Emanuele Isidori, Heather Reid, Filosofia dello sport, Milano, Bruno Mondadori, 2011.
Reid e Isidori intendono ricordare - in particolare alia cultura italiana, spesso poco attenta a questi temi per l'influenza della tradizione idealistica e per la scarsa propensione a rivolgere un approccio scientifico alio studio dello sport - che sport e filosofia sono connesse da un legame inscindibile. La tesi che attraversa i saggi dei due autori è che lo sport necessiti di una riflessione teórica sulle sue strutture e sulle sue funzioni per essere realmente formativo per la personalità umana. Gli autori pero si spingono anche oltre e ipotizzano una stretta corrispondenza, fino dagli albori dei due concetti, tra sport e filosofia. Non soltanto perché, già in 'época greca classica, si riconosceva all'esercizio físico un ruolo fondamentale per lapaideia dell'uomo: ma anche perché, come la filosofia, anche lo sport nasce dal desiderio di mettere in discussione le credenze date per scontate e di sfidare gerarchie sociali già stabilité. Rareté, intesa come desiderio di dimostrare la virtù personale e il valore, sarebbe comune infatti sia nell'atletismo che nella pratica filosofica, due assi portanti della stessa cultura greca classica: se infatti l'aretè è identificabile con la saggezza, allora già da Socrate è possibile riscontrare l'utilità di adottare, anche in filosofia, lo spirito competitivo e le tecniche atletiche dello sport per "coltivare l'uomo".
Il volume, confrontandosi con un tema che (almeno in Italia) è ancora poco esplorato, piuttosto che cercare di fornire risposte e definizioni univoche, secondo una lógica ermeneutica, cerca di stimolare domande ed approfondimenti. In parti- colare, gli autori segnalano come sia complesso e perfino rischioso cercare di indi- viduare una definizione sintética e univoca di sport: al contrario, occorre cercare di fornire definizioni aperte, problematiche e plurali dello stesso concetto. Lo sport, infatti, è una "pratica sociale", che richiede una partecipazione attiva e consapevole ad una comunità e che prevede una trasferibilità delle sue pratiche nelle pratiche della vita quotidiana; ma lo sport è anche "gioco", in quanto esercizio libero, volon- tario e autotelico (ovvero: ha nel proprio svolgimento lo scopo del suo realizzarsi); ma è anche "arte", in quanto in ogni esperienza sportiva vi sarebbe, secondo gli autori, che citano una ricca letteratura, una natura estetica e una forma razionale di allontanamento dal mondo quotidiano; lo sport è, poi, anche una forma di "ricerca del sapere", che riconoscendo la fallibilità delle credenze e delle strutture esistenti, "sviluppa un processo relativamente razionale e imparziale per trovare una risposta universalmente accettabile" (p. 8). ? non solo: lo sport è da intendersi anche come un "insieme di rególe", con le quali il soggetto impara a familiarizzare, secondo forme di socializzazione (e di civilizzazione) che poi vengono interiorizzate ed utilizzate anche in ambiti non sportivi.
II testo, attraverso la sua scansione in due parti (la prima curata da Reid, la se- conda da Isidori) si propone di collegare i temi teorici sulla corporeità e sullo sport ai problemi attuali o alle questioni pratiche legate all'esercizio sportivo. Anche se difficilmente la filosofía dello sport si siega dalla concretezza e dalla contingenza dei grandi temi in bailo, gli autori sono abili ad intrecciare le strutture dello sport con gli ineludibili problemi etici che esso solleva, le differenti teorie filosofie delle quali si è servita la ricerca nella filosofía dello sport (dalla fenomenología alia metafísica, dall'ermeneutica al decostruzionismo, solo per citare alcuni "metodi") con i proble- mi sociali che la pratica sportiva solleva in ogni cultura. Ciascuna delle questioni che emergono quotidianamente dalle attività sportive professionistiche, dilettantistiche o amatoriali (si pensi solo al doping, alla mediatizzazione o al rapporto con gli stru- menti) viene trattata secondo uno sguardo teorico aperto, critico e capace di porre in dialogo vari modelli filosofici.
Se il método trascendentale e quello fenomenologico pongono l'accento sull'e- sperienza, facendo notare come sia fondamentale interrogarsi su come esso appar- tenga alia natura dell'uomo, ovvero faccia parte della sua struttura esistenziale e valoriale; fondamentale è anche il ricorso a metodi sia analitici, che individuino un logos dello/nello sport, ma anche ad metodi storico-dialettici, che pongano i movi- menti e le idee filosofiche legate alio sport in modo sia diacronico che sincrónico. Secondo la prospettiva promossa dagli autori, i modelli citati devono essere utilizzati secondo uno sguardo dialettico ed ermeneutico: tale finalità dovrebbe passare dal concetto di sport come "testo" e dall'idea che lo sport una forma di esperienza in cui l'essere umano puó afferrare e condividere il significato della vita.
Nella pur ricca bibliografía a cui gli autori fanno riferimento, mancano forse al- cuni filoni di indagine che avrebbero potuto rendere ancora più raffinata l'analisi: si pensi alie riflessioni sulla nascita dello sport di Dunning ed Elias, o alia prospettiva antropologico-culturale di Vigarello, che si è occupato di intrecciare culture e tecni- che dello sport, ma anche agli studi di Frasca e Cambi che inquadrano lolimpismo in relazione alla "pedagogía sportiva" di Pierre de Coubertin. Pur con queste assen- ze, l'analisi è ricca e apre scenari di ricerca interessanti. II testo ha infatti il mérito di rendere tutti - sportivi, in primis, ma anche spettatori dello sport - consapevoli del fatto che lo sport non costituisce (né puó costituire) un fine in sé. L'analisi filosófica dello sport richiede che emerga, sempre, la finalità principale dello sport, ovvero la formazione della persona, con la tutela dei suoi valori. Se la filosofía dello sport riesce ad assolvere a questo compito di svelare i fini, allora diventa possibile guardare alio sport considerándolo come un "costrutto umano", soggetto ad un costante "contral- lo collettivo" (p. 139), ma anche valorizzandolo come un'occasione per conoscere se stessi, per assumersi la responsabilité etica delle proprie azioni, per mostrare rispetto (potremmo dire in un'ottica pedagógica per "curare" se stessi, gli altri e per il mondo.
Cosimo Di Bar
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