L'epimèleia heautou, affermatasi da Socrate ad Epitteto come dispositivo principe che investe profondamente la vita interiore del soggetto1, consegue nell'ultimo decennio un rinnovato interesse e una sempre più chiara destinazione pedagogica, anche per alcune analogie tra l'epoca ellenistica e quella attuale. Se l'ellenismo è segnato dalla crisi della pòlis, nell'età della globalizzazione si assiste al declino dello stato-nazione; in entrambe le epoche il soggetto vive il proprio orizzonte politico, etico ed educativo come una realtà priva di certezza che, alimentando un profondo senso di smarrimento, lo pone di fronte alla propria finitezza e "incompiutezza" esistenziale2. Smarrimento e senso d'incompiutezza spingono l'individuo a sperimentare, in una sorta di fuga dentro di sé, una svolta etico-pedagogica capace di ridare valore all'esistenza e di sfuggire sia alla omologazione delle coscienze, sia alla "tirannia dell'effimero". Ciò perché la cura di sé, nell'antichità greco-ellenistica e romana e nel suo attuale ripensamento in senso critico-fenomenologico, si configura come "relazione etica", come via attraverso cui il soggetto costruisce se stesso attivando un processo di auto-indagine che non si limita al sé ma coinvolge anche l'altro e il mondo3. È quindi a partire da un'antropologia dell'alterità che la pedagogia della cura post-moderna e "disincantata" interroga le filosofie ellenistiche con l'intento di decostruire l'identità della persona e ridescriverla in termini di differenza e di relazionalità.
L'interesse di epicurei e stoici per la dimensione etico-educativa della cura risponde all'esigenza di reagire alla crisi che coinvolge la coscienza comune greca a partire dalla seconda metà del IV secolo a.C.: la perdita dell'indipendenza delle poleis per mano della monarchia macedone, la nascita dei regni ellenistici e, infine, la trasformazione della Grecia in provincia dell'impero romano, provocano, nella coscienza collettiva degli antichi4, un vero e proprio shock che trasforma la struttura stessa dell'ethos pubblico. Epicureismo e stoicismo si fanno interpreti di questo diffuso stato di incertezza e individuano nella pratica della cura un processo di auto-guarigione, che è anche di auto-formazione, attraverso cui il soggetto avvia un'indagine su di sé che lo riporta alla propria natura, secondo il principio dell'oikèiosis (appropriazione, conciliazione) ovvero della tendenza naturale di ogni essere vivente a "conciliarsi con se stesso"5. Prendersi cura di sé significa avviare un viaggio di ritorno "a casa", come suggerisce la radice etimologica del termine oikèiosis (da oikìa: casa, dimora), alla sorgente del proprio sé; significa, inoltre, amare se stessi e recuperare, attraverso una pratica educativa costante e paziente, il rapporto originario con la natura. Quando Crisippo, stoico della prima generazione, parla di "amore di sé", già intende riferirsi all'istinto primario in base al quale "a ciascuno di noi nulla è più caro di se stesso" e, poiché "tutti amano se stessi per natura"6, il principio originario che legittima l'amore di sé è l'oikéiosis che l'uomo possiede fin dalla nascita7 e che si manifesta nella tendenza naturale di ogni essere vivente8 ad appropriarsi del proprio essere "e di ciò che lo preserva"9. Anche in Epicuro la cura di sé è un principio etico-pedagogico che si afferma come pratica di libertà, esprimendosi attraverso la gratitudine e la riconoscenza nei confronti della natura. Il fine ultimo del quadrifarmaco è infatti il raggiungimento della felicità a cui l'uomo è destinato per natura, che risiede nel piacere inteso come assenza di dolore per il corpo (aponia) e come assenza di turbamento per l'anima (atarassia)10.
Sono, queste, le qualità del saggio il quale, nel progetto filosofico-pedagogico ellenistico, conquista un ruolo centrale per il suo potere di azione autonoma (autopragia), per la sua impassibilità (apàtheia) nei confronti delle passioni, per la sua imperturbabilità (atarassia). Erede di Socrate, modello di vita virtuosa e "maestro della cura"11, e di Aristotele, sostenitore del nesso inscindibile tra conoscenza e moralità (sophìa e phrònesis), il saggio ellenistico si presenta come principio della cura, come maestro-filosofo e figura di riferimento esemplare per chi è impegnato nella propria formazione.
L'epicureismo riconosce il saggio nella figura del caposcuola e dà vita ad "un vero e proprio culto della personalità del maestro"12. Nello stoicismo invece il saggio non è storicamente e socialmente riconoscibile: Zenone, Cleante e Crisippo non si proclamano saggi, anzi sostengono che i saggi "compaiono di rado e a grandi intervalli di età"13. Non identificandolo con un individuo in carne ed ossa, gli stoici pongono l'individualità del saggio in modo metaforico e utopico: non esiste eppure fonda la morale. In questa tesi paradossale risiede l'originalità degli stoici e l'interesse pedagogico per il maestro di cura stoico. A differenza degli epicurei "gli stoici vanno molto oltre nel descrivere perfezione e beatitudine"14 del saggio, il quale è presentato come colui che opera seguendo la ragione e la virtù e si prende cura di sé vivendo in armonia con il Lògos. Ecco perché possiamo considerare quella del saggio stoico una figura utopica, mentre la cura di sé, di cui il saggio è principio, un ideale regolativo, un tèlos che precede/accompagna ogni relazione educativa. Al saggio vengono così attribuite tutte quelle qualità che lo rendono esemplare, mentre agli stolti vengono riconosciute malvagità, infelicità, ignoranza15. Diversamente dagli stolti, il saggio compie le proprie azioni in modo consapevole, secondo ragione (lògos) e virtù (areté); egli vive coerentemente (homologoumenos), cioè in accordo con la natura, in lui il lògos è in accordo con se stesso poiché egli è lògos dispiegato nell'ordine universale del mondo16. Nello stesso tempo, il maestro stoico è un uomo normale: chiunque potrebbe diventare saggio, "se nello sviluppo naturale dell'animale razionale non sopravvenisse la deviazione (diastrophé) dell'errore e della passione"17.
Alla base dell'idea del saggio come principio della cura vi è la particolare concezione che gli Stoici hanno della natura (physis): quando essi affermano che "riuscire a vivere in conformità con la natura è il massimo della felicità" (Crisippo)18, fanno riferimento sia alla physis universale, al Lògos divino, sia a quella particolare dell'uomo, al lògos umano. Quest'ultimo, nella testimonianza di Seneca, è considerato da Zenone (e da tutta la dottrina dell'antica Stoa) un frammento del Lògos divino ed è per questo che l'uomo, solo nel realizzare pienamente la ragione, "sarà degno di lode e avrà raggiunto il suo fine naturale"19, la virtù o la coerenza morale.
La cura di sé, fondata nell'oikéiosis e nell'uso sano della ragione, si fa paradigma pedagogico e progetto educativo: l'uomo può ritornare a se stesso e recuperare ciò che gli è proprio per natura, quando attiva un processo di auto-educazione che, nel renderlo più familiare a se stesso, lo conduce verso la physis universale. La cifra distintiva della pedagogia stoica è pertanto l'oikéiosis, che conduce il maestro a divenire principio della cura di sé: egli ama se stesso, si prende cura della propria persona interamente e continuamente, non nasce maestro ma lo diventa, favorisce il viaggio del discepolo verso la sua natura originaria percorrendo la via della saggezza nelle tecniche del sé.
L'epicureismo assimila il saggio al maestro, che è il principio della cura in quanto uomo libero che tutti gli esseri umani possono scegliere di imitare realizzando la presenza del maestro dentro di sé. Si tratta di una relazione educativa tra il maestro e il discepolo, che diventa un vero e proprio vincolo: Epicuro, con la sua autorità intellettuale e morale, incanta col suo insegnamento il discepolo e gli indica la via per diventare "un dio tra gli uomini", maestro di cura a sua volta20. Egli è esempio vivente, in lui la filosofia non è dottrina ma saggezza, vita vissuta; ha pochi bisogni facili da soddisfare, ricerca i piaceri naturali e necessari, vive in amicizia ed è auto-sufficiente, ponendo la condizione della propria felicità solo in se stesso. Il percorso educativo messo in atto dalla filosofia epicurea dura tutta la vita e offre al discepolo devoto la possibilità di raggiungere una perfetta condizione di atarassia e di aponia. Qui cura di sé e piacere coincidono, anche se per ottenere quest'ultimo non occorre ricercarlo, basta solo rimuovere dalla vita la paura e la sofferenza, cause di turbamento21. Prendersi cura di sé per il discepolo significa seguire gli insegnamenti del maestro sintetizzati nel quadrifarmaco, volti a spegnere in lui la paura degli dei, della morte, del dolore e facilitare la conseguibilità del piacere e della felicità.
Il saggio ellenistico è simile al medico che non si limita a somministrare farmaci ai suoi pazienti; egli indica al suo discepolo la strada, già da lui stesso intrapresa, perché possa diventare a sua volta principio della cura. Possiamo dire che il maestro delle scuole ellenistiche è "compito", adoperando un'espressione in uso nel vocabolario pedagogico attuale e riferita al soggetto in formazione22, poiché la sua saggezza consiste in un processo di formazione continua che non si esaurisce mai e che si estende anche agli altri esseri umani, per cui la cura di sé diviene anche cura dell'altro, in un incontro che è educativo-formativo oltre che di auto-guarigione. La funzione terapeutica della cura ellenistica è chiara nel quadrifarmaco epicureo e legittimata negli stoici dal principio dell'oikéiosis la cui matrice è medico-biologica23. Questo intreccio tra medicina e filosofia non è nuovo nel mondo classico, anzi "la concezione della salute come bene percorre tutta la cultura antica"24: l'uomo sano è infatti inteso come modello etico. La medicina ha come proprio tèlos quello di formare uomini sani e questo spiega perché la cura della salute è parallela a un programma pedagogico che è anche un programma di vita che va a coincidere con la formazione del cittadino25.
Stoicismo ed epicureismo, pur in modi diversi, approdano a un esito comune, che consiste in una sorta di "medicalizzazione" della filosofia, in cui l'arte medica viene vista come via verso la natura, poiché rafforza il tendere a sé della natura stessa26. La malattia da curare è rappresentata dalla tirannia delle passioni negli stoici e da un modo errato di vivere i piaceri corporei in Epicuro. Zenone vede nella paura, nel desiderio, nella rabbia e nel possesso, i sentimenti che allontanano l'uomo da se stesso, e il saggio deve essere privo di passioni, vere e proprie malattie. Tuttavia, gli stoici non indicano una via della guarigione come invece fa Epicuro: la terapia delle passioni coincide con la diagnosi, ovvero con la piena consapevolezza del male da cui si è afflitti e di cui si è i soli responsabili. In questa coincidenza della cura con la diagnosi si rivela, pur non pienamente espressa, la vocazione pedagogica dell'oikéiosis: la natura fornisce a ciascun vivente la propensione alla conservazione della propria natura, garantendo la tendenza naturale verso ciò che è giovevole e una ripulsa del nocivo, ma per liberare il soggetto dall'asservimento alla irrazionalità delle passioni, occorre ristabilire, attraverso un programma educativo, la piena responsabilità morale del soggetto"27. La comparsa della ragione nell'uomo muta però la sua natura e ciò che va ricercato non è costituito più dagli appetiti irrazionali dei bambini, ma dalla contemplazione, dalla comprensione delle cose e da una condotta di vita in armonia con la natura. Poiché in assenza di un programma educativo il passaggio dell'oikéiosis dal primo al secondo livello non accade, nei giovani insieme alla comparsa della ragione si generano le passioni. L'essere umano è dunque il solo responsabile del proprio stato di salute, è infatti il solo che possiede la ragione che può permettergli o impedirgli di essere in armonia con la Ragione universale divina e naturale. Il raggiungimento di tale armonia è per l'etica stoica un compito, che solo il saggio fa proprio attraverso un uso corretto della ragione diventando, al tempo stesso, un "uomo sano"28, semplice, ordinario, ma anche eccezionale, esemplare, imitabile, "maestro di cura"29.
La terapia epicurea delle passioni si presenta più complessa e articolata: l'educazione filosofica, orientata alla realizzazione del piacere, "principio e fine della vita felice"30, si offre come farmaco della sofferenza umana causata dalla paura e dal desiderio. La cura di sé è anche esercizio costante di preparazione alla morte, "limite trascendente ogni esperienza soggettiva", e si risolve in una pratica educativa quasi ascetica della continenza. È, quella epicurea, un'etica che, affidandosi maggiormente "al potere persuasivo ed educativo della parola terapeutica del maestro", riduce al minimo ogni coinvolgimento nelle emozioni che impediscono la realizzazione del piacere31.
La pratica della cura, all'interno delle due scuole, prevede quindi un percorso formativo di auto-guarigione a partire da una concezione olistica della realtà. L'epimèleia eautou, nucleo attorno a cui si sviluppa la formazione del soggetto etico, si arricchisce di un ulteriore significato, naturalistico per gli stoici e materialistico per Epicuro. Nello stoicismo il compito della cura di sé è quello di riarmonizzare il corpo (soma) con lo spirito (pnèuma) per ritrovare la connessione originaria con il tutto; nell'epicureismo è quello di recuperare il rapporto naturale col corpo che, composto da atomi e vuoto, è l'unica realtà e rispecchia attraverso le sensazioni ogni cosa così com'è senza l'intervento della ragione32.
Lo sfondo su cui la cura di sé proietta l'uomo ellenistico è quindi principalmente naturale più che sociale per il diffuso rifiuto della politica di cui Epicuro, col suo invito a vivere nascosti (lathe biòsas), lontani dagli affari della politica che distolgono dalla tranquillità dell'animo, si fa interprete. Eppure quella della cura non può essere considerata una pratica individualistica, "esercizio della solitudine" e dell'egoismo. La cura di sé epicurea implica sia una ricerca personale del bene, basata sul late biòsas, sia una ricerca comune della felicità, che incoraggia l'apertura all'altro e la formazione di un nuovo ethos collettivo. La cura di sé è certamente una pratica individuale, tuttavia essa non esclude la dimensione sociale, nel senso che la fuga dalla politica deve incoraggiare l'incontro autentico tra gli altri esseri umani, com'è documentato dal vivere insieme nelle numerose strutture comunitarie, scuole, cenacoli, gruppi, entro cui essa viene esercitata. Riferendosi allo stoicismo romano, Foucault sottolinea la vocazione sociale dell'epimèleia eautou33, la stessa vocazione che nelle filosofie della grecità ellenistica fa orientare l'attenzione verso temi che riguardano la convivenza civile e la ricerca di una comune felicità. Secondo gli stoici, il desiderio di condivisione è un istinto naturale. Crisippo sostiene che "noi siamo coinvolti da natura in un reciproco vincolo di comunione e di convivenza"34. Epicuro attribuisce grande importanza all'amicizia, "il bene più grande che la sapienza possa procurarsi per la beatitudine dell'intera vita"35, che nasce dall'utilità e si trasforma in rapporto educativo, aiuto scambievole non solo per la soddisfazione dei bisogni materiali, ma anche per il conseguimento della pace interiore. La cura di sé si realizza quindi pienamente quando diventa anche cura dell'altro e questo è possibile solo all'interno di una comunità di amici fondata sull'affetto e non sul contratto e sull'imposizione. Si tratta di una pedagogia dei valori comuni in cui il principio della cura indica come fine e mezzo educativo l'amicizia e la solidarietà tra gli uomini: il tèlos della cura di sé, pratica etica ed educativa, è la formazione dell'uomo inteso come animale comunitario, che tende a superare i confini della pòlis per consociarsi con tutti gli esseri umani36.
Per far fronte alla fine della pòlis e alla conseguente crisi dell'uomo greco come cittadino, Epicuro e gli stoici elaborano due modelli di comunità, diversi ma complementari. Epicuro valorizza la piccola comunità, il vivere associato come momento più alto della vita umana, a patto però che tale vivere non venga corrotto dalla politica e si fondi sulla difesa dell'utile comune. Lo stoicismo teorizza invece una nuova idea di cittadinanza fondata sul cosmopolitismo, in base alla quale chi è con se stesso nella cura può sentirsi a casa propria ovunque vada, poiché egli non appartiene al mondo pur essendo nel mondo. La destinazione sociale della pratica stoica ed epicurea della cura viene espressa nel concetto utopico di comunità intesa come societas hominum et deorum: la piccola comunità di saggi di cui parla Epicuro è un'isola felice collocata all'interno della società politica che include tutti, anche i bambini e le persone incolte, è visibile, reale e fondata sull'amicizia, mentre la grande comunità stoica si costituisce come "invisibile e ideale tra esseri la cui vita sia interamente dominata dal lògos"37. L'uomo ellenistico viene trasformato dagli stoici in cittadino mondiale, che trova espressione nella partecipazione a una grande comunità, nella quale le differenze di nazionalità, di classe, di etnia e di genere, non sono vissute all'insegna del conflitto e della separazione tra gli esseri umani, ma vengono valorizzate in un'ottica interculturale38.
La cura di sé acquista un significato sociale che ne esalta il valore pedagogico anche per il nostro tempo della "liquidità"39, in cui i legami interumani appaiono fragili e temporanei. Essa contribuisce a ricostruire la solidarietà sociale dentro un nuovo orizzonte comunitario esteso fino a comprendere la dimensione mondiale: in quanto attenzione a sé, all'altro e al mondo, la cura diventa risorsa pedagogica in soccorso di un soggetto che quanto più si radica nell'oikéiosis tanto più getta i semi di una nuova coscienza planetaria40 basata su nuove responsabilità etiche, nella consapevolezza di essere parte di un tutto umano e cosmico.
The "self-care", yet one of the ethical principles of the hellen istic philosophies, is read again with a kind of disenchanted and post-modern view. Through a comparision between the Hellenistic and the modern ages, we can say that the first one is marked by the crisis of the polis, and the second one is living out the end of the national state with a sense of anxiety. So, by following Epicuro and the Stoicism, is possible to recognize in the practice of the "self-care" a pedagogic resource through whick the Subject can activate a self-inquiry process able to involve or commit others human beings, planting the seeds for a planetary consciousness.
1 Si devono a Foucault alcune fondamentali riflessioni sulla cura di sé presentate nel Corso da lui tenuto al Collége de France negli anni Ottanta dal titolo Ermeneutica del soggetto (tr. it., Milano, Feltrinelli, 2007) e sulla genealogica del "soggetto desiderante" (La cura di sé, tr. it., Milano, Feltrinelli, 2007).
2 L. Mortari, La cura come asse paradigmatico del discorso pedagogico, in V. Boffo, La cura in pedagogia, Bologna, CLUEB, 2006, p. 63.
3 F. Cambi, La cura di sé come processo formativo, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 23; cfr. anche Id., La cura in pedagogia: una categoria "sotto analisi", in V. Boffo (a cura di), La cura in pedagogia, op. cit., pp. 101-109. Sullo stesso tema si vedano: R. Fadda, Crisi del soggetto e formazione come cura di sé, in E. Colicchi (a cura di), Il soggetto nella pedagogia contemporanea. Una questione, un compito, Roma, Carocci, 2008, pp. 117-118, Ead. (a cura di), L'io nell'altro. Sguardi sulla formazione del soggetto, Roma, Carocci, 2007.
4 M. Vegetti, L'etica degli antichi, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 219. Pur valutando la crisi della coscienza collettiva greca in seguito alla perdita di indipendenza della pòlis un "mito storiografico", riconosce che tale mito nasconde una verità: l'indebolimento "dei processi di deliberazione politica sui quali si era imperniata la vita della pòlis" e il conseguente senso di smarrimento.
5 Crisippo, in R. Radice (a cura di), Stoici antichi. Tutti i frammenti, Milano, Bompiani, 2002, [C. e.] 181, 1055.
6 Ivi, [C. e.] 498, 1239.
7 Ivi, [C. e.] 179, 1055. Cfr. R. Radice, "Oikeiosis". Ricerche sul fondamento del pensiero stoico e sulla sua genesi, Milano, Vita e Pensiero, 2000.
8 Ivi, [C. e.] 182, 1057.
9 Ivi, [C. e.] 183, 1057.
10 Epicuro, fr. 14, in M. Isnardi Parente M. (a cura di), Epicuro. Opere, op. cit.
11 Ivi, pp. 7-10.
12 M. Vegetti, L'etica degli antichi, op. cit., p. 273.
13 Seneca, De tranquillitate animi, 7.2. Vegetti M., L'etica degli antichi, op. cit., pp. 224-225.
14 Ivi , p. 273.
15 Ivi, pp. 273-274.
16 Ivi, p. 275.
17 Ivi, p. 274.
18 Crisippo, in R. Radice (a cura di), Stoici antichi. Tutti i frammenti, op. cit., [C. e.] 7, p. 977.
19 Ivi, [C. e.] 2000 [2], p. 1065.
20 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi. Vita di Epicuro, Libro X, Laterza 1987, Epicuro, Lettera a Meneceo, in M. Isnardi Parente (a cura di), Epicuro. Opere, op. cit., 135.
21 J. Fallot, Il piacere e la morte nella filosofia di Epicuro, Torino, Einaudi, 1977, p. 7.
22 Cfr. F. Cambi (a cura di), Soggetto come persona, Roma, Carocci, 2007, pp. 37 - 47.
23 R. Radice, "Oikéiosis", op. cit. pp. 263-264.
24 E. Romano, Medici e filosofi, Palermo, Palumbo, 1985, p. 115. "Un poeta del VI secolo a. C. come Teognide e un medico dell'inizio del III come Erofilo concordano nel ritenere la salute il più grande dei beni, 'la cosa più desiderabile', in assenza della quale 'la sapienza non si manifesta'".
25 Ivi, pp. 146-147.
26 H.G. Gadamer, Apologia dell'arte medica, in Id., Dove si nasconde la natura, tr. id., Milano, Raffaello Cortina, 1994, pp. 40-45. Cfr. L. Samonà, Terapia e unità della cura, in F. Cambi, N. De Domenico, M.R. Manca, M. Marino (a cura di), Percorsi verso la singolarità, Pisa, Edizioni ETS, 2008, pp. 115-116: secondo Gadamer "nella concezione greca [...] il trattamento medico non può separarsi dal modo di agire della natura, e non può nemmeno separarsi dal proprio risultato considerandolo quale prodotto autonomo rispetto alla natura stessa. [...] L'arte medica mostra una riaffermazione della natura all'interno della tecnica".
27 Vegetti M., L'etica degli antichi , op. cit., p. 226.
28 Romano E., Medici e filosofi, op. cit., p. 141.
29 Sorprendenti le analogie fra i maestri della tradizione orientale e il saggio stoico, che richiederebbero, a nostro avviso, un lavoro a parte. Cfr. Pasqualotto, East & West. Identità e dialogo interculturale, Venezia, Marsilio, 2003, pp. 81- 91.
30 Epicuro, Epistola a Meneceo, in M. Isnardi Parente (a cura di), Epicuro. Opere, op. cit., 128.
31 M. Vegetti, L'etica degli antichi, op. cit, p. 245
32 R. Radice, "Oikéiosis", op. cit., pp. 169-170.
33 M. Foucault, La cura di sé, op. cit., p. 55.
34 Crisippo, [C. e.] 342, in R. Radice (a cura di), Stoici antichi. Tutti i frammenti, op. cit., pp. 1135 -36.
35 Pesce D., Saggio su Epicuro, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 94-96 e Id., Introduzione a Epicuro, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 122.
36 M. Pohlenz, La Stoa, op. cit., pp. 232-233.
37 D. Pesce, Saggio su Epicuro, op. cit., p. 95.
38 Cfr. M.C. Naussbaum, Coltivare l'umanità. I classici, il multiculturalismo, l'educazione contemporanea, tr. it., Roma, Carocci, 2007, p. 75.
39 Z. Bauman, Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido, op. cit.
40 G. Marramao, Dopo il Leviatano. Individuo e comunità, Torino, Bollati Boringhieri, 2000 e Id., Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.
Livia Romano
Ricercatore di pedagogia generale e sociale, Università di Palermo
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Copyright Firenze University Press 2011
Abstract
The "self-care", yet one of the ethical principles of the hellen istic philosophies, is read again with a kind of disenchanted and post-modern view. Through a comparision between the Hellenistic and the modern ages, we can say that the first one is marked by the crisis of the polis, and the second one is living out the end of the national state with a sense of anxiety. So, by following Epicuro and the Stoicism, is possible to recognize in the practice of the "self-care" a pedagogic resource through whick the Subject can activate a self-inquiry process able to involve or commit others human beings, planting the seeds for a planetary consciousness. [PUBLICATION ABSTRACT]
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