Nell'ultimo decennio del XX secolo e nei primi anni del XXI, la letteratura macedone continua il proprio cammino adeguandosi al clima sociale, politico e culturale del paese e della regione, trovandosi in un crocevia, in un periodo di autorifl essione, ossia: in transizione. Cosí, la letteratura macedone condivide le esperienze di altri paesi slavi ed est-europei che si trovano in una condizione simile, distinguendosi però al contempo da questi per le molte specifi cità tipiche del suo proprio sviluppo storico.
Oltre al contesto slavo ed est-europeo, la Macedonia appartiene anche al contesto balcanico, un fatto che rende la sua posizione ancora più complicata e determina ancora di più le sue condizioni specifi che. A causa degli scontri etnici, dell'instabilità politica della regione, e del vivo rischio di guerra che minacciava di essere importata dai paesi vicini, la vita in Macedonia nell'ultimo decennio e mezzo è diventata sempre più agitata, imprevedibile, piena di ansie e di incertezze per il futuro.
Contemporaneamente, anche la letteratura macedone degli ultimi quindici anni si trasforma e si problematizza. Essa però resiste alle sfi de, si rinnova e offre molte testimonianze interessanti sull'epoca in cui stiamo vivendo. La nuova situazione politica, i problemi legati al mantenimento del nome, della lingua e dei confi ni del paese, sembrano portare la Macedonia in una condizione postcoloniale, con un bisogno profondo di ridefi nire e di rivedere alcune delle più importanti questioni nazionali1. Tutto questo ha contribuito a una nuova percezione della realtà e a una nuova rifl essione letteraria, attraverso alcuni dei temi essenziali dell'arte in genere: la tradizione, l'attualità, il problema dell'identità, il rapporto con l'altro e l'alterità. Nella letteratura macedone degli ultimi quindici anni tutte le forme letterarie hanno subito una trasformazione, però i cambiamenti ideologici e poetici sono stati meglio evidenziati nel campo della narrativa e della drammaturgia.
La narrativa macedone tratta i suddetti argomenti seguendo percorsi diversi, prevalentemente con un discorso postmoderno, eseguendo una vera decostruzione dei modelli prima esistenti. In questo senso, nella narrativa stessa sono sempre più presenti l'ibridazione, lo spostamento dei confi ni di genere, la pratica intertestuale e intercul- turale, le relazioni imagologiche, un forte uso dell'ironia e via dicendo. Cercheremo di elaborare qui di seguito ognuno di questi elementi.
La rigida divisione dei generi letterari praticata nel passato ha progressivamente lasciato il posto alla mescolanza, all'intreccio, alla compenetrazione di forme diverse: del romanzo, del saggio, della cronaca e dell'autobiografi a. Questi fenomeni corrispondono anche al forte senso di relatività e alla perdita di precisi riferimenti che sono elementi tipici della nostra epoca culturale.
Seguendo una delle più caratteristiche tendenze del postmoderno, anche la letteratura macedone in questo periodo fa un uso abbondante delle tecniche dell'intertestualità. Problematizzando il concetto dell'originalità nelle opere letterarie, anche gli autori macedoni si servono di citazioni, prediligono la rielaborazione di modelli letterari ed artistici del passato e cercano di incorporarli a modo proprio nei loro testi.
L'approccio interculturale, da parte sua, porta inevitabilmente al problema dell'identità (di ogni tipo: nazionale, culturale, sessuale ecc.): questione chiave della letteratura e della cultura contemporanea; una rifl essione su questo aspetto del mondo attuale non può essere evitata nemmeno dalla letteratura macedone. Potrebbe, questo, divenire un momento decisivo nell'evoluzione generale della cultura macedone (di quella balcanica nel suo complesso), in quanto potrebbe segnare l'inizio di un suo ripensamento indirizzato ad un atteggiamento molto più aperto e più tollerante, all'abbandono del tradizionale concetto balcanico sulla precisa e costante differenziazione delle identità etniche e nazionali, e fi nalmente ad una ricostruzione e rivalutazione di una nozione d'identità conforme a nuovi modelli fl uidi, ibridi e meticci.
Non meno presente ed attuale è la rifl essione teorica sull'imagologia, soprattutto quando si affrontano le questioni dei rapporti tra etnie e culture diverse. Tuttavia, analogamente a quanto accade presso i popoli che vivono attorno a noi, nemmeno la letteratura macedone sembra essere pronta ad affrontare in pieno i problemi balcanici ed a parlare dei modi in cui noi vediamo i nostri "vicini" nei Balcani. Cercando di evitare le questioni più dolorose e scottanti, la letteratura macedone è pronta invece ad affrontare con maggiore maturità i problemi esistenti nelle relazioni tra i Balcani e l'Europa, tra le civiltà orientali e quelle occidentali, rifl ettendo per esempio sulle culture del centro e quelle della periferia.
Anche il problema della tradizione viene rivisto in chiave critica. Nonostante il fatto che la situazione postcoloniale cui si accennava prima renda ancora necessari frequenti richiami al passato e alle origini per giungere ad una piena coscienza e al rispetto per le eredità culturali ricevute dal passato, molti autori macedoni di oggi riescono a trattare la tradizione del proprio paese anche con un senso di sottile ironia e con l'indispensabile distanza che permette di mettere in evidenza i suoi pregi e le sue ricchezze in modo nuovo e originale.
Gran parte delle opere scritte negli ultimi quindici anni manifestano anche un chiaro interesse verso l'attualità, affrontando con coraggio il momento e l'ambiente inquieto in cui viviamo. L'isolamento, la chiusura, la fragilità dei paesi che da poco sono nati come entità indipendenti; l'ansia per le incertezze della situazione economica e politica; i dolorosi problemi che si debbono affrontare con i passaporti e i visti; la diffi coltà di muoversi oltre i confi ni del paese - tutto questo lascia tracce profonde nella scrittura del nostro tempo. Gli scrittori non sono più chiusi nelle loro "torri d'avorio", essi sono sempre più inclini ad inserire temi e problemi della realtà attuale nel tessuto dell'opera letteraria, esprimendosi - com'è naturale - ciascuno in modo diverso, seguendo ognuno la propria poetica e la propria strategia narrativa.
Cercheremo adesso di vedere come i principi e i procedimenti appena descritti hanno trovato la loro attualizzazione concreta nelle opere di alcuni autori contemporanei, che meritano di essere qui ricordati. Tra i narratori che sono stati più presenti e che hanno suscitato maggior interesse nel periodo di cui stiamo parlando, sono senz'altro Venko Andonovski, Gotse Smilevski, Luan Starova, Aleksandar Prokopiev, Dimitrie Duratsovski, Dragi Mihajlovski, Lidija Dimkovska, Kitsa Kolbe. Recentemente è stato pubblicato in inglese un volume che propone un'interessante scelta antologica dei nuovi narratori macedoni2. Vediamo dunque alcune opere signifi cative.
L'ombelico del mondo (2000) di Venko Andonovski ha vinto due prestigiosi premi letterari: è stato premiato come "romanzo dell'anno" dallo "Utrinski vesnik" nel 2001, ed è risultato vincitore del premio internazionale "Balkanika" nel 2002, scelto tra opere di ben sette paesi dei Balcani. Nella sua struttura il romanzo di Andonovski è costituito da due storie diverse, in apparenza indipendenti, ma che poi si dimostrano strettamente connesse fra di loro. La prima storia è ambientata nel Medioevo; la seconda nel Novecento. La prima è lenta, analitica e rifl essiva; la seconda è veloce, dinamica e concreta. Prendendo l'avvio dalle tradizioni bizantine e anticoslave, il romanzo è strutturato sulla base di un sapiente giuoco di piani temporali che, nel corso della narrazione, creano un insieme coerente, pienamente giustifi cato e caratterizzato da un forte senso di integrità. Alla maniera tipica del postmoderno, seguendo alcuni dei modelli proposti da Umberto Eco - in particolare nel suo Nome della rosa -, Andonovski parte dall'ambiente di un monastero medievale, per trasferirsi poi nella vita dei giovani di Skopje nella seconda metà del Novecento. Egli sviluppa così l'idea dell'ombelico come centro del mondo, ma anche come simbolo della donna e della saggezza umana.
Conversazione con Spinoza (2003) è il secondo romanzo del giovane autore Gotse Smilevski, vincitore dello stesso premio nazionale dell'"Utrinski vesnik". Partendo dalla biografi a di Baruch Spinoza, il grande fi losofo del Seicento, quest'opera tende a stabilire un rapporto diretto anche con il lettore contemporaneo. La matrice storica serve al giovane romanziere per raccontare una storia originale ed emozionante attraverso la quale egli esprime le proprie tesi su alcuni dei problemi eterni dell'esistenza umana. L'argomento di maggior rilievo che viene trattato in questo romanzo è la dicotomia tra la ragione e i sentimenti, tra la conoscenza razionale e quella emozionale della realtà. In un modo molto originale egli riscrive questa biografi a fi ttizia di Spinoza, giocando anche con le categorie delle verità storiche e delle fi nzioni. La biografi a del fi losofo viene scritta due volte; la prima volta attraverso il prisma della razionalità; la seconda attraverso quello dell'emozionalità. Nella prima parte vediamo Spinoza che rifl ette, un homo intellectualis, mentre nella seconda vediamo lo stesso Spinoza preso dai sentimenti, cioè diventato nel frattempo un homo sentimentalis. La prima immagine rifl ette la ricerca dell'eternità e delle cose assolute, mentre la seconda evidenzia la corporeità di Spinoza come essere umano, di cui vengono analizzate le passioni, i desideri, soprattutto quei "dolci momenti della fuggevolezza". Questo libro, secondo le parole dell'autore, è nato da una condizione di solitudine, una condizione dalla quale hanno origine i più appassionati aneliti e desideri umani. Da qui anche il bisogno del dialogo, della "conversazione", cui si allude anche nel titolo. Nonostante sia stato defi nito dalla critica un vero esempio di scrittura postmodernista, l'autore preferisce spiegare il suo romanzo come un esempio di "romanticismo ritardato" della letteratura macedone.
Particolarmente interessante per l'argomento di cui si parla è il ciclo dei romanzi dal titolo comune Saga balcanica di Luan Starova. Questo ciclo è costituito da alcuni volumi: I libri di mio padre, Il tempo delle capre, Il cammino delle anguille, Sacrifi cio balcanico, di cui alcuni sono già stati tradotti in diverse lingue europee3. Deciso a seguire la cosidetta "Odissea balcanica" della sua famiglia, Starova è in cerca delle proprie origini e radici, ma ancora di più dello sradicamento dei suoi parenti, di cui segue le migrazioni e i trasferimenti da uno stato balcanico all'altro. In queste opere vengono mescolate le tradizioni, le culture, le ideologie, i diversi cambiamenti di "sistema", fi no agli ultimi eventi politici dei Balcani. Il ciclo balcanico di Luan Starova è una testimonianza della convivenza e dello scontro delle diverse culture sugli spazi dell'Europa Sud-orientale, ma soprattutto riesce ad esprimere e rappresentare nel migliore dei modi il sempre attuale fenomeno del "multiculturalismo" nella complessa e variegata realtà macedone. Un successo particolare ha avuto il suo romanzo Il tempo delle capre (1993) dove l'autore, attraverso la metafora delle capre e del loro triste destino - furono sterminate durante il regime comunista -, rappresenta la distruzione di tutto ciò che è autentico e naturale negli uomini, ed esprime una sua critica feroce nei confronti dei regimi totalitari.
La narrativa di Dragi Mihajlovski, costituita da una serie di romanzi e di racconti brevi, offre un altro sguardo - particolarmente fresco e originale - sulla realtà macedone e balcanica. Il suo romanzo Il profeta della Diskantria (2001) tratta con molta ironia uno dei problemi più delicati per i macedoni di oggi: quello del nome del loro paese. Poiché nei discorsi dei politici europei al posto di "Macedonia" si sente sempre più spesso pronunciare l'eufemismo "This Country", il paese descritto nel suo romanzo diventa - Diskantria. Anche nel suo volume più recente, Il mio Scanderbeg, Mihajlovski ha saputo proporre un'immagine serena, aperta e tollerante della fi gura di questo leggendario eroe albanese, famoso anche fra tutti i popoli dei Balcani. In una serie di narrazioni che partono dai tempi più lontani e giungono fi no ad oggi, la mitica fi gura di Scanderbeg appare come uno sfondo, come un luogo che è comune alla memoria storica collettiva dei popoli balcanici, senza che ciò risulti offensivo per nessuno e senza alcuna pretesa di esclusività etnica e/o nazionale.
Con la sua Camera nascosta (2004) la poetessa Lidija Dimkovska esordisce per la prima volta nel campo della narrativa. Questo romanzo, che ha vinto prestigiosi premi letterari, rappresenta un vero esempio della letteratura di "esilio", trattando gli argomenti dello "straniero", della "dimora" e della presenza/assenza della casa e della patria. Dimkovska, che ormai da qualche tempo vive tra la Macedonia, la Romania e la Slovenia, portando la sua "casa" ovunque vada, pone la questione degli incontri/scontri tra persone, popoli e culture diverse in modo molto sincero e originale.
Un'altra narratrice che ha suscitato grande interesse negli ultimi anni è senz'altro Kitsa B. Kolbe, autrice del romanzo La neve a Casablanca (2007). Raccontando un'altra storia di esilio, quella della protagonista Dina che vive tra Firenze e Skopje, la Kolbe affronta il dilemma della possibilità/impossibilità del ritorno nella città natale e tutti i problemi che la protagonista deve risolvere al proposito. Con grande capacità di descrivere l'ambiente e i più minuti particolari urbani, la scrittrice rivive la vita passata nella città di Skopje attraverso i ricordi della protagonista, ma anche attraverso lucide considerazioni sulla nostra realtà attuale. Svelando nel suo romanzo i propri dilemmi esistenziali, ma anche la forte sensibilità femminile, questa autrice che da alcuni decenni ormai vive in Germania, conclude che il vero ritorno è possibile solo se affi ancato da un amore autentico.
Le caratteristiche della narrativa macedone nel periodo della transizione sono presenti in tutte le opere sopra citate, ma esse si attualizzano nel modo forse più esplicito in un libro che in questo senso si può defi nire paradigmatico. Si tratta di Insomnia (2001), di Dimitrie Duratsovski: con la sua originalità e l'ibridità del genere, con la sua struttura di diario, con la sua evidente multimedialità e con il suo sguardo curioso verso la realtà attuale l'opera merita di essere messa in particolare evidenza tra quelle della nuova narrativa macedone. Scritto come una testimonianza diaristica nel corso di un anno, dal febbraio 1999 al febbraio 2000, questo libro si colloca a mezza strada tra l'autobiografi a e la fi nzione. Insomnia però non è solo il diario di un uomo che racconta la sua vita in un determinato periodo di tempo: è anche un libro di racconti, di frammenti di opere letterarie note e meno note, di lettere e messaggi elettronici, di testi critici su letteratura e arte, di scritti, recensioni e tanti, tanti ricordi sottili. "Raccolgo", dice l'autore, "accumulate banalità e trivialità, quantità di carta scritta, sedimenti dei giorni passati...". La frammentarietà come principio è una parte costitutiva di quest'opera, motivata anche dalle notti senza sonno del suo autore, che sono leggibili già nel titolo del libro. Da lì proviene lo spostamento delle posizioni, che a sua volta provoca il decentramento e la dispersività della narrazione. "Di giorno, un sole disorientante, vertigo. Di notte, l'insomnia." In un modo un po' ironico, l'autore ci vuole convincere che si tratta di una posizione che agisce in maniera stimolante per la sua creatività: "Quando dorme a suffi cienza, l'uomo diventa razionale e ottuso. Dalle inquetudini di cui soffriva nei momenti d'insonnia, gli rimane solo una ridicola, inutile vergogna...".
Per spiegare meglio l'approccio intertestuale ed intermediale, ricordiamo che l'inquietudine dei pensieri di Duratsovski si intreccia con quella di tanti suoi predecessori, artisti e letterati: James Joyce, Marcel Proust, Edmund Bierce, Bruno Schulz, Gombrowicz e Witkacy sul piano letterario e Marcel Duchamp, Fellini, Visconti e Gustav Mahler su quello artistico. "Tutti i libri sono ormai scritti" - afferma Duratsovski - "da Omero e Shakespeare sembra che tutto sia variazione sugli stessi temi; riciclaggio, trascrizione, poco da aggiungere." E più avanti: "Ammetto che io scrivo trascrivendo, citando, parafrasando, imitando. Non voglio essere "unico", universale o particolare. Voglio essere periferico e marginale. Essere tutti - per essere nessuno". Il carattere intermediale del libro, invece, proviene dall'eccezionale fi gura artistica dell'autore, che è contemporaneamente anche un noto pittore, ed ha saputo incorporare in quest'opera la sua grande erudizione, nonché il suo raffi nato senso artistico.
La marginalità, cui si accennava sopra, ci avvicina ad un altro tema, magistralmente rappresentato da Duratsovski nella sua narrativa: il tema della "provincia". Vivendo e scrivendo a Struga, sulle rive del Lago di Ohrid, con grande coraggio e cinismo l'autore si riferisce anche alla fragilità della propria identità, che non solo oscilla tra la letteratura e la pittura, ma ruota anche attorno al problema della "provincia" come propria scelta intima e personale. Duratsovski è un autore che ha percepito con amarezza l'essere stato strappato allo spazio culturale ex-jugoslavo: ha rifi utato di abitare nella capitale Skopje, preferendo vivere nella "periferia", cui è affezionato nonostante la piena coscienza di tutti i suoi difetti. "È facile ottenere un successo a Parigi! Il vero successo, ai limiti dell'impossibile, è vivere qui, in "provincia". E ancora, con una buona dose di rassegnazione, egli ricorda che "noi tutti abitiamo una profonda provincia, dove non accade praticamente nulla, tranne qualche piccola e sporca guerra, dolorose migrazioni di popoli, nascite di nuovi stati nazionali". È chiaro che la provincia in cui vive Duratsovski non costituisce un ostacolo per la sua comunicazione diretta con i maggiori rappresentanti dell'arte e della cultura in tutto il mondo: l'unica ad essere veramente terribile ed inaccettabile è la "provincia dello spirito", quella che è dentro di noi, assolutamente indipendente dall'ampiezza dello spazio in cui abitiamo.
Nelle sue diffi cili notti senza sonno Duratsovski si è dimostrato un eccellente osservatore della nostra turbolenta e scottante realtà quotidiana. Una parola chiave nelle sue rifl essioni è senz'altro "crisi", e non solo crisi politica e sociale, ma anche bellica, che nei momenti in cui nasceva il suo libro assumeva dimensioni drammatiche proprio nei paesi più vicini. L'intervento militare e i bombardamenti in Serbia colpiscono profondamente l'autore, che li vede come minaccia di una crisi analoga anche per il suo paese. E poi, la crisi sul piano politico coincide con la crisi sul piano individuale, soprattutto la crisi spirituale, che rende lo scrittore inquieto, malinconico, disperato: "Ci troviamo in una situazione caotica" - scrive Duratsovski - "stiamo perdendo la città, lo stato, noi stessi". Non è diffi cile accorgersi che queste inquietanti testimonianze intime avvicinano il romanzo Insomnia agli orizzonti teorici del mondo attuale, che parlano di deterritorializzazione, di esilio interiore e di marginalizzazione, quei fenomeni che sono conosciuti soprattutto grazie alle opere di E. Said, Homi Bhabha, Gayatri Ch. Spivak e altri teorici degli studi postcoloniali.
Vorrei concludere queste rifl essioni con una nota sul tema generale di questo intervento: la transizione, che si rifà ad un'immagine presa dai racconti brevi di Aleksandar Prokopiev4. Autore di sensibilità prettamente urbana, legato con la stessa passione alla sua città, Skopje, e ad una serie di altre città europee ed extra-europee - da Belgrado a Ochrid, da Parigi, a Varsavia, New York ed altre, Prokopiev si è dedicato sempre e con grande piacere al tema dei viaggi, sia reali che immaginari, realizzati o solo desiderati. In uno dei suoi racconti troviamo la più eloquente immagine della realtà macedone in transizione: l'immagine della sala d'attesa, dove si gioca con le parole transizione e zona di transito: "I cittadini di un paese in transizione" - scrive Prokopiev - "sono passeggeri in transito, lasciati nella sala d'attesa di un grande aeroporto dove, con tutti i bagagli attorno, ma anche con lo sguardo attentamente fi ssato sui monitor, aspettano, con perseveranza, il volo che dovrebbe portarli verso la destinazione promessa..."5.
Come concludere? Si potrebbe dire, che gli scrittori macedoni, come i loro colleghi di altri paesi e di altre culture est-europee o balcaniche, hanno senz'altro imparato a vivere e a scrivere in questa nostra epoca di passaggio, di cambiamento e di caducità, che di solito chiamiamo il "periodo della transizione": una nozione, quest'ultima, che per defi nizione sottintende un fenomeno di breve durata, ma che nel nostro caso dura ormai da troppo tempo per poter essere defi nita solo per mezzo delle categorie della temporaneità. Comunque, anche in una tale situazione "di transito", gli autori macedoni hanno creato opere di grande freschezza e originalità, hanno saputo adattarsi a poetiche e a "ideologie" letterarie differenti, e hanno lasciato dietro di sé testimonianze concrete del tempo - turbato e caotico, a volte disperato e apatico, ma molto più spesso emozionante e provocatorio - in cui viviamo oggi.
1 Sul problema della Macedonia e il discorso postcoloniale si può vedere il volume di Branislav Sarkanjac, Katachresis macedone (Sarkanjac 2001).
2 Gaughran, Ancevski 2000.
3 In italiano sono stati tradotti due romanzi di Luan Starova, Il tempo delle capre e Il sacrifi cio balcanico (Starova 2005, 2008).
4 Nella traduzione italiana è appena uscito il breve romanzo di Prokopiev, Voyeur (Prokopiev 2009).
5 Prokopiev 2000: 73-74.
Bibliografia
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Dimkovska 2004: L. Dimkovska, Skriena kamera, Skopje, 2004.
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Gaughran, Ancevski 2000: R. Gaughran, Z. Ancevski (a cura di), Change of the System: Stories of Contemporary Macedonia, Skopje 2000.
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Mihajlovski 2001: D. Mihajlovski, Prorokot od Diskantrija, Skopje 2001.
Mihajlovski 2006: D. Mihajlovski, Mojot Skenderbej, Skopje 2006.
Prokopiev 2000: A. Prokopiev, 77 antiupatstva za lièna upotreba, Skopje 2000.
Prokopiev 2009: A. Prokopiev, Voyeur, Lecce 2009.
Sarkanjac 2001: B. Sarkanjac, Makedonski katahrezis, Skopje 2001.
Smilevski 2002: G. Smilevski, Razgovor so Spinoza, Skopje 2002.
Starova 2005: L. Starova, Il tempo delle capre, Napoli 2005.
Starova 2008: L. Starova, Il sacrifi cio balcanico, Lecce 2008.
Anastasija Gurcinova
(Università dei SS. Cirillo e Metodio, Facoltà di Filologia "Blaze Koneski" - Skopje)
ANASTASIJA G'JUR.INOVA e Professore associato dell'Universita "SS. Cirillo e Metodio" di Skopje, dove insegna letteratura italiana presso la Facolta di Filologia "Bla.e Koneski". Presidente dell'Istituto "Dante Alighieri" di Skopje, saggista e traduttrice, si occupa di italianistica, di letteratura comparata e di studi interletterari e interculturali. Fra le sue pubblicazioni: Kalvino i skaznata (Skopje 2000), Italijanskata kni.evnost vo Makedonija (Skopje 2001), Prli.ev i Ariosto (Skopje 2002), Konteksti (Skopje 2006), Tempo d'incontri: Atti dei convegni "Tempus", a cura di A. Gjurcinova e V. Zaccaro (Skopje 2007).
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Copyright Firenze University Press 2009
Abstract
Il ciclo balcanico di Luan Starova è una testimonianza della convivenza e dello scontro delle diverse culture sugli spazi dell'Europa Sud-orientale, ma soprattutto riesce ad esprimere e rappresentare nel migliore dei modi il sempre attuale fenomeno del "multiculturalismo" nella complessa e variegata realtà macedone. Raccontando un'altra storia di esilio, quella della protagonista Dina che vive tra Firenze e Skopje, la Kolbe affronta il dilemma della possibilità/impossibilità del ritorno nella città natale e tutti i problemi che la protagonista deve risolvere al proposito. Si potrebbe dire, che gli scrittori macedoni, come i loro colleghi di altri paesi e di altre culture est-europee o balcaniche, hanno senz'altro imparato a vivere e a scrivere in questa nostra epoca di passaggio, di cambiamento e di caducità, che di solito chiamiamo il "periodo della transizione": una nozione, quest'ultima, che per defi nizione sottintende un fenomeno di breve durata, ma che nel nostro caso dura ormai da troppo tempo per poter essere defi nita solo per mezzo delle categorie della temporaneità. Gaughran, Ancevski 2000: R. Gaughran, Z. Ancevski (a cura di), Change of the System: Stories of Contemporary Macedonia, Skopje 2000.
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