia avventura di Corradini e Rocco. Anche la "crisi Matteotti" non produce scossoni. Anzi: Rocco andrà alla Giustizia come ministro e Fedele all'istruzione» (p. 245).
In verità, l'apporto dei nazionalisti al fascismo, anche se non l'unico (basti pensare alle diverse forme di avanguardismo squadristico-futuristico) è decisivo se non altro in quanto garantisce la transizione senza sconvolgere i quadri dirigenti borghesi. Sotto tale aspetto Cambi ha certamente ragione nel chiudere una stagione pedagogico-politica con l'avvento del fascismo che diventa, in un certo senso, il coagulatore di diverse esigenze conservatrici, mettendo !ne alle istanze socialiste, destinate a loro volta a confrontarsi con quelle marxiste di provenienza sovietica.
Molto ricco nell'apparato delle note, che lo studioso non ha volutamente aggiornato quasi a testimonianza del periodo in cui i vari saggi furono elaborati e pubblicati, Cultura e pedagogia nell'Italia liberale, che non a caso appare nel clima che accompagna i preparativi - e le relative polemiche - per le celebrazioni 150 anni dell'Unità d'Italia, è un libro da considerare per più aspetti signi!cativo.
In primo luogo è la testimonianza dell'impegno storiogra!co di alcuni pedagogisti italiani, capaci di o#rire una padronanza delle fonti e della letteratura critica che mostra assai bene il ruolo e la dignità acquisiti dalla storia dell'educazione in quei tempi. Inoltre è un volume che costituisce una sintesi di decenni decisivi per la storia del giovane Stato, nel suo formarsi, spiegando come il discorso educativo non abbia avuto a#atto un ruolo secondario e come questo costituiva - e dovrebbe costituire - l'asse trainante dell'impegno civile dello Stato, capace di cogliere i diversi bisogni e di mediarli in prospettive socialmente aperte e vitali. Terzo e non ultimo aspetto è che il volume costituisce un'interpretazione di quasi cinquant'anni della storia culturale italiana.
Per tale aspetto è un testo che indubbiamente non può essere ignorato dallo storico che voglia non solo ricostruire ma soprattutto intendere il ruolo sostenuto dalla pedagogia italiana tra i due secoli. Scrive Franco Cambi: «Tutto ciò a riprova che quell'età del primo-Novecento (o giolittiana) fu un vero cantiere culturale e lo fu, e in maniera esemplare, anche sul fronte pedagogico-scolastico. Certo, le !gure qui richiamate sono solo alcune di quell'intenso e ampio dibattito, ma sono, credo, suf- !cienti a provarne la ricchezza e l'articolazione e la complessità. E, vale ricordarlo ancora, l'esemplarità. E, per alcuni aspetti (e non secondari: proprio quelli qui analizzati - laicità, scienza, ricerca dell'identità nazionale), l'attualità» (pp. 199-200).
Nel testo, infatti, è analizzata un po' la vicenda della fortuna della cultura laica tra i due secoli. Per questo motivo non viene toccato il ruolo, pure importante, dei cattolici e in misura quasi indiretta quello degli idealisti, da Croce a Gentile. Ogni studioso, d'altronde, ha le proprie peculiarità e ottiche di lettura. Franco Cambi lo ha fatto con estrema serietà e chiarezza, sì da scrivere un saggio per nulla asettico, ma capace, ancora una volta, di promuovere dibattiti, di sollecitare approfondimenti, di coinvolgere il lettore senza mai giocare coi termini, ma o!rendo interpretazioni ben calibrate e pensate.
Giovanni U. Cavallera
CAVALLERA UGO GIOVANNI
Dottorando Metodologia della ricerca pedagogica: Teoria e Storia presso l'Università degli Studi di Firenze
You have requested "on-the-fly" machine translation of selected content from our databases. This functionality is provided solely for your convenience and is in no way intended to replace human translation. Show full disclaimer
Neither ProQuest nor its licensors make any representations or warranties with respect to the translations. The translations are automatically generated "AS IS" and "AS AVAILABLE" and are not retained in our systems. PROQUEST AND ITS LICENSORS SPECIFICALLY DISCLAIM ANY AND ALL EXPRESS OR IMPLIED WARRANTIES, INCLUDING WITHOUT LIMITATION, ANY WARRANTIES FOR AVAILABILITY, ACCURACY, TIMELINESS, COMPLETENESS, NON-INFRINGMENT, MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR A PARTICULAR PURPOSE. Your use of the translations is subject to all use restrictions contained in your Electronic Products License Agreement and by using the translation functionality you agree to forgo any and all claims against ProQuest or its licensors for your use of the translation functionality and any output derived there from. Hide full disclaimer
Copyright Firenze University Press 2010