Keywords: Enlightenment; Latin School of Transylvania; Samuil Micu; Gheorghe Şincai; Petru Maior; Ion Budai-Deleanu
L'alba del Settecento si leva su una Romania divisa e oppressa dal dominio straniero, su un popolo che ignorava o non sentiva piu le origini latine, su un paese che stentava a mantenere contatti con la civilta europea. E pero la situazione presentava aspetti e caratteri differenti nelle tre regioni storiche, la Valacchia, la Moldavia e la Transilvania, che costituivano il cuore pulsante della nazione. Nei due Principad era gia avvenuta nelle eta precedenti una timida apertura verso i valori spirituali dell'Europa, ma quasi sempre in via mediata: per il tramite degli umanisti polacchi, si erano nel XVII secolo stabiliti i primi rapporti con l'Occidente; attraverso il filtro dell'erudizione greca, erano state, in quello successivo, intessute piu assidue relazioni con i due versanti del Vecchio Continente. Alcuni sovrani e statisti si erano prodigati per ampliare quei varchi: cosi, il principe di Valacchia Constantin Brâncoveanu e il suo ministro degli affari esteri, lo stolnic Constantin Cantacuzino, entrambi allievi dell'Universita di Padova, avevano discoperto, grazie agli stimoli dei docenti del rinomato Ateneo1, le suggestioni dell'Umanesimo e del Rinascimento, si erano accostati alla latinita classica, erano rimasti affascinati dal pensiero di Erasmo da Rotterdam, avevano favorito l'assimilazione dei modelli culturali italiani.
I piu fruttuosi tentativi di rompere il secolare isolamento furono, tuttavia, non opera dell'iniziativa di singoli, bensi naturale conseguenza della svolta politica ed amministrativa che aveva profondamente mutato la situazione ai vertici dei Principad: la Sublime Porta aveva sottratto le due entita statali ai reggenti locali e le aveva affidate a notabili prescelti in seno alle famiglie piu eminenti del Fanar, il quartiere di Istanbul abitato da una folta colonia di greci e sudditi grecizzati che erano, per la fedelta assoluta al potere, pervenuti a cariche prestigiose nelle forze armate e nell'apparato burocratico. Le autorita centrali si erano decise a tale passo perché preoccupate dalle mire espansionistiche dell'Austria e dai ventilati disegni di alleanza della Moldavia con la Russia di Pietro il Grande, che erano risonati come un inquietante segnale d'allarme per l'integritá deü'Impero multinazionale ottomano. Da questo momento in poi sui troni valacco e moldavo il sultano innalzerá uomini di sicura obbedienza e li tratterá alla stregua di governatori di provincia, nominati, spostati e destituiti a suo piacimento (Castellan 2011: 91), e la prassi sará mantenuta fino agli anni Venti del XIX secolo.
I riflessi economici e sociali del nuovo sistema si rivelarono oltremodo negativi per i sudditi che videro peggiorare le proprie condizioni materiali, esposti com'erano alľaviditá di non pochi dei sovrani, intenzionati a rivalersi con ogni mezzo e nel piu breve tempo possibile del danaro profuso per assicurarsi la carica, ma non tardo a manifestarsi qualche beneficio quando la lungimiranza politica spinse alcuni tra loro ad adoprarsi per il bene di un paese che pure avrebbero dovuto lasciare al volgere di un ristretto periodo di regno. Cosi Grigore III Ghica, convinto della funzione primaria dell'istruzione e della scienza per il completo sviluppo della personalitá umana, riformo l'Accademia principesca di Iaşi e, nel gennaio del 1765, presenzio con tutta la corte alla prolusione tenuta da Iosipos Moesiodax, appena designato al vertice dell'importante istituzione (Popescu 2016: 35, nota 2). Mosso dall'idea illuministica di contribuire alla felicitá dell'uomo curandone in primis la formazione civile, morale e intellettiva, Alexandru Vodă Ipsilanti ne segui l'esempio a Bucarest, dove rinnovo il sistema d'insegnamento e riorganizzo l'antica Scuola di San Sava, che divenne, con decreto del gennaio del 1776, un'Accademia aperta anche ai figli dei contadini destinati al servizio ecclesiastico, a differenza di quella della capitale moldava riservata ai soli rampolli dell'aristocrazia (Castellan 2011: 112-113). E siccome accadeva non di rado che il medesimo signore si vedesse a turno elevato al trono dell'uno e dell'altro Principato2 o che un docente si trasferisse da un'istituzione d'insegnamento superiore dell'uno a una consimile dell'altro3, la circostanza contribui a porre fine alla lunga epoca di segregazione e a riannodare legami di comunanza nazionale e culturale tra le terre romene, ampliando gli angusti orizzonti delle realtá locali, non soltanto relegate per secoli ai margini delle grandi correnti del pensiero europeo, ma segnate anche dalla mancanza di intenti collaborativi, quando non animate da malcelata ostilitá. Dinanzi agli occhi dei giovani che sempre piu di frequente sono inviati a concludere o perfezionare il ciclo di studi all'estero, si schiudono nel contempo gli spazi mediterranei del 'Commonwealth fanariota' - la definizione e di Cesare Alzati - ?un mondo che aveva come lingua franca il greco, ma il cui centro accademico privilegiato era la latina Universitá di Padova? (Alzati 2005: 267).
Ancora piu profonde le modificazioni intervenute nel tessuto socio-politico della Transilvania, postasi di propria volontá sotto la protezione degli Asburgo che con il Diploma leopoldino del 4 dicembre del 1691 avevano confermato diritti e privilegi delle tre 'nazioni' predominanti e delle quattro confessioni riconosciute, continuando a negare in toto quelli dei romeni ortodossi (Castellan 2011: 122). In seguito, il govemo di Vienna tento di ristabilire un equilibrio tra le diverse etnie e di accogliere, sia pure parzialmente, le rivendicazioni di quella piu negletta, ma le misure politiche, economiche, sociali e religiose trovarono tardiva o limitata applicazione nella regione, sebbene si verificasse qualche lieve miglioramento quando la corona imperiale cinse il capo di Giuseppe II, il monarca illuminato al quale guardavano con speranza i romeni di Transilvania, e non solo.
Dalla citta di Blaj, il cuore stesso della regione, dove nel 1737 aveva trasferito la sede dell'arcidiocesi, la Chiesa greca unita, in vista dell'ulteriore intensificazione dell'attivita missionaria, apri una tipografia da cui usci una nutrita serie di opere ecclesiastiche e devozionali (tra le altre, l'edizione della Bibbia curata da Micu nel 1795) e fondo, oltre al seminario, istituti d'istruzione in lingua romena che nel corso degli anni si avvalsero di insigni docenti quali Samuil Micu, Gheorghe Şincai, Petru Maior, Ion Budai-Deleanu, Aron Pumnul o Timotei Cipariu e formarono un folto novero di allievi, molti dei quali destinati a infondere nuova linfa nella trama culturale della Transilvania e, piu in generale, della Romania. I piu brillanti, inviati a perfezionare gli studi all'estero, acquisirono affinati strumenti critici e solide conoscenze nel campo delle scienze giuridiche ed economiche, storiche e sociali, filosofiche e teologiche: la gran parte seguiva i corsi universitari a Buda e a Vienna (Câmpeanu 2000), ma non pochi si dirigevano a Roma e studiavano nel Collegio Urbano di Propaganda Fide4, dove ricevevano una preparazione accademica, umana, spirituale e pastorale rivolta a trasformarli in attivi apostoli della fede cattolica. Nella citta dei papi, cosmopolita e, malgrado l'occhiuto controllo della censura, ricca di fermenti culturali, vennero in contatto con spiriti aperti e innovatori, che non mancavano neanche nelle file del clero, e assimilano, in particolare, il pensiero di Ludovico Antonio Muratori, permeato da vive urgenze di rigenerazione dell'universo cristiano. Tornati in patria con la mente dischiusa alle idee del secolo, quei giovani rimarranno colpiti dalle condizioni di arretratezza e miseria e si dedicheranno a un appassionato disegno di elevazione culturale e di miglioramento sociale5, soprattutto quando, all'indomani della scomparsa di Giuseppe II (1790), i primi atti del regime reazionario di Leopoldo II addensavano ancora una volta nuvole di tempesta sull'esistenza dei romeni.
Consci del pericolo incombente, un manipolo di sinceri patrioti - tra gli altri, Micu, Şincai, Maior e, con ogni probabilita, Budai-Deleanu6 - collaborarono alla redazione di una memoria inviata nel marzo del 1791 alla Corte di Vienna, il primo Supplex Libellus Valachorum, il manifesto politico e sociale della Scuola latinista di Transilvania, ispirato, in linea generale, alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e tutto incentrato, nello specifico, sulla richiesta di ripristinare gli 'antichi diritti'7 iniquamente sottratti ai romeni che quella regione, prima ancora degli ungheresi, avevano abitato e retto dopo la dissoluzione dell'Impero romano8. Il governo di Vienna inoltro il documento alla Dieta di Cluj, dove i rappresentanti ungheresi, sassoni e székeli ne respinsero con sdegno e irritazione le idee sostenute e le istanze propugnate, ma il tema sostanziale del libello, la riaffermazione delle scaturigini latine della nazione romena, addotto e agitato un tempo dalle alte gerarchie uniati per ribadire, in polemica con il rivale clero ortodosso, la supremazia spirituale della Chiesa nata all'ombra di Roma ed erede della sua visione ecumenica, diverra per i romeni di entrambe le confessioni un efficace argomento per reclamare un passato di gloria che le traversie della storia avevano potuto soltanto offuscare.
Nell'arco di meno di un secolo gl'intellettuali romeni si accostano, dunque, alla realta dell'Occidente, ne traggono e assimilano concezioni che li obbligano a riflettere su sé stessi e sull'essenza della propria nazione; in particolare, sono i rappresentanti della Scuola transilvana a scoprire l'Europa, vista non gia come una nozione geografica e geopolitica, ma come un polo spirituale paradigmatico di valori, creazioni e tendenze ideologiche originali, di una letteratura e di una cultura nuove, di istituzioni socio-politiche moderne e avanzate, di un livello elevato di progresso, cultura e civilta (Marino 1979: 5); sono gli studiosi che idealmente ne condividono le tesi e ne sostengono gli obiettivi a svolgere la funzione decisiva nell'azione politica e spirituale, ad avvertire piu impellente l'impegno per l'unificazione della nazione9, meta ultima di una ritrovata e piu salda comunione di lingua e cultura che avrebbe consentito di competere su un piano di pari dignita con gli Stati piu civilizzati.
Non sara superfluo, prima di soffermarsi sui contenuti, gl'indirizzi e i protagonisti di questa corrente culturale, chiarire due questioni che attengono, l'una, alla terminologia e, l'altra, alla cronologia. La storia letteraria romena, che insiste sulla sua localizzazione regionale, di norma la denomina 'şcoală ardeleană'10, sebbene non ne ponga mai in secondo piano l'insita rilevanza pan-nazionale, mentre riserva la definizione di 'şcoală latinistă' o 'curent latinist' all'opera degli epigoni che nella seconda meta dell'Ottocento condussero ad aberranti conclusioni alcune delle tesi e delle intuizioni dei primi ideologi11. Nella monografia dedicata allo studio del movimento Mario Ruffini ricorre alla piu larga definizione di 'scuola latinista romena', che gli consente, in sintonía con la personale visione del problema, di analizzare, inquadrandola nei limiti di circa un secolo, anche l'attivita di quanti, dopo la rivoluzione del 1848, si richiameranno all'opera degl'iniziatori (Ruffini 1941). L'appellativo di 'Scuola latinista transilvana' e privilegiato, invece, negli scritti di Rosa del Conte12 e di Luisa Valmarin, la quale, in un'occasione, osservava che l'altro, quello preferito dagli storici letterari di Romania, ?trascura ed oscura quanto vi e di rumeno nelle cause che ne hanno orientato e determinato l'attivita (...)? (Valmarin 1981: 419, nota 21).
Quando in questa sede, come gia in altre, ci riferiamo al movimento con analoga espressione, intendiamo semplicemente fissarne le coordinate geopolitiche e culturali che ne formarono il lievito e porre, insieme, l'accento sulla specificita degli strumenti di lotta adottati ai fini delle rivendicazioni nazionali. La scelta del termine 'scuola' non induca, pero, a ritenere che gli aderenti alla corrente mantenessero, quasi fossero membri di un circolo esclusivo, diretti rapporti personali, discutessero in apposite riunioni le linee di condotta o assumessero iniziative comuni. Non e affatto cosi. Unisce gl'intellettuali romeni di Transilvania, cui spesso si aggregano per concordanza ideale quelli originari di altre regioni, anzitutto del Banato, come Constantin Diaconovici Loga, Paul Iorgovici o Dimitrie Ţichindeal, la volonta di realizzare i punti di un programma che la stessa situazione politica, sociale e religiosa andava suggerendo. Certo, non mancavano le occasioni di incontro, ma, ancorché foriere di proficui risultati, furono il piu delle volte determinate dal caso o dalle circostanze della vita. Il giovane Budai-Deleanu frequento le lezioni al seminario di Blaj proprio quando Samuil Micu vi era stato appena chiamato all'insegnamento di logica e di aritmetica; in quegli anni vi si trasferisce, per completarvi la formazione media, Maior, e nasce tra i due studenti un sodalizio spirituale, rinsaldato durante gli anni universitari a Vienna, giusto nel periodo in cui Micu assolveva al compito di vice-ephemerius al Collegio Santa Barbara, e, sebbene non si rivedessero mai piu, la loro amicizia rimarra salda per tutta la vita13. Nel 1774 Şincai, che aveva gia avuto un'esperienza di docente di retorica e poetica, ottenne, assieme al piu giovane Maior, una borsa di studio per il Collegio Urbano De Propaganda Fide a Roma; piu tardi, su incarico del governo austriaco, lavorarono entrambi a un progetto di riforma dell'insegnamento in Transilvania. Spesso quegli eruditi si mantenevano in contatto epistolare14; erano informati delle intenzioni e dei progetti dei colleghi15; si dedicavano i frutti della fatica storica, filologica o letteraria16; si scambiavano stralci delle opere prima ancora che fossero portate a conclusione o pubblicate17.
Nel lasso di tempo che dall'ultimo quarto del XVIII secolo giunge alla fine degli anni Venti del XIX apparvero gli scritti dei maggiori esponenti dell'innovatrice corrente della cultura filosofica, storica e linguistica romena. L'identificazione delle opere in cui siano, con maggiore pregnanza, formulate le idee capitali della Scuola serve a una datazione piu precisa e, nello stesso tempo, anticipa e chiarisce la visuale da cui s'intende studiarne i tratti peculiari. Qualora se ne collochi in primo piano l'apporto allo sviluppo del pensiero romeno, il 1779, anno di pubblicazione dell'opera Carte de rogacioni pentru evlavia homului chrestin di Micu, puo essere assunto a momento di avvio dell'impegno operante dei suoi seguaci, inteso quale riflessione consapevole sul profilo spirituale e il destino della nazione romena o, piu in generale, quale apertura alle concezioni dell'Illuminismo. E il 1829, quando usci la traduzione delle Méditations di Alphonse de Lamartine, ossia il momento in cui la sensibilita romantica prende a rifrangersi anche in terra romena, va a giusta ragione considerato il termine ad quem (Popovici 1979: 99 sgg.). Si tratta pur sempre di limiti cronologici convenzionali, perché le idee esposte da Micu nell'introduzione alla sua operetta edificante sono il risultato non solamente della disputa gia intrapresa sulle medesime tematiche nei suoi scritti anteriori, ma anche il riflesso delle convinzioni che si erano andate diffondendo in ambito romeno a partire dalla meta del Settecento, allorché piu incisiva si era levata la voce di quanti avevano a cuore il rinnovamento spirituale. Ove si vogliano, invece, privilegiare nell'analisi le preoccupazioni filologiche, che si concretarono in saggi sull'evoluzione del romeno e in trattazioni normative finalizzate al raggiungimento dell'unita linguistica, ci pare piu significativo e caratterizzante segnarne i confini e la fioritura nella cornice di altre date, il 1780, quando apparve la prima edizione degli Elementa linguæ dacoromanæ sive valachicæ di Micu e Şincai, e il 1828, anno di stampa della Gramatica românească di Ion Heliade Rădulescu. Se, infine, si considerano le richieste politiche e sociali del movimento, che si concretarono nell'invio alla corte di Vienna del Supplex Libellus Valachorum, gl'inizi vanno ritratti alquanto indietro, intomo alla meta del XVIII secolo, allorché, in patria e nell'esilio romano, loan Inochentie Micu-Klein si fece, con sollecitudine inesausta e sacrificio personale, portavoce dei conculcati diritti dei romeni di Transilvania, umiliati dalla negata equiparazione alle altre nazionalita della regione. E il 1820, l'anno della morte di Budai-Deleanu, che nei versi della Ţiganiada e dei Trei viteji aveva condannato l'iniqua discriminazione dei romeni, preconizzandone la riunificazione e l'indipendenza18, e quello seguente, quando si spense Maior, che con il rigore degli scritti storici e filologici aveva fornito decisive argomentazioni e valido fondamento per quelle rivendicazioni, possono considerarsi il frangente conclusivo dell'impegno militante della Scuola.
In tali contesti e spazi temporali operano gli animatori del movimento, che sull'onda e la scia delle idee illuministiche, ormai patrimonio comune dell'Occidente europeo, sognano un futuro di riscatto politico e sociale, ne creano i presupposti con un intenso programma di rinascita culturale, avviano un aspro dibattito per confutare le tesi denigratorie degli storiografi stranieri o delle altre nazionalita transilvane, approntano minuziosi studi per ribadire l'ascendenza latina dei romeni, la continuita della loro permanenza sul suolo dell'antica Dacia e le basi romanze della loro lingua. E di regola queste ricerche s'intessono e colorano di innegabili prospettive e finalita politiche: ogni omelia che risonava dai pulpiti, ogni scritto pubblicistico, storico o linguistico che vedeva la luce o, piu spesso ancora, rimaneva purtroppo inedito, ogni appello indirizzato al governo asburgico, tutto valeva a riaffermare la latinita di un popolo mortificato dagli eventi storici, ma pronto ormai a riappropriarsi di un passato onusto di gloria, quella promanata dalla civilta di Roma, e a presentarsi con nuova dignita sul proscenio europeo.
Le pagine dei letterati della Scuola s'infittiscono di inviti ai romeni perché non deleghino piu ad altri le chiavi del proprio destino, esigano la fine delle discriminazioni etniche e chiedano a Vienna l'applicazione all'intera societa transilvana delle riforme avviate in tutti gli altri territori dell'Impero. Questi reiterati appelli, avanzati nel pieno rispetto dell'ordine socio-politico esistente, esprimono la fiducia, se non la certezza, che i longanimi sovrani vogliano operare per il progresso e la prosperita di un paese che, all'incirca un secolo prima, si era, con libera manifestazione di volonta dei maggiorenti, affidato al loro governo, svincolandosi dal protettorato turco. Ecco perché si trattano con cautela i temi piu delicati e scabrosi; ecco perché le agitazioni sociali, culminate nella sanguinosa insurrezione dei contadini valacchi contro i nobili magiari (1784), incontrano negli scritti degl'intellettuali transilvani esplicite voci di condanna19, scarsa eco20 e, solo di rado, caute voci di commiserazione21. Uno dei pochi a esprimere parole di un ardito e arrischiato radicalismo22, non molto lontane dalla piena adesione all'ideologia della Rivoluzione francese, fu Budai-Deleanu, che nelle strofe della Ţiganiada e, in toni ancora piu caustici, in quelle dell'incompiuto poemetto Trei viteji esterna senza remore l'avversione per i principi fanarioti e per il regime monarchico, condanna senza infingimenti l'ineguaglianza sociale e la servitu della gleba23, denuncia con spirito volteriano i crimini perpetrati dagli eserciti sotto il vessillo delle grandi potenze o l'usbergo della fede religiosa, fosse quella cristiana, ebraica o musulmana (Senatore 2003: 98-100).
L'idea illuministica del sapere quale strumento primario per l'elevazione spirituale e il progresso sociale trova appassionata udienza tra i letterati romeni di Transilvania, che attuano molteplici iniziative di acculturazione rivolte a incidere sulle condizioni di arretratezza di popolazioni soggette nel corso dei secoli a dominazioni straniere capaci di affievolirne la stessa consapevolezza nazionale. Nelle epoche precedenti non erano mancate voci che invitassero allo studio, ma da angolazioni non certo profane, come nella chiusa dell'Evangheliarul românesc di Coresi (1561), ove l'editore precisava gli scopi puramente devozionali del faticoso impegno. Non cosi nel secondo Settecento, quando le idee illuministiche comportano una diversa considerazione della riflessione pedagogica e dell'intervento didattico, che si prefiggono ormai, non piu e soltanto mete ultraterrene, bensi concrete e quotidiane esigenze di benessere materiale, come osserva in un'omelia del 1792 il colto sacerdote Sava Popovici, formulando l'equazione 'ignoranza - miseria' (Nicolescu 1971: 8).
Al ceto intellettuale spetta il compito di diradare le tenebre 'medievali' con una costante azione di formazione delle masse e con una lotta senza quartiere contro pregiudizi e superstizioni, chiamando in causa, ove fosse necessario, la visione del mondo della Chiesa, ma evitando, a differenza di quanto avveniva in Occidente, attacchi diretti e virulenti all'istituzione ecclesiastica. Solleciti ad alleviare la diffusa miseria e mossi da un ardente patriottismo che li spinge a svolgere con premura infinita la propria missione etica e culturale (?Tot timpul ce am liber îl dau neamului mieu?, ribadisce Şincai in una lettera a Ioan Corneli (apud Iorga 19332: 217)), gli aderenti alla Scuola si attivano in tutti i campi del sapere; redigono o traducono opere di contenuto teologico, filosofico, scientifico e tecnico24; seguono gli sviluppi delle nuove metodologie didattiche europee e ne recepiscono i traguardi raggiunti; lavorano per l'apertura di istituzioni scolastiche nei grandi centri e nei piu remoti villaggi25; si dedicano con entusiástico zelo all'insegnamento e preparano sillabari, libri di aritmetica, grammatiche e vocabolari26; in una parola, condividono tutti una concezione utilitaristica dell'impegno intellettuale che, in ultima analisi, li distoglie dalla pura creazione letteraria. Certo, nell'imponente produzione, rimasta in gran parte inedita, Micu tocca, ancorché in maniera episodica, il campo delle belle lettere, non gia con opere originali, ma con traduzioni, quasi tutte perdute: tra l'altro, rende in romeno il De veris narrationibus di Luciano di Samosata, il Bélisaire di JeanFrançois Marmontel e lo Stabat Mater di Iacopone da Todi, uno tra i piu celebri inni religiosi del Medioevo occidentale, la cui versione, compresa tra le pagine devote dell'Acathist (1801), dimostra l'abilita dell'erudito transilvano, in grado di trasporre con ingenua freschezza di toni il testo del grande mistico italiano e di restituirne con originalita di soluzioni le rime e il metro delle terzine (Chindriş, Iacob 2010: 417); Maior traduce e pubblica Les aventures de Télémaque de François Fénelon, interessato anzitutto dalla valenza formativa e civile dell'opera; Şincai coltiva, in latino e in romeno, versi d'occasione, ma talmente privi di afflato lirico da suscitare le sfavorevoli note critiche e le pungenti battute ironiche di non pochi tra i colleghi27.
L'unico a distinguersi fu, ancora una volta, Budai-Deleanu che accanto alle indagini storiche e linguistiche, condotte con serieta di metodo e rivolte a sostenere le tesi di fondo della Scuola transilvana, coltiva pronunciati interessi letterari. Mentre per i compagni d'azione la letteratura e una parentesi occasionale, una breve pausa di ristoro nell'assolvimento gravoso della ricerca storica o filologica, il poeta di Cigmău si dedica con laboriosa costanza alla creazione artistica, di cui puo essere considerato tra i pionieri in terra romena. Profondo conoscitore degli autori classici (Omero, Virgilio, Ovidio, Lucrezio, Petronio) e moderni - francesi (Voltaire, JeanJacques Rousseau), inglesi (John Milton, Alexander Pope), tedeschi (Friedrich Gottlieb Klopstockj, spagnoli (Miguel de Cervantes), italiani (Dante Alighieri, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Alessandro Tassoni, Pietro Metastasio, Giambattista Casti)28, attinge dalle pagine dei venerati maestri ispirazione, materia, indirizzi stilistici e procedimenti tecnici per ampliare l'angusto panorama delle lettere romene con un'opera nuova, il poema eroicomico Ţiganiada (La zingareide) (Senatore 2007: 177-202).
I saggi storici, supportati spesso dall'uso sapiente del mezzo filológico, tendono anzitutto a confermare, su basi piu solide e scientificamente motivate, l'origine latina dei romeni e della loro lingua, a respingere le asserzioni di altri storiografi, contrari ad ammettere quel legame indiscutibile, o perché spinti da malevoli intenzioni di parte, o perché fuorviati dal velo dell'alfabeto cirillico che impediva di distinguere di primo acchito la latinita orientale dal mondo e dalla cultura della Slavia. Precursore di simili indagini, condizionate da palesi implicazioni patriottiche, puo considerarsi Micu-Klein, che negli scritti e nell'azione anticipo le tesi fondamentali e il programma politico, sociale, storico e culturale della Scuola, in primo luogo l'affermazione della coesione etnica dei romeni, divenuta piu tardi il fondamento delle rivendicazioni di unita e indipendenza nazionale. Elevato al rango episcopale nel 1728, l'infaticabile prelato aveva, nell'arco di un ventennio, inoltrato alle autorita di Vienna numerose suppliche onde fossero tutelati i diritti della classe contadina dalla quale lui stesso proveniva. In tal modo si attiro l'avversione dei nobili ungheresi e sassoni che tramarono perché fosse posto in condizioni di non nuocere e chiamato a rispondere dinanzi alle autorita viennesi a una lunga serie di quesiti sulla propria condotta (Albu 1997). Allo scopo di ottenere il consenso e il sostegno della curia pontificia Micu-Klein si reco a Roma, dove proseguí fino alla morte la lotta in difesa della sua gente, intrecciando una fitta corrispondenza con i connazionali e inviando frequenti memoriali all'imperatrice Maria Teresa, al cancelliere Wenzel Anton Kaunitz-Rietberg e ad altri dignitari di corte (Pall 1997).
Nel 1735 il pugnace vescovo aveva acquistato nella capitale dell'impero una copia di Hronicul vechimei a romano-moldo-vlahilor di Dimitrie Cantemir, a cui attinse gran parte degli argomenti utili a dimostrare la latinita dei romeni, presupposto imprescindibile per elimíname le discriminazioni rispetto alle altre etnie della Transilvania e per rivendicarne in sede politica la pienezza dei diritti. Sulle sue orme e con piu ampio corredo di letture, il nipote Samuil Micu muove i primi passi nella transizione dalla prassi invalsa, fondata sulla rievocazione cronachistica, a metodi nuovi, improntati a schemi di sintesi generale e sorretti dall'analisi critica dei fatti storici. Nell'opera Scurtă cunoştinţă a istorii românilor (1792-1796), il ricercatore suffraga le teorie basilari dei latinisti transilvani con le testimonianze di storiografi e geografi dell'antichita e dell'evo medio, con rinvii al folclore e alle costumanze popolari, con approfondite considerazioni sulle lampanti affinita tra la lingua dei 'romani' e la lingua dei 'români'.
A sua volta Şincai le ribadisce nell'Epistola (...) ad Spectabilem, et Clarissimum virum Ioannem de Lipszky (1804)29 e, con dovizia di citazioni e accorto impiego delle fonti, nell'opera maggiore30, i tre volumi di Hronicul românilor şi a mai multor neamuri, strutturati ancora sui modelli della narrazione annalistica. Al pari dell'amico e collega Micu, ribadisce l'asserto, gia sostenuto da entrambi negli Elementa (...) (Micu - Şincai 1980: 2), che la colonizzazione della Dacia si fosse svolta in un territorio ormai svuotato della popolazione autoctona, sterminata dalle legioni di Traiano, e che la permanenza dei discendenti dei romani in quella regione non avesse conosciuto soluzione di continuita. Tali affermazioni non significavano l'accettazione pura e semplice di una teoria, ma costituivano l'indispensabile obiezione a quanti, per ragioni politiche, consideravano i romeni alla stregua di nuovi immigrati in una terra che avrebbero in antico abbandonato per insediarsi al sud del Danubio, facendovi ritorno soltanto in epoca recenziore. E proprio questo palese falso storico, avanzato con pertinacia e petulanza dagli autori ostili all'etnia romena, era sfruttato a fini politici dalle altre nazionalita di Transilvania, tanto che nel 1744 la Dieta locale si era espressa in favore del mantenimento del servaggio per i romeni, considerati privi dei pieni diritti sulla base di tale antistorica enunciazione.
Le questioni trattate da Micu e da Şincai intersecano anche la maggiore delle opere di Maior, quell'istoria pentru începutul românilor în Dachia (1812) notevole non tanto per il rigore scientifico, a volte sospinto in secondo piano dall'urgenza della vena polemica, quanto per la cattivante vivacita espressiva, l'intensita passionale, l'inesausta ricerca del vero. Pur senza conoscere le posizioni ideologiche dei colleghi, i cui scritti erano rimasti in genere inediti, il maggiore esponente della Scuola transilvana formula e potenzia i medesimi concetti, suscitando un'accesa controversia con gli storiografi che avevano gettato discredito sui romeni. Gli strali del polemista si appuntano in particolare sulle persone e gli scritti di Franz Joseph Sulzer31, Christian von Engel32 e Joseph Karl Eder33, ai quali non risparmia attacchi velenosi e rinvia con sprezzo le conclusioni di una brillante ricerca storica e filologica: riaffermazione della scomparsa totale della popolazione autoctona, rivendicazione dell'ininterrotta presenza dei discendenti dei romani sul suolo della Dacia, dimostrazione dell'innegabile latinita del romeno34.
Una volta riaffermati in modo inoppugnabile questi punti cruciali, i latinisti transilvani si dedicheranno all'analisi della situazione lingüistica, considerata nella duplice dimensione diacronica e sincronica, chiariranno nelle speculazioni teoriche e sistemeranno negli scritti didattici i punti nodali di ortografia, morfologia, sintassi e lessico. Nella temperie socio-politica della Transilvania allo scorcio del Settecento le discussioni sul problema della lingua assumono pero una rilevanza ben superiore a un normale dibattito scientifico e s'inquadrano tra le istanze prioritarie nella lotta per il riscatto nazionale, ché indagine filologica e sentimento patriottico vanno di pari passo, s'influenzano reciprocamente, con risultati oggettivamente non sempre plausibili, ma funzionali nella concreta realta storica.
La prima e piu spinosa delle questioni che i militanti della Scuola dovettero affrontare fu quella dell'alfabeto (Senatore 2002a: 51-72). Vissuti per lunghi secoli nella sfera d'influenza della cultura laica e religiosa slava, i romeni avevano adottato le lettere cirilliche per rendere i fonemi della propria lingua e si erano in tal modo isolati da quanti vantavano la discendenza dagli antichi romani. Opporsi a una tradizione che aveva ricevuto, tra l'altro, il suggello della sacralita dei testi liturgici non era agevole, soprattutto in un paese mancante di coesione confessionale; d'altra parte, quell'alfabeto si era conquistato un merito innegabile, poiché aveva per lunghi secoli svolto la funzione di ravvicinare, con l'identita dello strumento grafico, i romeni soggetti a formazioni statali differenti, talché le potenzialita di piu ampia diffusione di un testo stampato in caratteri slavi erano evidenti anche a coloro che, per motivi di principio o di orgoglio patrio, avevano in animo di sostituirli35.
Il primo a optare per la nuova scrittura era stato Micu, che gia nel 1770 l'aveva impiegata per una copia personale della Cronica bălăcenească (Ruffini 1941: 94), esplicando poi il nuovo sistema grafico e ortografico (basato, questo, sul principio etimologico) nell'edificante Carte de rogacioni (...), che ritroviamo, con modificazioni e integrazioni, alla base degli Elementa (...). Nell'indirizzo al lettore dell'Acathist il pio autore raffronta le due varieta di scrittura e argomenta le ragioni che lo inducono a prescegliere le lettere latine nella redazione del testo; a sua volta, Şincai osserva nella Tabella dell' Epistola (...) che i romeni avevano utilizzato in antico, prima ancora dell'invenzione dell'alfabeto cirillico, quello latino, che a suo giudizio si confaceva pienamente alla struttura della lingua, mentre non altrettanto poteva dirsi dell'altro. Il piu fervente assertore di una svolta radicale nel campo della grafia fu tuttavia Maior, che in Disertaţie pentru începutul limbii româneşti si scaglia con veemenza contro l'utilizzo del cirillico, colpevole di rescindere anche visivamente l'innegabile legame tra la lingua madre e il romeno, ripropone il problema con coinvolgente ricchezza di ragionamenti in Disertaţie pentru literatura cea vechie a românilor36 e in Animadversiones in Recensionem Historiæ de origine Valachorum in Dacia (Buda, 1814), auspica con foga per la lingua dei romeni il dovuto posto accanto a quelle degli altri popoli neolatini. Alcuni anni dopo, nel 1819, lo storico e filologo fissa nella prefazione all 'Ortographia română sive latino valachică37 i criteri della nuova scrittura, introduce i segni diacritici sotto i grafemi <ş>, <ţ> e compie un bilancio degli interventi rivolti all'espulsione dell'alfabeto cirillico che alterava la genuina natura di una lingua romanza.
Dopo oltre ottanta anni di tentativi, ripensamenti e polemiche la sostituzione dell'alfabeto cirillico con quello latino divenne realta, ma ancora piu controversa fu l'adozione di un sistema ortografico che consentisse la resa funzionale dei fonemi della lingua. Per il raggiungimento di risultati concreti era necessario abbandonare il principio etimologico suggerito gia da Micu in Carte de rogacioni (...) e pienamente condiviso dal suo collaboratore Şincai negli Elementa (...), che potenzia la vicinanza al latino (peraltro, non quello volgare) e conduce a soluzioni intricate avvertite dagli stessi autori38, fiduciosi pero di superarle ?ricorrendo a considerazioni che spostano i termini del problema e implicano piuttosto il richiamo alla coscienza patriottica del parlante? (Senatore 1981a: 292). Poiché i proponenti e quanti ne condivisero le indicazioni erano, tutto sommato, coscienti dell'estrema complicazione di un simile criterio, s'infittirono le proposte di aggiustamento, e l'obiettivo finale rimaneva sempre l'adozione per il romeno di una veste grafica che ne disvelasse i requisiti di idioma romanzo, ma soltanto nell'ultimo quarto dell'Ottocento fu possibile sottrarsi all'imperante teoria del principio etimologico e adottare un sistema di trascrizione che si fondasse su criteri fonetici39.
Restituendo alla lingua il congeniale sistema di scrittura e indicandone i canoni ortografici, non se ne risolvevano tuttavia gli spinosi problemi provocati dal tempo e dall'incuria dei parlanti, e allora i filologi transilvani promuovono una nuova cultura della favella materna: negletto e sacrificato in favore di altre lingue, come il latino, veicolo delle conoscenze filosofiche, storiche e scientifiche, o il tedesco, il turco e il neogreco, espressione ufficiale delle compagini statali di volta in volta dominanti, il romeno abbisognava di un intervento normativo che eliminasse o, almeno, limitasse la frammentazione dialettale, potenziasse le capacita di aggregazione, accelerasse il fiorire consapevole della coscienza nazionale e divenisse lo strumento politico essenziale nella rivendicazione dei pieni diritti civili per la popolazione romena di Transilvania, preludio all'unione e all'indipendenza.
Da simile prospettiva le figure del grammatico e del patriota vengono a coincidere, ma la riflessione sulla grammatica era tenuta in gran conto anche per la stretta correlazione con le altre scienze, per la vitale funzione di chiave di accesso alla conoscenza (?cheea care dintru întunerecul necunoştinţii ne deşchide uşa prin carea venim la lumina înţelepciunii, spre care de mult am fi avut trebuinţa de a veni?40; ?învăţetura limbei, şi cheia altor învăţeturi? (Diaconovici Loga 1973: 27)), per la comprovata efficacia nel processo formativo e nello sviluppo delle capacita intellettive dei giovani. Le Observaţii sau băgări dă seamă asupra regulelor şi orânduelelor gramaticii rumâneşti (...) di Ianache Văcărescu, stampate a Râmnicu Vâlcea nel 1787, trovano largo consenso tra i lettori che in Valacchia, Moldavia, Transilvania e Banato possono, finalmente, apprendere nella propria lingua le regole indispensabili per il suo corretto uso. Malgrado la professione di modestia espressa dall'autore nel titolo, l'opera va considerata tra i cardini della nascente linguistica romena non soltanto perché svolge con competenza temi di sicuro rilievo quali la questione dell'influenza slava o le modalita di integrazione lessicale, ma anche perché tenta i primi approcci con la ricerca filologica occidentale, italiana in particolare (Cîrstoiu 1974: 175-176).
Uguale popolarita arride al rifacimento tedesco degli Elementa (...) che Piuariu-Molnar stampa a Vienna l'anno seguente con il titolo di Deutschwalachische Sprachlehre; all'incirca un decennio dopo, nel 1797, Radu Tempea pubblica a Sibiu la Gramatica românească, cita con parole d'elogio i modelli ai quali si era ispirato, le opere di Micu e Piuariu-Molnar, e si rivela, per la terminologia, tributario anche di quella di Văcărescu. Sulla latinita della lingua romena l'autore accoglie in pieno le concezioni della Scuola transilvana, la dove ne parla come di una lingua ?care au fost cea veche rîmlenească? (Şcoală ardeleană 1970: 211), ma al pari di altri letterati di fede ortodossa non ritiene essenziale il problema della sostituzione di un alfabeto che aveva dato buona prova di sé per lunghi secoli. Sul finire del Settecento, nel 1799, escono a Buda le Observaţii de limba rumânească di Iorgovici, l'unica opera che questo colto giurista abbia visto uscire dai torchi di stampa. Sulla scorta del pensiero empiristico di Étienne Bonnot de Condillac e, in specie, di John Locke, di cui era profondo conoscitore (BogdanDascălu, Dascălu 1979: 26), l'autore discute i problemi della lingua convinto che un filologo possa, dall'esterno e con proficuita di esiti, agire per l'affermazione di un modello rispondente a criteri razionali. Fondate su un ampio ventaglio di letture e sul sicuro possesso della terminologia specialistica, le Observaţii (...) travalicano i limiti di una semplice sistemazione della materia grammaticale e si allargano a considerazioni di semiotica teoretica e a riflessioni originali sul rapporto lingua - societa (Miclău 1977: 24 sgg.).
Nel 1822 e pubblicata nella medesima citta ungherese la Gramatica românească pentru îndreptarea tinerilor di Diaconovici Loga, scaturita dalla lunga esperienza didattica dell'autore, docente di grammatica romena e di lingue (tedesco, romeno e serbo) a Pest e in altre localita. Uscita nel periodo del massimo rigoglio del movimento, l'opera si basa, naturalmente, sulle trattazioni di Micu, Şincai, Tempea e Iorgovici, ma ne subisce un'influenza moderata, perché l'autore non trascura e valorizza le indicazioni che venivano dall'analisi della parlata popolare (Istrate 1970: 60), costituendo, a sua volta, l'archetipo di cui si avvarra loan Alexi per la Gramatica Daco-romana sive Valachica, uscita a Vienna nel 1826, un manuale largamente noto anche oltre i confini della Romania, tanto che Giacomo Leopardi ne annotava il titolo nello Zibaldone (Baffi 1956: 255-263), quando piu pressanti avvertiva gľinteressi linguistici, che lo indussero ad affermare il carattere latino del romeno in un'epoca in cui molti filologi di formazione erano piuttosto propensi a negarlo o non assumevano ancora una posizione decisa41.
Anche Budai-Deleanu dedico parte notevole dell'attivita scientifica agli studi grammaticali: nel 1812 termina la redazione dei Fundamenta grammatices linguæ romæ nicæ seu ita dictæ valachicæ (...), rivolti anche agli stranieri desiderosi di apprendere il romeno; piu tardi, tra gli anni 1815 e 1820, lavora a un adattamento e ampliamento di questo manuale per l'uso dei connazionali (Temeiurile gramaticii româneşti) e lo correda di un commentario sotto forma di domande rivolte da un allievo all'insegnante (Dascălul românesc pentru temeiurile gramaticii româneşti). Questi scritti testimoniano la notevole preparazione linguistica dell'autore, che si avvale di una terminologia appropriata, desunta dagli autori latini e destinata a imporsi (vocală, consoană, diftong, substantiv, adiectiv, pronume, verb e cosi via)42. La diffusione delle conoscenze grammaticali, perseguita per circa mezzo secolo dai linguisti della Scuola, tocca il culmine nel 1828, con la pubblicazione della Gramatică românească di Heliade Rădulescu, che non abbandona l'alfabeto cirillico, ma lo sottopone a una forte semplificazione, segue una linea di buon senso sul problema dei prestiti, suggerisce indirizzi operativi che si riveleranno i piu idonei al conseguimento dell'unita linguistica.
Con pari assiduita i filologi transilvani coltivano le analisi del fondo lessicale, di cui hanno, nell'intensa attivita di traduttori, toccato per mano la poverta, quella che Piuariu-Molnar definiva ?lipsa şi scăderea cuvintelor? (apud Rosetti, Cazacu, Onu 1971: 460), aggravata, secondo Iorgovici, da un'improvvida commistione con elementi del lessico delle lingue vicine, che ne snaturavano l'aspetto e lo spirito del romeno (Iorgovici 1979: 147). Quasi tutti i linguisti non si limitano, tuttavia, a dolenti considerazioni sullo stato lagrimevole della lingua letteraria, ma suggeriscono i mezzi piu idonei per integrarne e migliorarne il vocabolario (Senatore 2002b: 509-542). Cosi Piuariu-Molnar, accingendosi a pubblicare, con il titolo di Istoria universală adecă de obşte, la traduzione degli Éléments d'histoire générale ancienne et moderne del gesuita francese Claude-François-Xavier Millot, espone in prefazione i criteri adottati per rimediare alla penuria terminologica del romeno nello specifico ambito culturale, ossia il ricorso ai prestiti dal latino.
In un brano di una traduzione parziale del manuale di filosofia Elementa philosophiæ recentioris (...) di Friedrich Christian Baumeister, Micu interrompe con una digressione il dipanarsi del ragionamento e indica nel greco e nel latino la fonte di integrazione del lessico scientifico romeno, mentre, nella prefazione alla propria grammatica, Iorgovici aveva prospettato, nel ricorso alla derivazione, la piu feconda e praticabile modalita di arricchimento della lingua letteraria. Nella Istoria bisericei românilor (...) Maior esaminava, invece, i problemi linguistici, e in particolare quelli dell'amcchimento del lessico, movendo da una visuale piu strettamente filologica, che accordava il giusto rilievo alle altre lingue romanze. Esigenza condivisa da Gheorghe Constantin Roja, che nella prefazione a Măiestria ghiovăsirii româneşti (...) esamina la situazione di lingue come l'italiano e il neogreco, frazionate in una varieta di dialetti, la compara a quella del romeno e indica la via da seguire per la risoluzione del complesso problema, e cioe un intervento esterno di carattere puristico, in sintonia con la concezione leibniziana secondo la quale scienziati e letterati fossero in grado di influire sulla lingua e di emendarla dagli elementi estranei al suo spirito.
La raccolta del materiale lessicale, arricchita e vivificata da osservazioni comparative e da annotazioni etimologiche, costituiva un'altra via per riaffermare la latinita dei romeni e gli antichi legami con la cultura di Roma. L'infaticabile Micu lavoro lunghi anni alla stesura di un vocabolario trilingue latino-ungherese-romeno, di cui annunciava all'inizio del 1806 l'uscita imminente e faceva circolare una prova di stampa con il prospetto del volume, ma la morte, sopravvenuta in quello stesso anno, non gli consentí di condurre a buon fine l'impresa, e il materiale raccolto conflui piu tardi nell'edizione del Lexicon de la Buda. Nel 1822-1823 si stampano i due tomi della raccolta lessicografica nota con il nome di 'dizionario di Bobb'43, avendone sollecitato e favorito la redazione il vescovo loan Bobb, lo spauracchio di tanti ecclesiastici e letterati transilvani. Ricca di circa 110000 lemmi e redatta in caratteri latini, l'opera anticipa le tendenze latinizzanti che s'imporranno con gli epigoni della Scuola e le conferiranno una connotazione negativa (Seche 1966: 2830). E perché vi mancano termini di largo uso popolare in area transilvana (Rosetti, Cazacu, Onu 1971: 468), e perché le voci romene sono prive di sia pure rudimentali indicazioni ortoepiche o grammaticali, e stato ipotizzato che il dizionario fosse indirizzato all'élite che frequentava le scuole ecclesiastiche greco-cattoliche e desiderava apprendere, piu che la propria lingua, il latino o l'ungherese (Niculescu 1978: 144).
Anche in questo settore un posto di assoluta rilevanza spetta a Budai-Deleanu, autore di un Lexicon românesc-nemţesc e di altri lavori incompiuti, tra cui una raccolta di neologismi (Lexicon pentru cărturari), tutti apprezzabili e per la perspicacia delle soluzioni proposte44 e per la modernita stessa dell'impostazione tipografica45. In tema di lessico lo studioso non condivide l'esacerbata chiusura ai prestiti da lingue che non fossero la latina o le romanze: sebbene nelle enunciazioni teoriche sostenga una rigidita di approccio verso le voci alloglotte, si smentisce nella prassi della creazione letteraria, che ne e punteggiata e caratterizzata (Senatore 2017), e si lascia guidare anzitutto da un criterio, quello dei livelli di frequenza e dell'ampiezza di circolazione che solamente alcuni decenni dopo sara introdotto nella scienza filologica romena (Senatore 1981b: 9).
Tutte le ricerche lessicologiche ed etimologiche degli autori transilvani del primo quarto dell'Ottocento trovano consacrazione nel grande Lexicon de la Buda, basato sull'inedito vocabolario di Micu, ma curato e ampliato da un collettivo di esperti che nel corso degli anni apporteranno ciascuno uno specifico contributo, fino alla stesura definitiva e alla stampa nel 1825. Quando ancora il metodo di studio non si era perfezionato e l'urgenza polemica non sempre si conteneva nei giusti limiti, era naturale che affiorassero talora e si imponessero talaltra posizioni erronee, dettate in prima istanza dall'esigenza di riaffermare la latinita del romeno46, ma in generale la raccolta e apprezzabile per una nutrita serie di innovazioni: lascia spazio alle formazioni neologiche; accoglie voci della parlata popolare e regionalismi che si erano felicemente insinuati nella lingua, annotati con il rinvio alle forme letterarie; registra indicazioni di natura ortoepica e morfologica, naturalmente nella sola parte romena; sviluppa in lemmi separati le voci omografe o di diversa categoria grammaticale; nella traslitterazione in cirillico illustra la pronuncia e l'accento; non trascura, almeno per i vocaboli di origine latina o greca, le osservazioni sull'etimo, tanto che l'opera puo, sotto questo riguardo, considerarsi il primo dizionario etimologico della lingua romena.
Le ricerche storiche e filologiche dei corifei della Scuola latinista di Transilvania hanno favorito il progresso della cultura romena, l' hanno riaccostata alla produzione letteraria, storica, filosofica e scientifica dell'Occidente e, nel medesimo tempo, hanno diffuso, oltre le frontiere del paese, la voce di quell'isola della latinita che per lunghi secoli era stata assente dalla vita spirituale europea. Gli autori transilvani recepiscono le idee illuministiche, che in Francia erano sfociate in un rivolgimento radicale, e le spargono in terra romena perché fungano da pungolo all'elevazione spirituale, da premessa per il miglioramento social e e il riscatto politico di genti vissute per secoli in condizioni di oscurantismo47 e di frammentazione statale. Grazie all'azione instancabile di Samuil Micu, Gheorghe Şincai, Petru Maior e di tanti colleghi di penna, la nazione romena raggiunge l'unita linguistica e intraprende, con un prezioso viatico il cammino della creazione letteraria, che, sperimentata con felicita di esiti gia dai latinisti Budai - Deleanu e Heliade Rădulescu48, tocchera il massimo splendore nella seconda meta dell'Ottocento.
The Latin school of Transylvania had an important impact on the Romanian cultural life between the second half of the eighteenth century and the first decades of the nineteenth. The historical studies of its representatives claim the purity of the Latin origins of the Romanians; the philological and linguistic researches of Samuil Micu, Gheorghe Şincai, Petru Maior and Ion Budai-Deleanu aim to elevate the prestige of the Romanian language. The Romanian intellectuals of Transylvania demand the same rights as the other nationalities of the Habsburg Empire and are committed to the political unification and independence of the Romanian people divided between different state formations.
1 La citta veneta ė da Miron Costin definita culla di ogni cultura e arte, come un tempo la greca Atene (?Acéia ţară ieste acum scaunul şi cuibul a toată dăscăliia şi învăţătura, cum era într-o vréme la greci Athina, acum Padova la Italiia, şi de alte iscusite şi trufaşă meşterşuguri? (Costin 1965: 16)).
2 Da una tabella in cui Georges Castellan riassume il predominio delle piu influenti casate fanariote nei due Principati apprendiamo, per esempio, che i Mavrocordat regnarono 8 volte in Moldavia e 9 in Valacchia; i Ghica, rispettivamente, 8 e 7 (Castellan 2011: 92).
3 Cosi, il giá citato Moesiodax, che aveva sovrinteso alla riformata Accademia di Iaşi, fu da Alexandru Vodă Ipsilanti invitato in Valacchia per occuparsi dell'istruzione dei suoi figli, insieme con altri istitutori di varie nazionalitá e culture (Ţurcanu 2007: 364), ma tenne anche incarichi di docenza e direzione in alte scuole di Bucarest (Munteanu 1982: 115).
4 Durante il XVIII secolo furono diciannove i giovani romeni che vi frequentarono da interni i corsi d'insegnamento (Sigmirean 2012: 94).
5 Quasi fossero motti o parole d'ordine, si reiterano nelle pagine degli autori transilvani espressioni che compendiano le finalita sociali e culturali dei loro interventi: ?[pentru] binele neamului?, ?pentru folosul românilor?, ?spre îndreptarea inimilor?, ?pentru bunăstarea şi luminarea noastră? (apud Niculescu 1978: 59).
6 Proprio in quel periodo Budai-Deleanu richiese un congedo dall'incarico di segretario del tribunale di Leopoli che si prolungo oltre il dovuto. Lucia Protopopescu, che ha tentato di chiarire ragioni e fini di quella sua misteriosa assenza dal servizio, non ė stata tuttavia in grado di esprimere una parola definitiva, sebbene concludesse con acume e competenza: ?Lupta "pro şi contra" Supplex formează unul din materialele brute care, transfigurate şi continuu augmentate, vor constitui o parte din substratul factic real al Ţiganiadei? (Protopopescu 1967: 129).
7 ?(...) Ut sibi reddantur pristina iura, quae omnibus civibus essentialiter adhaerent quibusve saeculo superiori nulla authoritate, sed iniqua duntaxat temporum illorum sorte, ut mox exponetur, exspoliata fuit? (Prodan 1971: 443).
8 ?Obligit haec fortuna illi praecipue Daciae parti quae hodie Transylvaniae nomen obtinet, atque Romani eiusdem incolae, suppresso aliarum gentium dominio, propriis e sua Natione electis Principibus usque ad Hungarorum adventum paruerunt? (Prodan 1971: 443).
9 Espresso in svariati moduli sintagmatici (?natio, oppressa jacet?, ?totam valahicam nationem?, ?miserum nationis valachicæ ?) (Teodor 1984: 221), il concetto di nazione si radica nella societa e nel vocabolario politico al termine di un prolungato e complicato processo al quale arrecarono un contributo determinante Ioan Inochentie Micu-Klein e gli esponenti della Scuola transilvana, in particolare quelli riuniti per la stesura del Supplex Libellus Valachorum (Hitchins 2002: 86 sgg.).
10 Nicolae Iorga, che con la passione e l'acribia del ricercatore seppe per primo individuarne ed esaltarne i meriti, propone tale definizione della Scuola quando ne analizza momenti e figure salienti, ma, sia nel secondo volume della Istoria literaturii române în secolul al XVIII-lea (1688 - 1821) (Iorga 1901), sia nel terzo volume della Istoria literaturii romăneşti (Iorga 19332), espone i momenti di quella fervida stagione di risveglio nazionale sotto il titolo di Epoca lui Petru Maior, intendendo cosi sottolineare l'apporto insostituibile del grande storico all'affermazione delle concezioni e al raggiungimento delle finalita degl'intellettuali transilvani, come aveva fatto per altri periodi della storia letteraria, posti, di volta in volta, sotto l'egida di Dimitrie Cantemir o di Chesarie de Râmnic. Si noti tuttavia che nel sottotitolo del citato terzo volume della storia letteraria compare anche la piu generale definizione di ?Şcoala ardeleană?.
11 Cosi fa, per esempio, Ion Lungu, che non tralascia altresi di spendere una parola in favore dei fin troppo bistrattati continuatori della Scuola, ai quali andava riconosciuto almeno il merito di essersi dedicati alla raccolta di notizie sui suoi esponenti, di averne divulgato l'ideologia e, infine, di averne sottratto alla dispersione e pubblicato gli scritti basilari (Lungu 19952: 7).
12 Per esempio, in un articolo dedicato all'influenza delle lettere italiane sul capolavoro di BudaiDeleanu (del Conte 1958).
13 Nell'Epistolie închinătoare cătră Mitru Perea, vestit cântăreţ! della Ţiganiada, indirizzata a Maior, l'autore rammenta un abboccamento nel villaggio di Reghin (la Szászrégen degli ungheresi, la Sächsisch-Regen dei sassoni di Transilvania), dove lo storico era stato inviato a reggere la parrocchia uniate: ?Deacă-ţi vei aduce aminte de toţi cunoscuţii şi de unul care, odată trecând prin Sasreghen, unde erai atunci, te-au căutat şi au împrumutat o cronică scrisă cu mâna de la tine, îndată vei şti cine sânt? (Budai-Deleanu 2011: 9).
14 Utili informazioni sul profilo del movimento si ricavano proprio dalla loro fitta corrispondenza, soltanto in parte pubblicata nelle edizioni delle opere di singoli scrittori o in raccolte antologiche.
15 Per esempio, nella seconda edizione degli Elementa (...), uscita a Buda nel 1805, Şincai accenna al dizionario romeno-latino sul quale lavorava Budai-Deleanu (Micu - Şincai 1980: 116).
16 Sempre a Maior, indicato con l'anagramma imperfetto di una variante del nome (Petru Maier), Budai-Deleanu rivolge - l'abbiamo visto - l'epistola dedicatoria dell'opera maggiore e attribuisce molte delle erudite osservazioni di contenuto storico, filologico e letterario che corredano, commentano e arricchiscono il testo poetico.
17 All'amico Maior l'autore della Ţiganiada invio uno stralcio dei Fundamenta grammatices linguae romaenicae.
18 Nelle strofe 124-125 del Canto IX della Ţiganiada il poeta offre, sotto il velo dell'allegoria, un'immagine plastica della miserevole condizione delle terre romene, personificate in tre sorelle, due - la Valacchia e la Moldavia - adorne di abiti regali, e pero costrette al servizio di altri, e una, la Transilvania, abbigliata in vesti dimesse e soggetta al volere di quanti se ne rendano padroni (BudaiDeleanu 2011: 311-312).
19 Quando si sofferma sugli eventi che avevano messo a ferro e fuoco la terra transilvana, il moderato Micu si scaglia con veemenza contro i 'caporioni' del sollevamento, ?neşte oameni blăstemaţi, anume Horea, Cloşca şi Giurgiu? (apud Iorga 19332: 191).
20 Ampia ne era stata invece la risonanza tra gl'intellettuali d'Europa, dove le cause della rivolta e la condanna della sua cruenta repressione avevano concorso a sfatare l'alone del 'buon sovrano' che circondava il nome e l'azione politica di Giuseppe II (Teodor 1979: 33).
21 In veritâ, la compassione di loan Monorai per le vittime della tragica vicenda, di cui era stato testimone oculare, ė spia delle idee progressiste di un letterato che negl'inediti scritti storici non aveva taciuto per gli avvenimenti della Rivoluzione francese una profonda ammirazione, non disgiunta da un atteggiamento di ripulsa verso l'involuzione napoleonica dei principi ispiratori del radicale sommovimento politico-sociale (Papadima 1975: 246).
22 Accanto all'autore della Ţiganiada va ricordato Iorgovici, che pago con il carcere e la confisca degli scritti la vicinanza alle idee di riforma politica e sociale del Settecento, recepite durante il soggiorno a Londra e a Parigi, dove aveva, tra l'altro, assistito all'esecuzione di Luigi XVI (Istoria literaturii române 1968: 103).
23 In quegli anni gl'intellettuali romeni seguono con febbrile interesse le vicende del vicino impero zarista, dove gli esponenti piu radicali del pensiero politico e sociale non tacciono su quell'odiosa istituzione medioevale e la condannano con asprezza, subendone, come nel caso di Aleksandr Radiščev, l'autore del Viaggio da Pietroburgo a Mosca, le piu dure conseguenze.
24 Ad esempio, Piuariu-Molnar, che accanto alla professione medica - era un valente oculista - svolse un'intensa attivitå letteraria, non soltanto riscrive e traduce in tedesco la grammatica di Micu e Şincai, favorendone la diffusione oltre il suolo transilvano, ma rende da quella lingua nella propria un manuale di apicultura, Economia stupilor (1785).
25 Nell'attivita di espansione e miglioramento del sistema scolastico, efficace si rivelo soprattutto il contributo di Şincai, che assolse con solerzia l'incarico di direttore e ispettore delle scuole di Transilvania, fin quando non fu incarcerato e rimosso dall'impiego per le trame del vescovo loan Bobb.
26 Şincai fu autore di abbecedari e di testi di aritmetica largamente in uso nelle scuole transilvane.
27 Tra i quali Maior e, soprattutto, Budai-Deleanu, che il vilipeso autore ripaga con la stessa moneta, escludendolo da un elenco di Alţi scriitori româneşti, ove, accanto a Micu-Klein, Maior, Dimitrie Eustatievici e altri minori, non manca di citare sé stesso e di lodare la propria opera storica (Gherman 2004: 95-97).
28 Né gli erano estranee quelle dell'Europa orientale, tanto che la Ţiganiada rivela non trascurabili agganci con la tradizione letteraria polacca e ungherese. In effetti, dell'ambito polacco l'autore transilvano mostra di conoscere, oltre agli scritti di Stanisław Trempecki e di Stanisław Staszic, quelli di Ignacy Krasicki, che aveva esordito nell'agone letterario proprio con due poemi eroicomici - Myszejdos pieśni X (Dieci canti della Sorceide), un'allegoria sociale della vita polacca uscita dai torchi nel 1775, e Monachomachija czyli wojna mnichów (Monomachia, ossia la guerra dei monaci), un'audace satira della vita monacale pubblicata nel 1778 (Bersano Begey 19572: 99-100)). Dell'area magiara gli era di certo conosciuta una parodia anonima del genere eroicomico, molto diffusa nel Settecento, come attestano i non pochi elementi di affmitâ che si rinvengono nella Ţiganiada (Engel 1970: 102-106).
29 L'epistola racchiudeva la risposta al capitano Johann von Lipszky, un cartografo dell'esercito imperiale, che nel 1804, mentre lavorava a una mappa militare della Transilvania, si era rivolto a Şincai, chiedendogli spiegazioni sulle modalita di trascrizione in lettere latine dei toponimi della regione (Macrea 1970: 61).
30 Durante il soggiorno a Roma il giovane Şincai aveva frequentato le piu importanti biblioteche della citta ed era stato per breve tempo custode della biblioteca del Collegio De Propaganda Fide; in eta matura, grazie al sostegno del vescovo Ignatie Darabanţ, aveva potuto consultare e raccogliere ampio materiale nelle biblioteche di Buda e di Pest.
31 Lo svizzero Sulzer, autore dei tre volumi della Geschichte des transalpinischen Daciens (...), pubblicata a Vienna nel 1781, aveva sostenuto la tesi che i romeni fossero immigrati nelle sedi attuali verso la meta del XIII secolo, lasciando i territori d'oltre Danubio. L'opera comprendeva un'estesa Grammatikalische Abhandlung von der walachischen Sprache, in cui l'autore sottoponeva ad analisi - ed era il primo tentativo del genere - la fonetica romena (Lörinczi Angioni 1983: 158 sgg.).
32 L'austriaco Engel, storiografo interessato alle origini dei romeni (Commentatio de expeditionibus Trajani ad Danubium et origine Valachorum, Vienna, 1795; Geschichte der Moldau und Walachei, Halle, 1804), caldeggiava l'ipotesi che i pochi romani rimasti in Dacia dopo il ritiro delle legioni imperiali si fossero frammisti alla popolazione locale e ai barbari provenienti dall'est.
33 II sassone di Transilvania Eder aveva edito il Supplex Libellus Valachorum corredandolo di note astiose che ponevano in discussione, punto per punto, le formulazioni dei redattori del documento (Supplex Libellus Valachorum Transsilvaniæ iura tribus receptis nationibus communia postliminio sibi adseri postulantium, cum notis historico-criticis, Sibiu, 1791).
34 Su quest'ultimo argomento gli storiografi e i filologi di fine Settecento meritano una scusante, se un secolo dopo Hugo Schuchardt, un maestro degli studi di linguistica e romanistica, in una lettera del 1893 al balcanologo Gustav Weigand scriveva che la latinita del romeno era ancora da dimostrarsi, sebbene la valenza di questa sua affermazione sia stata in seguito reinterpretata e attenuata (Iliescu 1978: 33).
35 Accade cosi, ma ė solo un esempio, che Radu Tempea evidenzi l'influsso corruttore della cultura slava, e pero, nel medesimo tempo, non manchi di perorare la salvaguardia del cirillico per la pubblicazione delle opere ecclesiastiche e stampi addirittura con tale alfabeto la propria grammatica.
36 Inclusa, al pari della dissertazione sulla lingua, nel volume Istoria pentru începutul românilor în Dachia uscito a Buda nel 1812.
37 Il saggio sara ripubblicato come prefazione del celebre Lexicon de la Buda, nome con il quale ė conosciuto il Lesicon roma'nesc-la'tinesc-unguresc-nemţesc quare de mai multi autori, in cursul' a trideci, si mai multoru ani s' au lucratu uscito nella citta ungherese nel 1825, a compimento di una lunga e tormentata gestazione alla quale allude lo stesso sottotitolo.
38 L'utente della lingua doveva conoscerne le prime fasi di sviluppo e non ignorare la situazione dello stesso latino: cosi, era necessario ripristinare i grafemi <l> nella trascrizione della voce muiere (muliere) e <h> in om (homu) oppure segnare con il grafema <o> il dittongo oa (porta in luogo di poartă).
39 A questo processo arreco un notevole contributo uno studioso di origine italiana, Gian Luigi Frollo, che nel 1875 espose le linee di una proposta innovativa nel saggio O nouă încercare de soluţiune a problemului ortografic e, dal 1878, la sostenne dall'alto della cattedra di lingue romanze all'Universita di Bucarest, schierandosi in favore di una soluzione di chiaro indirizzo fonetico (Melchior 2016: 117). Anche la moglie del docente universitario, traduttrice, e uno dei figli, poeta, godevano di una qualche notorieta negli ambienti letterari della Bucarest di fine Ottocento (Nastasă 2007: 153).
40 Tanto afferma Tempea nella prefazione alla sua Gramatica românească (Şcoala ardeleană 1970: 211).
41 II poeta di Recanati, che mostrava attenzione e interesse per il romeno, ne ha sviluppato in cinque passi dello Zibaldone la questione dei rapporti con il latino e le altre lingue romanze (Barthouil 1981: 84).
42 Ben differente, per esempio, dagli astrusi calchi del tipo înainte punere (preposizione), în mijloc aruncare (interiezione) e via dicendo che si incontrano nella grammatica di Dimitrie Eustatievici (Eustatievici 1969, passim).
43 Certamente non era lui l'autore del Dictionariu rumanesc, lateinesc, unguresc, dein orenduiala excellentii sale preosfintitului Ioan Bobb, vladeicul Fagarasului asediat si cu venitu cassi clerului typarit in doao tomuri, se, scrivendone, l'alto prelato osserva: ?Însă măcar că stredanie multă a mai multora au fost întru aşezarea acestui Lexicon? (apud Nicolescu 1971: 78).
44 Il lessicografo recepisce i neologismi e le voci del linguaggio internazionale, i prestiti dalle lingue 'sorelle' (italiano, francese e spagnolo), i vocaboli rari di origine latina scovati nei testi antichi, i termini dialettali che, pur limitati nella circolazione areale, fossero di sicura provenienza latina, accanto a quelli di altra origine, ma attestati in tutto il territorio linguistico romeno (Senatore 2006: 50-67).
45 Il Lexicon românesc-nemţesc e la prima opera lessicografica romena che segni con sistematicita l'accento dei lemmi, includa una serie di indicazioni grammaticali (categoria, genere, diatesi), stilistiche, etimologiche e segnali con una crocetta o una x i neologismi (Gheţie 1970: 28-32).
46 Non mai, tuttavia, nella forma di estremo purismo del Dicţionarul limbei române di August Treboniu Laurian e Ioan Massim (Valmarin 1998: 133).
47 ?Ei [cioe, gli scrittori transilvani, N.dA] aveau conştiinţa că pun pîrghia ca să înalţe la nivelul de lumină al secolui un masiv de munţi cufundat în tenebre. O lume întreagă a spiritului trebuia clădită la repezeală, ca să răscumpere istoria pierdută? (Blaga 1966: 129).
48 Nella molteplicita degli stimoli e degl'interessi di Heliade Rădulescu si conquista una posizione non certo di secondo piano la scrittura letteraria, che pero non ha mai attirato la meritata attenzione della critica (Senatore 2011: 87-144).
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Abstract
The Latin school of Transylvania had an important impact on the Romanian cultural life between the second half of the eighteenth century and the first decades of the nineteenth. The historical studies of its representatives claim the purity of the Latin origins of the Romanians; the philological and linguistic researches of Samuil Micu, Gheorghe Şincai, Petru Maior and Ion Budai-Deleanu aim to elevate the prestige of the Romanian language. The Romanian intellectuals of Transylvania demand the same rights as the other nationalities of the Habsburg Empire and are committed to the political unification and independence of the Romanian people divided between different state formations.
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