Abstract: A Napoli e in alcuni altri centri della Campania la parola femminiello/ femminella ė "tradizionalmente" usata per riferirsi a persone di sesso maschile che assumono atteggiamenti e comportament' effeminati o sfacciatamente femminili. Protagonisti, nell'ultimo decennio, di un vero e proprio processo di patrimonializzazione, i/le femminielli/femminelle incarnano un ideale di femminilita "alla vecchia maniera", prendendo talvolta le distanze dall'universo di rappresentazioni LGBTQI+ e rivendicando un'identita locale. A partire dai dati raccolti nel corso di una ricerca sul campo di lunga durata in Campania, in questo saggio mi concentro sui processi di produzione, riproduzione e manipolazione delle identita dei femminielli/femminelle. In particolare, attraverso l'analisi incrociata della letteratura e dei dati di campo, intendo proporre una riflessione sull'interazione tra un immaginario orientalista e coloniale che "produce "il femminiello/femminella come soggetto-altro (meridionale) e il ribaltamento che si produce nella contemporaneita con la rivendicazione distintiva delle esperienze di genere incarnate dai soggetti femminielli. Come interagiscono questi immaginari? E quali impliciti stereotipi si annidano in tali rappresentazioni?
In Naples, as in several other cities of the Campania region (Italy), the word femminiello/femminella "traditionally" refers to effeminate men who behave and act as women. In the last decade femminielli/femminelle were the subject of a true heritagization process, intended to enhace and capitalize their "ancient identity", now considered on the verge of extinction. Nonetheless, still today, people who self-identify as femminiello/femminella embody an "old-fashioned way" ideal of femininity, sometimes claiming the specificity of their local identity, and distancing themselves from the LGBTQI+ representations and identities. Based on the data collected during a long term fieldwork in Campania, this essay focuses on the processes of production, reproduction and manipulation of the femminielli/femminelle' identities. More specifically by crossing literature and field notes, I will propose an analysis of the interactions between an orientalist and colonial imaginary that "produces" the femminiello/femminella as otherness (southern) and the reversal that occurs with the distinctive claim of gender experiences embodied by people who still identify as femminielli/femminelle. How do these imaginaries interact? And what implicit stereotypes lurk in such representations?
Keywords: Femminielli, effeminati, Orientalismo, Italia meridionale, antropologia criminale; Femminielli, Effeminate Men, Orientalism, Southern Italy, Criminal Anthropology.
Introduzione
Vorrei concentrarmi in questo saggio sulle rappresentazioni e le retoriche che hanno storicamente prodotto un particolare tipo di soggetto effeminato, collocato in un contesto geográfico ben definito, istituito attraverso la creazione di una specifica categoria identitaria e costretto entro i limiti di rappresentazioni forgiate da traiettorie orientaliste e precise ideo-logiche dello sguardo. Mi riferisco al femminiello/femminella2 napoletano, soggetto di sesso maschile che realizza la propria personalita adottando comportamenti, atteggiamenti e movenze socialmente e culturalmente appropriati al genere femminile.3 Si tratta di figure istrioniche e iridescenti, protagoniste negli ultimi anni di un'intensa produzione di sapere, che rientrano ormai a pieno titolo in quel variegato catalogo di forme di umanita4 di cui si compone un idealtipico (e stereotipico) bozzetto napoletano.5 Le riflessioni che propongo, maturate nel corso di una ricerca etnografica di lunga durata a Napoli e in Campania, si concentrano su un corpus di scritti che ha svolto un ruolo centrale nella strutturazione di un immaginario ipostatizzato del femminiello/femminella, fermato in un preciso momento della sua storia sociale e divenuto soggetto ideale. L'obiettivo che mi prefiggo e ripercorrere il filo lungo che connette le rappresentazioni della "degenerazione sessuale" in contesti diversi, squalificando non solo i soggetti, ma gli stessi ambienti sociali e gli scenari culturali entro cui essi si muovono.
Nell'introdurre un ricco volume su Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento Amalia Signorelli poneva l'accento sull'efficacia simbolica degli stereotipi: prodotti della storia, essi ne sono a loro volta produttori; orientano le azioni degli esseri umani, intervenendo concretamente sui vissuti dei soggetti.6 Nel caso specifico che qui mi propongo di discutere la riproduzione di un immaginario stereotipato associato alla figura del femminiello, da un lato, ha consentito il radicamento di una rappresentazione bonaria e rassicurante della societa napoletana come tollerante e accogliente, dall'altro, ha favorito la recrudescenza di forme di inferiorizzazione e razzializzazione dei/delle meridionali, in linea di continuita con una concezione positivista ed essenzialista dell'esperienza umana. Nel contesto sociale in analisi, infatti, la figura del femminiello si e emblematicamente trovata a condensare in sé l'ambivalente connotazione del sistema di valori e credenze che ne avrebbero favorito lo sviluppo, venendo associata di volta in volta a una vivace creativita o a un'insanabi- le degenerazione morale. La "cultura napoletana" e venuta a rappresentare lo spazio esclusivo entro cui il femminiello/femminella avrebbe potuto trovare una propria collocazione, senza ammantarsi, in questo caso, di quell'effetto di rizomatica estensione che ne ha spesso allargato lo spazio di agibilita ben oltre i confini delle mura partenopee. Nel panorama dei cosiddetti generi liminali,7 il femminiello si e trovato cosí ad assumere una posizione distintiva in quanto soggettivitâ urbana,8 che appartiene agli strati sociali marginali e sottoproletari, venendo di fatto eradicato dalla dimensione della vita provinciale e/o agiata. Lungi dal presentarsi in modo esclusivo entro lo spazio sociale cosí circoscritto, la posizione liminale del femminiello/femminella andrebbe considerata come una delle molteplici espressioni di quell'Orientalismo in un solo paese che storici, antropologi, sociologi, scienziati politici e studiosi di letteratura hanno da tempo problematizzato.9
Dopo aver ripercorso alcune delle piú note descrizioni degli effeminati napoletani nelle principali fonti e nelle testimonianze storiche e scientifiche, mi dedichero, nelle pagine che seguono ad offrire alcuni squarci etnografici che consentono di comprendere fino a che punto la patrimonializzazione del femminiello/femminella individui proprio nell'opposizione tra classi e ambienti sociali uno dei caratteri distintivi di questa particolare figura sociale. A partire dai dati raccolti attraverso l'etnografia, mi concentrero quindi sull'opposizione tra il femminiello/femminella e il ricchione o la ricchiona come riproposizione di quel pensiero dualista che squalifica e condanna uno dei due termini della relazione ad una imperitura alterita, che altro non e se non assenza di potere.
«Et il peggio era che peggior d'una femina sopportava la nefanda Venere»10
La prima testimonianza scritta della presenza dei femminielli a Napoli risale al XVI secolo. Nell'opera Della Fisionomía delľhuomo,11 il filosofo, alchimista e letterato napoletano Giovan Battista Della Porta descrive e compara i tratti caratteristici dei diversi tipi umani, tra cui gli effeminati. Il termine, in verita, compare a piu riprese nel testo dellaportiano, spesso associato alla parola "molli", in linea con la tradizione classica e con l'utilizzo del termine malakoi nel testo biblico, in altri casi accostato al termine stolti. «Molli ed effeminati sono coloro che presentano spalle deboli e mal giunturate»,12 «il collo inchinato verso sinistra»,13 «ma anche alla destra»,14 «che parlano con voce acuta, rotta e molle»,15 «che camminano inchinati alla destra».16
Vale la pena sottolineare che, nella tradizione occidentale, la fisiognomica si era sviluppata come una parte della scolastica, dalla quale si distacco proprio grazie al contributo di Della Porta. L'autore, infatti, concepiva la fisiognomica come «scienza che impara da' segni, che sono fissi nel corpo, e accidenti [a] investigare i costumi naturali dell'animo».17 In questo senso la tendenza ad associare tratti fisici e qualita morali degli individui, che sara propria del positivismo scientifico, si innesta in una tradizione che vede proprio in Della Porta una figura di spicco.
Nella prima delle due edizioni in volgare dell'opera, Della Porta non fa riferimento agli effeminati napoletani e si limita a descriverne la figura. Nel libro quarto -laddove discute le virtu morali degli esseri umani- l'autore traccia, tra gli altri, i profili «del giusto e dell'ingiusto»,18 «dell'huomo da bene»,19 «dell'huomo cattivo»,20 «de' i fideli et infedeli»,21 «dell'huomo ingegnoso»,22 «del rozzo ingegno»,23 «dell'homo timido»,24 «dell'effeminato».25 I principali riferimenti di Della Porta sono Aristotele, Polemone e Adamanto, con i quali l'autore dissente, tuttavia, in piú passaggi della sua descrizione.
Nella seconda edizione, rivista e ampliata a sei libri, confluiscono nel libro quinto i contenuti del libro quarto dell'edizione del 1586. Nel secondo paragrafo del capitolo dedicato alla figura dell'effeminato, Della Porta inserisce il passo che fa esplicitamente riferimento agli effeminati napoletani, tra i piú citati nei lavori dedicati ai femminielli. Lo si riporta, in questa sede, con l'intento pero, di contestualizzarlo piú di quanto non si faccia altrove:
Nell'isola di Sicilia son molti efeminati et io ne vidi uno in Napoli di pochi peli in barba o quasi niuno di piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di occhio vergognoso, come donna; la voce debile e sottile non poteva soffrir molta fatica; di collo non fermo, di color bianco, che si mordeva le labra; et insomma con corpo e gesti di femina. Volentieri stava in casa e sempre con una faldiglia come donna attendeva alla cucina et alla conocchia; fuggiva gli omini, e conversava con le femine volentieri, e giocando con loro, era piú femina che l'istesse femine; ragionava come femina e si dava l'articolo femmineo sempre: trista me, amara me; et il peggio era che peggior d'una femina sopportava la nefanda Venere.26
Sebbene questo stralcio sia ampiamente conosciuto, scarsa o nulla e l'attenzione dedicata alla conclusione dellaportiana. Non si chiarisce mai, infatti, cosa intenda Della Porta quando si riferisce alla nefanda Venere e la gran parte degli studiosi glissa od omette del tutto l'espressione. Orbene, e plausibile affermare che Della Porta si riferisca alla penetrazione in vase indebito, quindi alla sodomia, all'a- more scellerato che non si puo pronunciare (ne-fari). D'altra parte, il riferimento alla pratica erotica, oltre che agli atteggiamenti e ai comportamenti adottati dall'effeminato napoletano, e significativo poiché anticipa quelle che sono le riflessioni che Della Porta stesso avanzerâ nel capitolo X del libro sesto, discutendo di «Come i molli e delicati divenghino robusti e duri».27 Sono i luoghi freddi e umidi, il perpetuo sedere, la mancanza d'esercizio del corpo e dell'animo a rendere i loro corpi grassi e molli. Di conseguenza:
Le donne divengono cosí grasse, e molli, che pare un miracolo a vederle. Gl'huomini per la molta humidita non hanno voglia di meschiarsi con le mogli, per essere ancora i ventri troppo molli, e freddi; fuggono il coito, si che quando questi huomini si giongono con le lor mogli, & veggono che sono impotenti, & tentato il negotio due, e tre volte e quattro non gli riesce, subito dicono, che sono effeminati, e si vestono le vesti da donne, e stanno con le donne trattando negotij da donne, cosi parlano, e si vogliono far chiamare effeminati. A questo modo divengono tutti i ricchi, ma a poveri, per havere comodita d'andare in Cocchio, o a Cavallo, e faticando continuamente per vivere non accadono queste cose.28
Sono qui gli stili di vita, unitamente alle condizioni ambientali, a determinare la "scelta" di dirsi effeminati, alla quale si puô porre rimedio volgendo «la loro flemma (...) in caldezza, habitando luoghi caldi, ventosi, aspri, mangiando cibi selvaggi, e caldi».29 Evidentemente qui l'autore non si riferisce in modo esclusivo al soggetto effeminato che nel libro Quinto riferisce di aver visto in Napoli, ma e significativo che in questo passaggio, mai citato nei testi sui femminielli napoletani, gli atteggiamenti molli ed effeminati siano prerogativa dei ricchi e benestanti. Il mondo dei femminielli, al contrario, verra successivamente descritto come parte di substrato sociale povero e marginale.
«Il prezzo che ricavano dal loro ignobile mestiere lo versano ai loro mantenuti»30
Della Porta non aveva utilizzato, nella sua opera sulla fisiognomica, una terminologia specifica per riferirsi agli effeminati napole- tani. Il termine femminella, antesignano dell'italianizzazione femminiello, occorse infatti per la prima volta in letteratura alla fine dell'Ottocento, quando Abele De Blasio lo impiego nel suo Usi e Costumi dei Camorristi e poi ne Nel paese della Camorra. (ĽImbrecciata).31 Medico e antropologo positivista, fervente seguace di Paolo Mantegazza e Cesare Lombroso, De Blasio collaboro a lungo con la Reale Questura di Napoli, collezionando coltelli che erano appartenuti a malviventi e camorristi e documentando in modo approfondito le regole e i rituali della bella societa rifurmata.32 Erano passati tre secoli dalla pubblicazione del testo dellaportiano e il tempo di De Blasio fu un tempo in cui il positivismo regnava incontrastato, nel pensiero scientifico e nel senso comune.33 Criminologi, commissari di polizia, giornalisti, medici e antropologi avevano iniziato a rivolgere le proprie attenzioni ai fatti del sesso, non piÛ appannaggio esclusivo degli anatomisti, come nei secoli precedenti. I corpi venivano sottoposti a forme inedite di controllo; erano nate la sessuologia, la ginecologia, l'embriologia; si erano specializzati i saperi disciplinari. Allievo di Giustiniano Nicolucci, che detenne a Napoli la cattedra di Antropologia -la seconda istituita in Italia dopo quella fiorentina che era stata di Paolo Mantegazza- De Blasio era considerato il piÛ attento conoscitore delle pratiche della Camorra. Proprio nel quadro di uno studio sulle pratiche criminali, egli propose alcune pagine su O' spusarizio masculino,34 un finto matrimonio tra una femminella e un omm' 'e merda, vittima delle attivita malavitose dei "pederasti passivi di professione". «Essi fanno parte di quella folla che si agita per i bassi fondi della citta -scrive il De Blasio- e che si procura col furto il pane quotidiano».35 Ricco di dettagli sulle tecniche del corpo impiegate dalle femminelle nella loro quotidianita, il testo di De Blasio e per noi un documento di straordinario interesse, che ci aiuta a comprendere le forme di organizzazione sociale che caratterizzavano la Napoli di fine '800.
Giunti che sono i ricchioni alla prima alba della puberta, sentono il bisogno di essere... goduti; e, trovato che hanno l'ommo e merda (pederasta attivo), l'amano, come ben si espresse il Mantegazza, con una passione vera, ardente, che ha tutte le esigenze, tutte le gelosie di un amor vero.
Il vasetto, tutto contento dell'acquisto fatto, colma di carezze l'amante e poi cerca di raggruzzolare quel tanto che e indispensabile per preparare l'ara dove spontaneamente va ad offrirsi in... olocausto.
Il luogo del sacrifizio e quasi sempre qualche lurida locanda, dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare l'amante, qualche sonatore di organetto e chitarra ed una schiera di ricchioni che fan corona alla timida... fanciulla.
Il giorno dopo, 'o ricchione anziano, accompagnato da un caffettiere ambulante, porta agli sposi due piccole di latte e caffe e poi fa nel talamo un'accurata rivista per accertarsi se il sacrifizio fu compiuto in tutta regola.
Dopo la luna di miele, che non dura oltre le 24 ore, e verso sera il sacrificato principia a serpeggiare pei quartieri piu alti della citta per procurarsi, come fanno le prostitute, qualche soggetto che conducono nella locanda di D. Luigi Caprinolo, detto 'o capo tammurro, o, se la persona e pulita, nella casa particolare di donna Benedetta 'a turrese.
Intanto mentre l'attivo guazza in quel "loco d'ogni luce muto", un altro mascalzone, che gia se ne stava nascosto sotto il letto, gl'invola dagli abiti il portafogli o qualche altro valore.
Le nostre femminelle di giorno si occupano di faccende domestiche, appunto come fanno le donne, e poi in ora stabilita si fanno alla finestra ed aspettano i loro amanti. Parecchi vasetti, per rendersi ai soggetti piu attraenti, si truccano gli occhi, altri si fanno tatuare sul viso qualche neo di bellezza e molti, mediante ovatta, cercano rendersi piu formose le parti posteriori e piu sporgente il petto. Qualcuno si femminizza anche nel nome.
Il prezzo che ricavano dal loro ignobile mestiere lo versano ai loro mantenuti.36
Nodo centrale della descrizione di De Blasio e la qualificazione del ruolo assunto nella relazione. Femminella e il pederasta passivo, l'effeminato; omm' 'e merda e invece chi e attivo, ma cionondimeno e vittima del primo. Per altro, come sottolineano Marzio Barbagli e Asher Colombo,37 nel momento in cui scrive De Blasio la parola pederasta non stava ad indicare -come saremmo portati a pensareuna relazione tra un adulto e un ragazzo, ma tra adulti consenzienti. L'opposizione attivo/passivo, inoltre, e alla base della concezione della cosiddetta omosessualita mediterranea, proposta da Giovanni dall'Orto38 e recentemente ripresa da Mario Bolognari.39 Si tratta di una visione in cui riecheggia una radicata forma di italico orientalismo che vede nel femminiello una manifestazione tipica delle societa patriarcali e contadine in cui l'accesso alla sessualita per le donne era interdetto e altamente sorvegliato fino al matrimonio.
De Blasio, tuttavia, non si limita a descrivere il rituale di iniziazione e le pratiche malavitose delle femminelle napoletane, ma si sofferma su alcuni casi emblematici, come quello del vasetto Filippo G. che si rese responsabile di sfregio ai danni di Carmela Ferrini, colpevole a detta del G. di fare di tutto per carpirgli l'amante. Ancora, riporta la lettera d'addio che Carluccio invio all'amato Ciccillo, informandolo della scelta di avvelenarsi «colle capuzzelle dei fiammiferi»,40 perché quello, ammogliandosi, aveva posto fine al loro amore.
Nel 1906 De Blasio ritorna sulle questioni relative alla prostituzione maschile nella Napoli d'inizio Novecento in un saggio pubblicato su l'«Archivio di psichiatria, neuropatologia, antropologia criminale e medicina legale»41 in cui riferisce di alcuni avvenimenti occorsi due anni prima.
La sera del 12 aprile 1904 in seguito a ripetuti reclami di oneste famiglie, due delegati di P. S. e parecchi agenti in borghese riuscirono a penetrare in un elegante appartamento tenuto in fitto a rione Vasto da un certo N.N. agnominato la... Signora, denominazione secondo alcuni sorta perché aveva belle maniere per adescare i minorenni alla prostituzione, e secondo altri perché nella sua gioventu si adattava a far da. femmina.
Benché la casa della Signora fosse accessibile a tutti, pure per entrarvi bisognava essere provvisto di una tessera consistente in una sua carta da visita che, in luogo del blasone, portava un segno convenzionale che variava di giorno in giorno, e, come se ció non bastasse, l'avventore per vedersi schiuso l'uscio doveva premere tre volte il bottone del campanello elettrico.
Dal processo risultó che teneva a sua dipendenza una schiera di ruffiani deputati a girare per i cañe e per le vicinanze degli alberghi e accaparrare l'elemento attivo.
E inutile dire che anche questi pervertiti giovani o vecchi facevano pervenire alle autorita di P S. dei reclami d'esser stati derubati del portafogli o dell'orologio senza poter precisare se il furto fosse stato consumato nell'immorale ritrovo ovvero dal mezzano di libidine.
Dalla deposizione dei testimoni risultó che quando la P. S. penetró nel locale, si presentó innanzi ad essa una scena del tutto nuova.
In un salottino si vedevano sdraiati alcuni giovanotti vestiti da donna, che si scambiavano carezze coi loro amanti ed avventori.
In quella casa si rinvennero quattro letti maritali con lenzuola profumate e corredati con coperte e cortine di lusso.
Sopra alcune poltrone stavano alla rinfusa abiti di seta da donna, parrucche simulanti acconciature muliebri, mammelle ed anche, di carta pesta, coperte per simulare la carnagione di cera rossiccia. Busti di seta e scarpini ricamati in oro stavano accantonati sopra una sedia a sdraio.
Ciascun piano toletta era ricco di ninnoli contenenti profumi, polvere di cipria, rossetti e lapis pel trucco degli occhi.
In un armadio stavano accantonati abiti maschili di gran lusso, destinati alle feste per celebrare la simulazione del matrimonio. Questo avveniva nella prima congiunzione carnale cui si assoggettava qualche ragazzo, ed in questa occasione la. pudibonda fanciulla non mancava di coprirsi con un lungo velo e di adornarsi di gioie e di fiori d'arancio.
Fra la profusione di dolci e di liquori non veniva dimenticato il sacchetto coi rituali confetti di nozze.
Mentre la P S. era intenta a verbalizzare, sopraggiunsero altri pederasti passivi, i quali con i soliti segni convenzionali furono ricevuti dagli agenti ed in conseguenza arrestati. Ne furono inviati innanzi alla giustizia non meno di venti, i quali si divisero tra loro vari anni di galera.42
Riportati i fatti, De Blasio si dedica a una breve discussione della psicología degli effeminati, che ricava dallo Chevelier, letto attraverso Fabiani.43 Si accomiata infine dal lettore riferendo che poiché dagli esami condotti era emerso che questi soggetti
hanno veramente qualche cosa della donna, come lo sviluppo delle anche, quello del seno, la voce femminile non fittizia, la secrezione lattea, ecc., ecc. (...) in luogo di considerare questi esseri come abietti sarebbe meglio includerli nella gran legione degli anomali, ed allora, il disprezzo va convertito in commiserazione.44
La stessa tesi, del resto, chiudeva il capitolo su O spusarizio masculino in Usi e Costumi dei Camorristi, laddove il medico e antropologo positivista si era sentito in dovere di far riferimento alle numerose popolazioni presso cui era possibile incontrare uomini travestiti da donne, «da Alaska fino Darien».45 Si trattava evidentemente di informazioni che non erano state raccolte in prima persona dall'autore, ma da missionari, viaggiatori ed esploratori e che De Balsio desume da Gli amori degli uomini di Paolo Mantegazza. La ricerca sul campo e il metodo etnografico non avevano ancora trovato formulazione e l'antropologia del tempo era, salvo rarissime eccezioni, un'antropologia da tavolino. Non stupisce, quindi, il tentativo di connettere le esperienze «di quel popolino che si aggira per i bassifondi della cittâ» con quelle di popolazioni lontane, appartenenti a societa e culture che, ancora all'inizio degli anni 2000, qualcuna si arrischiava a definire «di interesse etnografico». Si tratta di un nodo centrale, che il confronto con i soggetti che ancora oggi si definiscono femminielli/femminelle consente, almeno in parte, di mettere a fuoco.
Femminielli, femminelle, mezze femmine: osservazioni dal campo
Vorrei ora soffermarmi su alcuni aspetti emersi nel corso di una ricerca sul campo di lunga durata, condotta a Napoli e in Campania tra il 2006 e il 2014. In particolare, attraverso alcune esperienze di osservazione e la restituzione di una delle testimonianze raccolte, mi concentrero sull'associazione tra le esperienze dei femminielli e il mondo del sottoproletariato urbano dei quartieri napoletani. In effetti, gia i testi di De Blasio citati nel paragrafo precedente lasciano trasparire una commistione tra classi sociali differenti, che nel contesto in analisi si esplica anche attraverso il costante riferimento alla prossimita tra quartieri popolari e d'élite che caratterizza la topografia della citta di Napoli. Tale commistione si realizza non solo nei quartieri del centro antico, ma anche nelle citta di provincia e nei paesi della cortina vesuviana. Tra i presupposti della ricerca vi era il tentativo di offrire una risposta alla questione della scomparsa o estinzione della soggettivita sociale del femminiello/femminella, incompatibile -a detta di molti- con le forme sociali della metropoli napoletana contemporanea. In base a queste interpretazioni, il processo di democratizzazione del transito, con la possibilita di trasformare il proprio corpo attraverso il ricorso a ormoni e siliconi, insieme alla trasformazione sociale e demografica del contesto napoletano e alla rarefazione dei legami di solidarieta su cui si basava la vita del vicolo avrebbero profondamente inciso sul destino sociale della femminella decretandone la definitiva scomparsa. Se da un lato sembrava plausibile che la disponibilita delle tecniche abbia determinato una trasformazione delle aspettative e delle disposizioni dei soggetti, la teoria dell'estinzione si scontrava pero con la presenza, sul territorio campano, di esperienze irriducibili al pur variegato mondo LGBTQI+ entro cui sarebbe stato possibile ritrovare le e gli eredi delle antiche femminelle. La scelta fu quindi quella di esplorare il tessuto sociale campano e i quartieri del capoluogo che, in letteratura, venivano individuati come i contesti in cui i/le femminielli/femminelle avrebbero trovato l'humus piú adatto alla loro accettazione.
L'esperimento fu fruttuoso e dopo diverse settimane trascorse a braccia conserte nella piccola piazza di uno di questi quartieri, ebbi occasione di incontrare A.: pantaloni a sigaretta e camicia rosa sbottonata a meta, un po' attillata ma non troppo, biondi capelli lunghi e un velo di barba sul viso. Camminava sculettando e si avvicinava sempre piú a quei due bassi su cui tenevo gli occhi puntati da quasi un mese perché sapevo che li, la sera -quando me ne tornavo a casa per non disturbare "la piazza"- le ragazze che esercitavano il sex work sulla vicina via Marina erano solite portare i clienti, pagando un piccolo affitto alla proprietaria, G., di cui avevo letto nelle ricerche di alcuni antropologi che si erano interessati ai femminielli. A. era una figura molto mascolina eppure non ebbi dubbi sul fatto che fosse lei, che fosse quella G. che aspettavo di incontrare da un mese, e la chiamai. Quello si giro, chiarimmo lo scambio di persona e mi porto dalla persona che cercavo, che viveva nel vicolo, pochi passi piú in la. La chiamammo dal cortile, lei si affaccio e mi disse di tornare il giorno dopo, cosa che feci, nella data indicatami, nelle settimane e nei mesi successivi. G. viveva all'ultimo piano di un palazzo antico, in un monolocale arredato in uno stile finto-barocco estremamente kitsch. Appena entrati, sulla destra c'era un cucinotto e poi un'unica stanza in cui era tutto dorato: tessuti, rifiniture del mobilio, cornici alle pareti.
Quando la incontrai G. aveva poco piú di quarant'anni, la corporatura minuta, la pelle chiara e solo leggermente truccata, le unghie rosse e curate: tutto in quel corpo svelava al primo sguardo l'estetica non invasiva di una femminilita "alla vecchia maniera". G. si definiva donna, ma per parlare di sé usava quasi sempre la parola femminella, alternandola a volte con il termine travestito. Nessun riferimento all'esperienza trans o al mondo gaio: «ti dico la verita, a me queste cose non piacciono perché per me la famiglia é sacra». Nata e cresciuta nei Quartieri Spagnoli, terzultima di dieci figli, la storia di G. é una storia eccezionale, come lei stessa ci tiene a rimarcare piú volte nel corso delle interviste: «Perché quando é nato mio padre i sette prononni suoi erano nati qua e allora pure perché la famiglia mia é grande e conosciuta...» mi disse un giorno lasciando intendere che le principali attivita di famiglia erano da collocare nel settore informale e delle pratiche malavitose. L'eccezionalita si manifestava nei suoi racconti soprattutto nella scelta, portata avanti con convinzione, di non prostituirsi, arrangiandosi per vivere attraverso altri stratagemmi e potendo fare affidamento sui proventi delle attivita del suo compagno, con il quale aveva una relazione di lunga durata.
Il contesto sociale entro il quale si colloca G. é indubbiamente un contesto sottoproletario e marginale, che permette, tuttavia, l'incontro con le classi borghesi e la frequentazione delle case di nobili e signori. Si tratta di questioni che ritornano anche in altre interviste con persone che si definiscono femminielli, come nel caso di C., attore e performer che ho incontrato nella seconda fase della mia ricerca. Nelle testimonianze di C. la relazione con "le altolocate" non é posta solo nei termini di una frequentazione amicale, ma come rapporto conflittuale, che definisce l'identita stessa della "mezza femmina". Dice C:
non si puo guardare alla figura della femminella senza guardare accanto al suo speculum che é la figura della ricchiona, perché sono della stessa specie, della stessa matrice, con posizioni com- pletamente diverse. Perché la mezza-femmina e di cultura orale, l'altra e accademica, ha occupato sempre le posizioni di potere, e si e camuffata, si e molto radicata nella polizia, ecc. E lei, a seconda dei periodi storici, ha amato e ucciso la femminella. Quindi l'alter ego della femminella e il ricchione, che ha trovato sempre su questo territorio una sua posizione piu vicina alla polis, al palazzo, mentre la femminella te la puoi immaginare piu vicina al mare, piu vicina ai vicoli... [...] Pensa che nel mondo delle femminelle, per dire un uomo di merda, si dice, ma quant' si ricchione! Pensa quanto e radicato!46
Descritta come Palter ego della femminella, la figura della ricchiona assume un ruolo centrale nel discorso di C. assurgendo a simbolo dell'antinomia tra due modalita pratiche di essere nel mondo. La distanza tra la cultura popolare e la cultura alta, veicolata dall'antagonismo tra la femminella e la ricchiona, sembra essere incolmabile e sembrerebbe prefigurare un ulteriore addomesticamento, la normalizzazione di una relazione che, al contrario, e tutt'altro che scontata.
Questi brevi squarci etnografici consentono di apprezzare il rapporto complesso tra genere e classe sociale che emerge dai vissuti dei femminielli/femminelle napoletane. Un rapporto che, da un lato e influenzato dalle condizioni materiali esperite nei contesti di socializzazione del soggetto, dall'altro si nutre nello scambio e nelle relazioni che si producono nella quotidianita, nell'incontro e nel confronto con persone che provengono da altri strati sociali. Nella differenza tra la mezza femmina e la ricchiona proposta da C. sembrerebbe riecheggiare l'antinomia tra la figura dell'effeminato ricco e benestante presentatoci da Della Porta e quello appartenente al popolino che si aggira per i bassifondi della citta ritrovato nelle pagine del De Blasio. Una differenza che si ipostatizza nella pur necessaria separazione tra orientamento sessuale e identita di genere e, di conseguenza, nella discontinuita tra le esperienze omosessuali e trans.47 In questo senso, la femminella diviene un soggetto conteso,48 dal quale si rivendica la discendenza nel momento stesso in cui si rimarca la reciproca distanza. La legittimazione di sé, nell'un caso come nell'altro, passa attraverso la presunta estinzione o, per diria con C., l'uccisione di ció che ó altro da sé. Come sottolineava qualche anno fa Marzia Mauriello, infatti, Se sei gay non puoi essere femminiello,49 non solo in termini di una diversa collocazione nel prisma delle identita sessuali e di genere, ma anche nei termini della dialettica tradizione/modernita, nei termini della visibilita e del percorso di liberazione. Non resta quindi per il femminiello/femminella che lo spazio del patrimonio immateriale, della memoria e della storia, che cancella le forme di una transizione ancora in corso, incompiuta, che trova ancora spazio nelle definizioni di sé dei soggetti.50 In questo senso, l'utilizzo del termine femminiello/ femminella per definirsi non é appannaggio esclusivo di soggetti ormai anziani, ma trova spazio nelle esperienze delle giovani generazioni che con quella figura sociale entrano in contatto proprio grazie al percorso di patrimonializzazione che l'ha investita. Un percorso che non si limita alla produzione di discorso su un passato mitico da rievocare, ma entra nella produzione di valore e di messa a valore delle identita sociali, nella loro mercificazione nei circuiti della produzione artistica e culturale, come della valorizzazione di un'autenticita locale strumentalmente opposta alla globalita ideale e idealizzata.
Emico, etico, etnico: alcune riflessioni conclusive
Vorrei tornare ora, a conclusione di questo percorso inevitabilmente incompleto sulle esperienze e le rappresentazioni di quella particolare figura di effeminato che é il femminiello/femminella napoletano, sulle riflessioni proposte in apertura di questo saggio. Abbiamo visto in queste pagine come la produzione di discorsi su queste esperienze si inscriva in un processo di lunga durata, entro il quale la definizione di alterita gioca un ruolo determinante. Il mondo dei femminielli ó un mondo complesso e iridescente, spesso definito per opposizione, che permette di osservare un intreccio complesso tra campo culturale, politico, patrimoniale. Un intreccio nel quale restano ben visibili gli scarti di potere sedimentati su un immaginario orientalista che trovano ampio spazio nella riproposizione dualista e oppositiva tra concetti ed esperienze come moder nitâ/tradizione, presente/passato, virile/effeminato, ricco/povero, borghese/popolare e via dicendo. Si direbbe che, in un certo senso, sia stato accolto l'invito di De Blasio a convertire il disprezzo in commiserazione, riconoscendo nella diversita una forma di alterita da tollerare e compatire, valorizzandola solo nel frame di un passato mitico da valorizzare e patrimonializzare.
In una bella pagina del suo Nationalism and Sexuality George Mosse metteva in luce le connessioni tra i processi di razzializzazione e medicalizzazione dell'anormalita e il legame tra la rappresentazione stereotipata dei "degenerati" sessuali e delle "razze inferiori". Le persone dalla pelle nera, prima e poi gli ebrei «erano dotati di una sessualita eccessiva, di una supposta sensualita femminile che trasformava l'amore in lussuria. Mancavano di ogni virilita. Si diceva che gli ebrei come gruppo esibissero tratti femminili, proprio come gli omosessuali erano generalmente considerati effeminati».51
Questi processi di inferiorizzazione e razzializzazione, estesi alle popolazioni del meridione d'Italia, hanno trasformato il femminiello/femminella da soggetto degenerato a figura di un passato mitico, fortunatamente superato grazie all'azione civilizzatrice di una modernita gaia che a lungo ha escluso proprio le regioni e i territori del Sud. Ancora un esempio, tratto da uno degli interventi registrati nel corso del IV congresso nazionale del MIT - Movimento Italiano Transessuali,52 tenutosi a Milano nel 1987, consente di approfondire questo punto. Ad intervenire dal palco e una donna trans di nome Valentina, proveniente da Salerno, che nel suo breve discorso sottolinea l'urgenza di intervenire sui territori dimenticati, ostracizzati:
Io volevo dire solo due parole poi tanto scendo giu... insomma io vengo da Salerno e mi sono sciroppata dodici ore di treno. Comunque, cioe, so rimasta un po' delusa perché pensavo che a questo congresso, che e la prima volta che io ho partecipato, venivano parecchie trans anche dal Meridione... quindi cioe, essendo nazionale, pensavo che trovavo un sacco di trans pure dal Meridione invece no, ho visto che so tutte da Bologna, Firenze, Roma e chiaramente Milano... cioe a me questo dispiace perché chiaramente vedo che queste manifestazioni si fanno solo qui, a Milano, solo qui al Nord diciamo, invece al Sud c'e proprio una sottocultura del transessuale. Io volevo dire che al Sud non c'e proprio l'idea del transessuale, ci sta ancora l'idea del femminiello o del ricchione, che poi sarebbe l'omosessuale come ha detto prima Ivan Teobaldelli.53 Cioe il transessuale non si concepisce proprio, o sei ricchione o sei femminiello... quindi io volevo pregare, gentilmente, se c'e qualche transessuale, non so, di Napoli o di Salerno, di qualsiasi parte del Meridione... di metterci insieme, cosí magari, non so, organizziamo qualcosa per fatti nostri.54
Nelle parole di Valentina torna in maniera significativa la distinzione tra femminielli/femminelle e ricchioni, una distinzione che consente di mettere a fuoco proprio l'irriducibilitâ di queste esperienze al progetto di liberazione e autodeterminazione che aveva portato alla fondazione del MIT e all'emersione delle soggettivitâ trans come esperienze distanti e irriducibili alle forme di espressione che erano proprie dei femminielli/femminelle napoletani.55 Soggetti del passato, intorno ai quali e possibile costruire una storia, gli effeminati napoletani sono stati cosi condannati ad una perenne alteritâ nel momento stesso in cui se ne sono valorizzate la memoria e l'esperienza. Ricondotti alla sfera del patrimonio culturale da difendere e salvaguardare, questi antenati mitici delle persone LGBTQI+ si sono cosi ritrovati ad identificare un'identitâ locale ineguagliabile sul territorio nazionale, rinfocolando il processo di differenziazione e distanziamento tra un Meridione accogliente ma arretrato e il resto del Paese, progredito e pienamente liberato.
Biodata: Maria Carolina Vesce, Ph.D. in Antropologia e studi storico linguistici, e docente a contratto di Antropologia Culturale presso l'Universita degli studi di Siena. Ha svolto ricerche sul campo in Italia, Samoa e Nuova Zelanda. I suoi interessi si concentrano sui temi del corpo, del genere e della persona con particolare attenzione per le esperienze di genere eterodissidenti e per l'impatto delle categorie biomediche sulle esperienze "indigene" di genere. Piu di recente, si e occupata delle politiche di genere e delle pratiche dell'accoglienza rivolte a persone trans richiedenti e titolari di protezione internazionale ([email protected]).
Maria Carolina Vesce is adjunct professor of Cultural Anthropology and Anthropology of Consumption at the University of Siena. She conducted ethnographic fieldworks in Italy, Samoa and New Zealand. She is interested in anthropology body, gender and personhood, with particular attention to non-heteronormative gender experiences and the impact of biomedical categories on "indigenous" genders. More recently, she dealt with gender policies and reception practices for trans people seeking asylum in Italy (Bologna) ([email protected]).
1 Cfr. Giovan Battista della Porta, Della fisionomía delľhuomo, libri sei, Napoli, Giacomo Carlino e Costantino Vitale, 1610, p. 265.
2 La scelta di utilizzare sia la flessione di genere femminile che maschile della parola si motiva a partire dalla volonta di restituire la complessita delle scelte linguistiche degli interlocutori e interlocutrici incontrate nel corso della ricerca. La forma italianizzata femminiello, infatti, pur utilizzata da alcuni dei soggetti che attraverso l'utilizzo di questo termine si definiscono e si soggettivano, e risultata essere di piu recente introduzione rispetto alla parola femminella. Per una discussione delle diverse espressioni linguistiche si rimanda a Patricia Bianchi, Femminielli: storia di una parola tra gergalita e comunicazione antropologica, in Eugenio Zito, Paolo Valerio (a cura di), Femminielli: corpo, genere, cultura, Napoli, Librería Dante e Descartes, 2019, pp. 69-91. Nel suo saggio, tra le altre cose, Bianchi sottolinea che il termine femminiello/femminella non va considerato come un diminutivo o un vezzeggiativo, ma come un lemma attraverso il quale si intende indicare una specifica categoria. Come gia notato in altra sede, quindi, il senso dell'espressione sta ad indicare una competenza di genere da affinare. Cfr. Maria Carolina Vesce, Altri transiti. Corpi, pratiche, rappresentazioni di femminielli e transessuali, Milano, Mimesis, 2017, p. 40.
3 Si vedano: Marzia Mauriello, In corpore trans. Dinamiche di inclusione/esclusione nel processo di medicalizzazione delle identita transgender. Una ricerca etnografica nella citta di Napoli, «AM. Rivista della Societa Italiana di Antropologia Medica», 2014, n. 38, pp. 437-456; Vesce, Altri transiti; Zito, Valerio (a cura di), Femminielli.
4 Per una riflessione sulle forme dell'antropopoiesi si vedano i saggi con te - nuti in Francesco Remotti (a cura di), Forme di umanita, Milano, Mondadori 1999.
5 Per una riflessione preliminare, che anticipa alcune delle questioni affrontate in questo saggio si faccia riferimento a Maria Carolina Vesce, E morto il femminiello, evviva ilfemminiello! Patrimonializzazione e rinascita di una figura sociale napoletana, in Zito, Valerio (a cura di), Femminielli, pp. 331-352.
6 Cfr. Amalia Signorelli, Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento, Napoli, Guida, 2002, p. 12.
7 II concetto di generi iiminaii, elaborato da Niko Besnier per distaccarsi dalla riflessione sui cosiddetti "terzi generi", ha incontrato un certo favore nel campo dell'antropologia, pur senza riuscire a scardinare del tutto la connotazione qualificante insita nel concetto di terzo sesso/tero genere. Cfr. Niko Besnier, Polynesian Gender Liminality through Time and Space, in Gilbert Herdt (ed.) Third sex, Third Gender. Beyond Sexual Dimorphism in Culture and History, New York, Zone Books, 1993, pp. 285328; Niko Besnier, Kalissa Alexeyeff (eds), Gender on the Edge. Transgender, Gay and Other Pacific Islanders, Honolulu, University of Hawaii Press, 2014.
8 Cfr. Gabriella D'Agostino, Introduzione. Travestirsi. Appunti per una "trasgressione" del sesso, in Sherry B. Ortner, Harriet Whitehead (a cura di), Sesso e genere. L'identita maschile e femminile, tr it., Palermo, Sellerio, 2000, pp. 11-61.
9 Sul concetto di orientalismo di veda: Edward W. Said, Orientalismo. L'immagine europea dell'Oriente, Milano, Feltrinelli, 1995. Per una discussione sulľorientalismo in un solo paese si faccia riferimento a Jane Schneider (ed.), Italy's "Southern Question". Orientalism in One Country, New York, Berg, 1998.
10 Cfr. Della Porta, Della fisionomía delľhuomo, p. 265.
11 L'opera, scritta originariamente in latino, fu tradotta in volgare dallo stesso autore e pubblicata in due diverse edizioni, la prima in quattro libri, la seconda riveduta e ampliata a sei libri. Salvo dove diversamente indicato, si fa qui riferimento all'edizione tradotta in volgare dall'autore e stampata a Napoli nel 1610. Cfr. Della Porta, Della fisionomia delľhuomo.
12 Ibidem, p. 160.
13 Ibidem, p. 147.
14 Ibidem.
15 Ibidem, p. 134.
16 Ibidem, p. 264.
17 Giovan Battista Della Porta, Della fisonomia delľuomo, libri quattro, Napoli Tarquinio Longo, 1586, p. 23.
18 Giovan Battista Della Porta, Della fisonomía dell'huomo, libri sei, Napoli, Giacomo Carlino e Costantino Vitale, 1610, p. 283-284; da ora in avanti le citazioni di Della Porta sono riprese da questa edizione del 1610.
19 Ibidem, p. 284.
20 Ibidem, p. 285.
21 Ibidem, p. 287.
22 Ibidem, pp. 288-290.
23 Ibidem, pp. 290-292.
24 Ibidem, pp. 293-294.
25 Ibidem, pp. 294-295.
26 Ibidem, pp. 264-265.
27 Ibidem, pp. 340-341
28 Ibidem.
29 Ibidem, p. 341.
30 Cfr. Abele De Blasio, Usi e costumi dei Camorristi, Napoli, Edizioni del delfino, 1973, p. 100.
31 Si veda: Id., Nel paese della camorra (L'Imbrecciata), Napoli, Edizioni del delfino, 1973.
32 Si tratta di una delle denominazioni della camorra in uso alla fine del XIX secolo, cui fanno riferimento, oltre a De Blasio, numerosi altri studiosi dell'organizzazione malavitosa.
33 Per una discussione delle modalita con cui il discorso pubblico ha trattato il travestitismo nel cinquantennio 1870-1930 si veda: Laura Schettini, Il gioco delle parti. Travestimenti epaure sociali tra Ottocento e Novecento, Roma, Le Monnier, 2011.
34 Si veda De Blasio, Usi e costumi dei Camorristi, pp. 99-102.
35 Ibidem, p. 99.
36 Ibidem, pp. 99-100.
37 Cfr. Marzio Barbagli, Asher Colombo, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Bologna, il Mulino, 2007.
38 Per una discussione sintetica della teoria di Dall'Orto: http://www. giovannidallorto.com/cultura/medit/medit.html; per un'analisi piu dettagliata si faccia invece riferimento a Giovanni Dall'Orto, Tutta un'altra storia. Ľomosessualitá dalľantichitá al secondo dopoguerra, Milano, Il Saggiatore, 2015.
39 Va rilevato che la prospettiva di Bolognari e ben diversa da quella di Dall'Orto e tuttavia, a mio parere, non sufficientemente critica nei confronti della concettualizzazione operata dallo storico dell'omosessualita. Cfr. Mario Bolognari, I ragazzi di Von Gloeden. Poetiche omosessuali e rappresentazioni dell'erotismo siciliano tra Ottocento e Novecento, Reggio Calabria, Cittå del sole edizioni, 2012. Per una riflessione critica sull'immaginario orientalista che da tempo investe le popolazioni meridionali, si faccia riferimento a Berardino Palumbo, A Baron, Some Guides, and a Few Ephebic Boys: Cultural Intimacy, Sexuality, and Heritage in Sicily, «Anthropological Quarterly», 86, 2016, n. 4, pp.1087-118.
40 Cfr. De Blasio, Usi e costumi dei camorristi, p. 100.
41 Abele De Blasio, Andropornio, «Archivio di psichiatria, neuropatologia, antropologia criminale e medicina legale», 27, 1906,[sono questi il volume e l'anno?] pp. 288-292.
42 Ibidem.
43 Cfr. Pietro Fabiani, Sodonrn e Gomorra. Cronistoria del libertinaggio attraverso i secoli ed il mondo, Napoli, Tipografia Moderna, 1900.
44 De Blasio, Andropornio, p. 292.
45 De Blasio, Usi e costumi dei camorristi, p. 102.
46 C., intervista raccolta dall'autrice a B. il 5 luglio 2010
47 Per una discussione delle relazioni tra orientamento sessuale e identita di genere si veda Joanne Meyerowitz, How sex changed. A history of transsexuality in the United States, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 2002.
48 Cfr. Simonetta Grilli, Prefazione. Etnografia di un (s)oggetto conteso, in Vesce, Altri transiti, pp. 9-15.
49 Marzia Mauriello, Se sei gay non puoi essere femminiello. Note a margine su sessualita egenere nel mondo gay napoletano, in Anna Simone (a cura di), Sessismo democratico. Luso strumentale delle donne nel neoliberismo, Milano, Mimesis, 2012, pp. 97-109.
50 Per una discussione sulle forme e i processi di patrimonializzazione dell'identita sociale del femminieUo mi sia consentito di rimandare ai miei lavori: Vesce, Altri transiti, e Ead., E morto ilfemminiello, evviva il femminiello!.
51 George Mosse, Nationalism and Sexuality. Respectability and Abnormal Sexuality in Modern Europe, New York, Howard Fertig, 1985, p. 36.
52 Oggi Movimento Identita Trans, con sede unica a Bologna. E la piu longeva e la piu importante associazione trans presente sul territorio nazionale, fondata da un gruppo di pioniere impegnate nelle battaglie per l'approvazione della Legge 164/1982: Norme in materia di rettifica delľattribuzione di sesso. Per una ricostruzione delle vicende che portarono alla costituzione del MIT si veda https://mititalia.it/chi-siamo/ (ultima consultazione 16/4/2021); per una riflessione dal punto di vista storico sul dibattito parlamentare che porto all'approvazione della legge si veda: Stefania Voli, Il parlamento puofare tutto, tranne che trasformare una donna in un uomo e un uomo in una donna" (Trans)sessualita, genere e politica nel dibattito parlamentare sulla legge 164/1982, «Italia Contemporanea», 2018, n. 287, pp. 75-103. Per un punto di vista interno al movimento trans si vedano le storie raccolte in Porpora Marcasciano, Tra le rose e le viole. La storia e le storie di transessuali e travestiti, Roma, Alegre, 2020.
53 Scrittore e giornalista italiano, fondatore, insieme a Felix Cossolo, del mensile di cultura omosessuale Babilonia, di cui e direttore dal 1983 e al 1985. Tra le figure di maggior spicco del movimento omosessuale italiano, Teobaldelli era presente, insieme ad altre personalita del movimento gay di quegli anni, al IV Congresso nazionale del MIT, durante il quale intervenne sottolineando le differenze che ancora persistevano tra il nord e il sud del paese, vedi di Ivan Teobaldelli l'intervento tenuto nel corso del IV Congresso Nazionale del MIT, reperibile nell'Archivio online di Radio Radicale, file 2, minuti da 3:03 a 19:21. Cfr. radioradicale.it/scheda/25236/iv-congresso-nazionale-del-movimento-italiano-transessuali?fbclid=Iw AR3AFA_8n90r0yQ-M4F5RniI4jQychxG03-PFB-XLDZvrtNvwgk3kkUZ4eM (ultima consultazione 16/4/2021).
54 Valentina, intervento tenuto nel corso del IV Congresso nazionale del Movimento Italiano Transessuali, Milano, 20 dicembre 1987. Registrazione reperibile nel file 3 conservato nell'Archivio online di Radio Radicale, minuti da 19:43 a 21:06: trascrizione dell'autrice: https://www.radioradicale.it/scheda/25236/ivcongresso-nazionale-del-movimento-italiano-transessuali?fbclid=IwAR3AFA_8n9 0r0yQ-M4F5RniI4jQychxG03-PFB-XLDZvrtNvwgk3kkUZ4eM (ultima consultazione 16/4/2021).
55 Per una riflessione sul processo di ricostruzione di senso che ha impegnato, nell'ultimo decennio il movimento trans si consultino: Laurella Arietti, Christian Ballarin, Giorgio Cuccio, Porpora Marcasciano (a cura di), Elementi di critica trans, Roma, Manifestolibri, 2010; Porpora Marcasciano, AntoloGaia. Vivere sognando e non sognare di vivere, Roma, Alegre, 2015; Id., Ľaurora delle trans cattive. Storie e vissuti della mia generazione transgender, Roma, Alegre, 2018
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© 2020. This work is published under https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/ (the “License”). Notwithstanding the ProQuest Terms and Conditions, you may use this content in accordance with the terms of the License.
Abstract
A Napoli e in alcuni altri centri della Campania la parola femminiello/ femminella ė "tradizionalmente" usata per riferirsi a persone di sesso maschile che assumono atteggiamenti e comportament' effeminati o sfacciatamente femminili. Protagonisti, nell'ultimo decennio, di un vero e proprio processo di patrimonializzazione, i/le femminielli/femminelle incarnano un ideale di femminilita "alla vecchia maniera", prendendo talvolta le distanze dall'universo di rappresentazioni LGBTQI+ e rivendicando un'identita locale. A partire dai dati raccolti nel corso di una ricerca sul campo di lunga durata in Campania, in questo saggio mi concentro sui processi di produzione, riproduzione e manipolazione delle identita dei femminielli/femminelle. In particolare, attraverso l'analisi incrociata della letteratura e dei dati di campo, intendo proporre una riflessione sull'interazione tra un immaginario orientalista e coloniale che "produce "il femminiello/femminella come soggetto-altro (meridionale) e il ribaltamento che si produce nella contemporaneita con la rivendicazione distintiva delle esperienze di genere incarnate dai soggetti femminielli. Come interagiscono questi immaginari? E quali impliciti stereotipi si annidano in tali rappresentazioni?