Pantaleo Carabellese, Introduzione alla lettura Berkeley (a cura di E. Giambalvo e M. Manno), Palermo, Edizioni della Fondazione Nazionale "Vito Fazio Allmayer", 2013
Presso lArchivio della Fondazione Nazionale "Vito Fazio-Allmayer" di Palermo si trovano le lezioni tenute da Carabellese nel 1928-'29 presso quella Université e fin qui rimaste inedite. La cura di Epifanía Giambalvo e di Mario Manno ci ha restituito tali lezioni se pure "restaúrate e ricostruite" e ci vengono offerte come exemplum di un modo di fare filosofía di ieri (con i suoi "arcaismi", "intellettualismi", "tecnici- smi", sottolineava Filiasi Carcano nel 1960 - cfr. Giornate di studi carabellesiani, Milano, Silva, 1964 -, con le sue "astuzie", nota Giambalvo qui; si, ma anche con la sua forte valenza teorética, capace di stimolare risveglio filosófico nei giovani, di "portare" dentro quell'universo culturale alto e di sintesi e di interpretazione del- la "vita", come ci sottolinea, ancora qui, Manno). Forse altre lezioni di Carabellle- se sono, anche per l'interpretazione del suo pensiero, più significative, soprattutto quelle romane del '41-'43, poi del '43-'46e infine quelle del '47-'48, dedícate a L'attivitá spirituale umana e da ritenere la sintesi forse più viva e matura del suo pensiero a base antropológica che mette al centro la coscienza-come-essere e la lega alie altre coscienze in una elevazione dal vissuto al pensato e alia comunicazione con altri-io- coscienze-come-pensieri. Si, come bene sottolineava Semerari sempre a Bologna nel 1960, l'ontologismo critico del Carabellese è un umanesimo critico-storicistico, se riletto oltre i suoi formalism! gnoseologici e riportato nel suo identikit di "filosofía dell'esperienza" delinéala oltre ogni realismo e ogni idealismo di parte e riporta- ta invece a essere fenomenología di quel sinolo soggetto/oggetto che appunto è il "concreto" della "coscienza". Questo è, alla fine, il Carabellese di Mario Manno, che lo ebbe a Roma come maestro di filosofía teorética alla fine degli anni Quaranta. Quello palermitano di queste lezioni "ritrovate" è un altro Carabellese. Quello più neokantiano, tutto immerso nella gnoseologia moderna, teso a superare con Kant ogni empirismo e ogni astrazione idealistica, ben saldo nel ripens are Viter della filo- sofía da Cartesio a Kant, per rilevarne la funzione-chiave che avrà in essa la "sintesi a priori" di Kant e il suo attacco alla metafísica, per riprendere quest'ultima solo come "metafísica critica", lutta collocata nei confini dell'esperienza di cui lissa, appunto, gli a-priori. Come faceva lo stesso Carabellese nel suo opus magnum, ripubblicato tre volte (1921,1940, 1948), e tutto di "sapore" kantiano: Critica del concreto.
Le lezioni su Berkley sono (pur nel loro lessico ostico, teoreticistico, astratto/ astruso) un documento efficace di questo cammino di Carabellese verso il "concre- to", che è coscienza-essere che salda vita e pensare e si âpre alla molteplicità del reale" (di "cose" e di "coscienze") e li costituisce una convivenza più propriamente umana, illuminata dai Valori. Certo, qui è proprio Viter dello gnoseologismo moderno che sta al centro e di cui Berkeley è un punto focale: li si brucia la tentazione dell'imma- terialismo e li si chiama Dio a garante dell'oggettività e, perianto, si âpre si a Kant col primato del "percipi" e con la problematizzazione del "reale", ma anche si va per altra strada: verso la teología, verso un immaterialismo appunto. Sono tesi, queste, articúlate in un fitto dialogo tra Cartesio (e i razionalisti Malebranche, Spinoza e Leibniz) e Locke (e poi Hume), chiamando in causa costantemente la lectio kantiana come punto-di-arrivo, da tener fermo anche rispetto a quell'idealismo "dopo Kant" cosí metafisico nel porre l'autocoscienza a principio trascendental e fondante. Sono lezioni che, al tempo stesso, vogliono comunicare il senso del fare-filosofia. Come riflessività radicale che salda criticamente esperienza e pensiero e dove quel criti- camente vale come analíticamente e dialetticamente ad un tempo. Ed è un modo di pensare-in-pubblico (almeno cosí ci appare nella trascrizione dal vivo) che fa "rivi- vere" la filosofía nella specifica identità. E non è poco.
E questo è il seconde aspetto di qualità didattica di tali lezioni (il primo è quello che invita a ripensare la dialettica stessa della "filosofía moderna, matrice primaria di ogni coscienza filosófica attuale, anche se lo fa dentro un quadro troppo gnoseo- logistico). C'è poi un terzo. Ed è quello del commente filosófico al testo posto come "chiave-di-volta" di tutto il corso. Qui il Trattato di Berkeley, che viene analizzato a partiré dalla VI lezione e seguito nella sua struttura (richiamata nella XLVI lezione) e nelle sue parti diverse e nei suoi passi più illuminant!. Letti e commentât! e svi- luppati proprio in quel duplice senso: di processo verso Kant e di sensibilizzazione del pensare filosófico. Con esiti si d'epoca, ma metodológicamente ancora oggi si- gnificativi. Tra l'altro proprio Manno ci ricorda che "il fascino di Carabelllese era anzitutto nella sua didattica" (p. IX) e che il suo Berkeley ci indica proprio nell'io-tu posti in un habitat mondano/storico il fondamento stesso del philosophari, come pure la sua stessa "coerenza sistemica" (p. XIII) posta quale forma e destino di taie philosophari.
Allora, anche e proprio per questa valenza didattica (oltre che per il repechage di un testo "sepolto") bisogna ringraziare i due curatori di questa loro "fatica" e per averci indícalo quel testo minore come un ulteriore principio di attualità di quel pen- sare carabellesiano: di ieri nelle forme, ma di oggi e anche di domani nella sostanza.
Franco Cambi
Franco Cambi
Ordinario di pedagogía generale e sociale, Université di Firenze
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