Abstract. This essay proposes a critical analysis of the role of the ethics of humankind (anthropo-ethics), a subject addressed by Edgar Morin from an original (pedagogical) point of view, in his essay The seven knowledges necessary for the education of the future (1999), a subject upon which he repetedly returns up to his 2020 essay The fraternity, why? Resisting the cruelty of the world. The teaching of different disciplines, subjects and fields of study conveyed through a perspective of complex knowledge must, by necessity, promote an anthropo-ethics approach capable of revealing and respecting the multiple characteristics of the human condition: as an individual belonging to the human species, a person, a citizen of the world and a member of a socio-historical and cultural environment. On the basis of these assumptions (and awareness) it follows, that anthropo-etics can guide the development of a more equitable and democratic culture.
Keywords. Complex Knowledge - Edgar Morin - Ethics - Ethics of Humankind - Philosophy of Education
1.Premessa
Alcuni studiosi nell'avanzare le loro tesi, articolate in acute analisi, riescono meglio di altri a descrivere in modo esemplare i fenomeni, gli eventi o i problemi della realtå fattuale. Non di rado, riescono a farlo mediante una riflessione limpida, una prosa fluida e una capacitå argomentativa non comuni che, da un lato, fanno apparire anche gli snodi e i passaggi piu complessi del discorso come affermazioni lapalissiane e dall'altro svelano, chiariscono e scontornano i nuclei concettuali del problema - oggetto d'indagine - illuminando proprio quegli aspetti e quelle evidenze che non tutti sanno leggere o interpretare. Tuttavia, per una corretta messa a fuoco dell'oggetto d'indagine nel campo delle scienze umane e dell'educazione e essenziale dimostrare abilitå nel saper cogliere le relazioni dinamiche che sussistono tra le molte componenti in gioco nei sistemi complessi o iper-complessi (possono essere di tipo socioculturale, politico, economico e altre ancora) ma, soprattutto, e necessario saperne interrogare e interpretare i processi che ne conseguono. Ebbene, tra questi pensatori che sovente diventano autorevoli maîtres å penser possiamo senza dubbio annoverare il sociologo francese Edgar Morin: uno studioso che viene riconosciuto e citato dal filosofo del diritto Norberto Bobbio, come uno tra gli intellettuali europei piu influenti del Novecento. In partico10.13128/ssf-13345 lare, Bobbio lo ricorda in alcune pagine che appaiono esemplari sia per l'incisivitá e la perspicacia sia per la loro attualitå atemporale (nonostante il mutare dei conteşti sociostorico-culturali), laddove egli discute intorno al ruolo e alla figura dell'intellettuale impegnato. Dunque, si tratta di pagine e pensieri che sono ancora in grado di descrivere un possibile profilo di intellettuale occidentale immerso in una temperie culturale - come quella attuale - che mostra i segni di una evidente crisi economica, politica, sociale e valoriale. Si pensi alla crisi del dibattito politico-culturale che non appare animato, nel panorama culturale italiano, da un'efficace e costruttivo dialogo dialettico e dialogico, quindi, sembra arenarsi in molteplici forme di personalismi, anziché ancorarsi ai saldi principi universali delle democrazie piu avanzate, ovverossia quelle piu inclusive, pacifiste e rispettose nei confronti degli equilibri geopolitici globali, nonché degli equilibri ambientali su scala planetaria. L'accenno al rispetto degli equilibri geopolitici ed ambientali mondiali non sembri fuorviante, perché e essenziale per ricordarci che abitiamo nel tempo dell'antropocene: un'era geologica cosi denominata, dal chimico e accademico olandese Paul Jozef Crutzen, a causa dell'alto livello di distruttivita e pervasivita raggiunto dalle attivitå umane, ormai capaci di alterare e mettere in serio pericolo i complessi ma delicati processi bio-chimici tanto dell'atmosfera quanto della Terra. Di qui, emerge l'esigenza di soffermarsi a riflettere non solo sul presente ma anche sul futuro, che puo essere immaginato e costruito proprio attraverso azioni e comportamenti improntati ad una nuova cittadinanza etica, come suggerisce Morin. E che, aggiungiamo, potrebbe realizzarsi attraverso un abitare etico1 vissuto come postura che orienta le relazioni e le prassi quotidiane.
2.Intellettuali, filosofi, tecnici, o cittadini impegnati?
Sulle pagine del quotidiano La Stampa, del 22 Maggio 2017, e apparsa una lucida riflessione di Norberto Bobbio (1909 - 2004) sul ruolo degli intellettuali del Novecento ma efficace, come vedremo, per descrivere anche quelli del nostro tempo, pur con ogni dovuta ed opportuna contestualizzazione storico-culturale. Ne riproponiamo e ripercorriamo i punti salienti, in quanto la sua analisi che sembrerebbe di primo acchito assai ardua - essendo lui stesso un intellettuale impegnato, filosofo militante, politico ed esperto costituzionalista - viene sviluppata con una tale maestria e leggerezza, di calviniana2 memoria, da risultare quanto mai profonda e convincente. Innanzitutto, egli chiarisce il soggetto del suo discorso (ovvero chi puo essere considerato un intellettuale o possa dirsi tale) con un incisivo esordio:
II mondo civile e abitato da intellettuali - filosofi o non filosofi, la distinzione non ha importanza - che intervengono nelle cose della politica, magari illudendosi non solo di avere qualcosa di molto importante da dire, ma anche di contare nel determinare l'azione dei governanti. [...] Basti citare sino a ieri Popper in Inghilterra, oggi Jürgen Habermas in Germania, Edgar Morin in Francia, Michael Walzer e Richard Rorty negli Stati Uniti, solo per fare qualche nome particolarmente autorevole3.
Bobbio nomina tre intellettuali europei, tra cui Morin, precisando subito dopo che i temi su cui discutere sono via via cambiati, nel tempo, cosi come e cambiato il grado dell'impegno (engagement) civile e sociale degli intellettuali militanti che 'si sporcano le mani nel reale' (per dirla con Dewey), eppure non cosi tanto da farli auto-isolare in disinteressate o solitarie meditazioni ed impedir loro di partecipare al dibattito su temi e problemi di attualitå, tanto urgenti e concreti quanto cogenti. I temi riguardano, ieri come oggi, le grandi alternative, quali per esempio il dialogo tra i Paesi capitalisti e quelli dei regimi ex-comunisti, i rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica o meglio tra Oriente e Occidente e, ancora, tra globalizzazione e localismo. Si tratta di temi che continuano a interrogare i filosofi, gli storici, gli scienziati sociali e non, chi si occupa di cultura e i semplici cittadini, perché per la loro intrinseca complessita riguardano, direttamente o indirettamente, le vite di tutti e di ciascuno. Una complessita che continua a porre domande e problemi inediti, di non facile soluzione persino a chi fa «professionalmente il mestiere di riflettere sul proprio tempo». Il filosofo torinese sostiene, tuttavia, che gli intellettuali «non sono un gruppo omogeneo, non costituiscono una categoria professionale ben definita, come quella dei medici o dei giornalisti». Ebbene, a questo punto dell'analisi e lecito chiedersi qual e il tipo di impegno richiesto all'intellettuale, nel framework di un inevitabile intreccio fra cultura e potere politico, ovvero nella politica della cultura? Per rispondere a questa domanda, Bobbio ricorre ad una precisazione che correla il sapere e il saper fare al tipo di compito o impegno richiesto, per cui ne derivano due distinte macro-categorie: quella degli ideologi e filosofi e quella degli esperti (che hanno conoscenze scientifiche sempre piü settoriali e specialistiche). Piü in dettaglio, gli ideologi sono coloro che:
elaborano i principi in base ai quali un'azione si dice razionale in quanto conforme a certi valori proposti come fini da perseguire, mentre gli esperti sono coloro che, suggerendo le conoscenze piü adatte per raggiungere un determinato fine, fanno si che l'azione che vi si conforma possa dirsi razionale secondo lo scopo. La discussione classica sulla miglior forma di governo e una tipica discussione di carattere ideologico; una discussione sulla maggiore o minore opportunita di costruire centrali nucleari per lo sviluppo dellenergia in un dato paese e una tipica discussione da esperti.
Sulla base di queste premesse, e ricordando che Bobbio intende l'ideologia nel senso piü alto e nobile del termine (riferendosi al sistema complesso di idee, valori, ideali e quadri interpretativi su cui si fonda una societa civile e democratica, in un determinato periodo storico), egli sostiene che i politici del suo tempo dimostrano di avere sempre piu bisogno del parere di esperti, di tecnici e specialisti che li aiutino nell'ottemperare ai loro incarichi o compiti politici: ed e proprio in questo passaggio che rintracciamo l'analogia con i politici contemporanei e l'attualitå del pensiero bobbiano. In altri termini, Bobbio avverte che la parola impegno potrebbe risultare poco adatta a descrivere il rapporto tra l'esperto e il potere politico ma, di fatto, nella realta quotidiana i pareri degli esperti rappresentano la prassi, nei rapporti tra il mondo politico e quello culturale. Eppero, anche se i temi e problemi da affrontare politicamente e socialmente cambiano nel tempo, possiamo osservare come questa distinzione (fra ideologi o filosofi ed esperti) sia ancor oggi valida, benché nella prassi sia piu sfumata e non sempre cosi netta, perché chi ne abbia le capacita puo esercitare entrambi i ruoli, alternativamente, a seconda delle situazioni o circostanze. Quello che nell'analisi, a nostro avviso, colpisce maggiormente il lettore contemporaneo (e dunque puo incuriosirlo o interessarlo) e l'esempio riportato da Bobbio proprio per dimostrare la seguente tesi:
Per fare esempi attuali, il dibattito che ferve oggi piu che mai sull'importanza per l'Italia di essere una nazione, se lo sia stata nel passato, se oggi non lo sia piu e quali proposte siano da suggerire perché lo divenga, e una questione da ideologi; la discussione non meno fervida sulla riforma della costituzione e del sistema elettorale e una questione da esperti.
Questa breve riflessione permette di rilevare che oltre ai temi cambiano, inevitabilmente, le persone che li dibattono, li affrontano o li promuovono in opportune sedi e contesti, con differenti modalita di dialogo ed approccio. Inoltre, emerge che il fulcro del discorso rimane Yimpegno, irrinunciabile, degli intellettuali: un impegno che deve esserci come postura e deve essere costantemente alimentato per gli effetti, l'incisivita e l'influenza che puo avere sia sui reali contesti socio-culturali e politici, sia sulle condizioni di vita delle singole persone in una determinata societa (in merito, per esempio, alla difesa delle liberta individuali fondamentali)4. Delineato il quadro di riferimento, non sfuggono alcune essenziali indicazioni per il tempo presente. La societa italiana, per esempio, e attualmente attraversata da modelli simbolico-culturali in crisi e da un dibattito politico indebolito da un dialogo a tratti faticoso, tra correnti partitiche che finiscono per rallentare il processo di pieno raggiungimento dei diritti civili fondamentali, da parte di tutte le persone (si pensi alle non-raggiunte pari opportunita per tutte le donne, alle discriminazioni nei confronti delle minoranze e nei confronti degli immigrati, o di chi e portatore/trice5 di differenze o disability, soltanto per citare alcuni casi esemplificativi). Criticita acuite, nondimeno, dal dover fronteggiare una perdurante sindemia6 diffusa a livello mondiale. Eppure, e proprio nelle situazioni piü complesse e di crisi che il ruolo dell'impegno di ciascuna persona, intellettuale e non, diventa cruciale e indispensabile. Riprendendo le parole di Bobbio che riecheggiano nel pensiero di Morin: «Il compito degli uomini di cultura e piü che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non gia di raccogliere certezze»7. Si evince a questo proposito e con maggior chiarezza una possibile risposta dotata di senso, in merito all'interrogativo esplicitato nel titolo stesso di questo paragrafo: sicché risulta evidente che quella domanda iniziale e rivolta a ciascuno di noi, in quanto ci interpella e ci ricorda che tutto quanto ci circonda ci riguarda e ci deve interessare, per averne cura (riprendendo il principio I care, tanto caro a Don Lorenzo Milani) come cittadini/e impegnati/e che si assumono una responsabilita etica8 nei confronti degli altri e dell'esistenza9. Altrimenti detto, persone pensanti, che sanno porsi domande e sanno coltivare il dubbio come metodo per continuare a conoscere, evolversi, trasformarsi in una comunita di destino e in una piü ampia civilta interdipendente e planetaria, per dirla con Morin.
3.Conoscere la complessita, per sviluppare un'etica della comprensione
Morin, nell'evocare una revisione della struttura stessa del sapere, per superare la separatezza della conoscenza legata a una sterile parcellizzazione disciplinare e alla disgiunzione tra le parti propone, da un lato, una vera e propria riforma del pensiero che presuppone una riforma della vita orientata e tesa al ben vivere, oltre che basata su almeno sette 'saperi necessari al futuro'. Tra questi egli introduce e descrive l'imparare la cecita della conoscenza, i principi di una conoscenza pertinente, lUnitas multiplex della condizione umana e l'identitá terrestre, l'affrontare le incertezze, l'imparare la comprensione e, infine, adottare un'etica del genere umano. Dall'altro lato elabora ed espone un manifesto per cambiare l'educazione10, la cui finalita risiede nel facilitare la co-costruzione di una conoscenza pertinente e, a un tempo, nel ri-educare gli educatori/docenti - quali mentori per le nuove generazioni in formazione - ad un pensiero e ad una conoscenza di tipo complesso (dal latino complexus, ovvero tessuto insieme): tanto necessari, per imparare ad abitare la complessita. A questo proposito e bene chiarire in che termini Morin concepisca la dimensione della complessita. In estrema sintesi, egli afferma che cio che e complesso «e un tessuto [...] di costituenti eterogenei inseparabilmente associati: pone il paradosso dell'uno e del molteplice [...] si presenta con i lineamenti inquietanti dell'ac- cozzaglia, dell'inestricabile, del disordine, dell'ambiguitå, dell'incertezza [...]». Ne consegue che uno dei compiti della conoscenza e: «mettere ordine nei fenomeni respingendo il disordine [...]»n, eppure il complexus (il tessuto, la trama della complessitå) e irriducibile «deriva da fili differenti e diventa uno. Tutte le varie complessitå si intrecciano, dunque, e si tessono insieme, per formare l'unitå della complessitå; ma l'unitå del complexus non viene con cio eliminata dalla varietå e dalla diversitå delle complessitå che l'hanno tessuto»12. Tutto questo e essenziale, per evitare il rischio di una conoscenza iper-specializzata (ipersettoriale, parcellizzata) priva della cifra distintiva del complexus, cosicché le politiche scolastiche e culturali dovrebbero perseguire una:
conoscenza [intesa come] fenomeno multidimensionale, nel senso che essa e, inseparabilmente, fisica, biologica, cerebrale, mentale, psicologica, culturale, sociale. [...] L'atto di conoscenza e a un tempo biologico, cerebrale, spirituale, logico, linguistico, culturale, sociale, storico e la conoscenza quindi non puo esser dissociata dalla vita umana e dalla relazione sociale13.
Per poter raggiungere queste finalitå14 occorre, tuttavia, verificare in via preliminare se esista una modalitå di pensiero, o un approccio, capace di raccogliere le sfide poste dalla complessitå. Se, infatti, non e piu efficace continuare a perseguire un pensiero lineare che tende a produrre fenomeni di dominio (e sfruttamento) sulle persone e sulle risorse naturali, allora e opportuno sviluppare un pensiero capace di operare con, per, tra la realtå fattuale, dialogando e negoziando strategie differenti. La complessitå15 comprende, quindi, al suo interno giå tutto cio che puo introdurre ordine, chiarezza, distinzione e precisione nel processo conoscitivo. Pertanto, il pensiero complesso tende a rendere semplice cio che indaga, senza pero scadere nella semplificazione banale. Inoltre, aspira a una conoscenza multidimensionale e plurale, pur aderendo al principio di incompletezza e di incertezza, secondo cui e impossibile raggiungere una conoscenza completa da un punto di vista sia teorico che pratico16.
Fondandosi su questi assunti e premesse una riforma del pensiero diviene possibile e praticabile, laddove l'educazione sia in grado di stimolare un pensiero (o una 'ragione', per dirla con le parole di Giovanni Maria Bertin)17 capace di: a) pensare senza rinchiudersi in concetti (o ancora peggio in preconcetti e pregiudizi); b) ristabilire le connessioni fra cio che e disgiunto e capace di sforzarsi per comprendere la multi-dimensionalitå non disgiunta dalla singolaritå (dalla localitå, dalla temporalitå) e dalle totalitå integratrici18. Di qui, si profila un pensiero che e complesso, aperto, critico, multidimensionale ed antidogmatico: un sapere, per meglio dire, che sa affrontare la pluralitå delle esperien- ze in modo costruttivo, creativo, solidale e sa persino comprendere e contemplare l'errore e l'incertezza, quali componenti ineludibili della condizione umana. Ciononostante, per favorire un'etica della comprensione e opportuno sviluppare oltre all'introspezione (l'autoesame critico che consente di imparare a decentrarsi, riconoscendo il proprio egocentrismo fino a giungere alla consapevolezza che tutti abbiamo un profondo bisogno reciproco di comprensione19) anche un «ben pensare». Il che coincide con quel particolare:
modo di pensare che permette di apprendere, insieme, il testo e il contesto, bessere e il suo ambiente, il locale e il globale, il multidimensionale; in breve il complesso. Ci permette di comprendere le condizioni oggettive e soggettive del comportamento umano [e di riconoscere il self-deception o l'autoinganno, il mentire a se stessi]20.
In altre parole, l"etica della comprensione' richiede a ciascuna persona di sospendere il giudizio, per poter comprendere in prima istanza l"incomprensione'. Si basa, nondimeno, sulla capacita di sviluppare un atteggiamento disinteressato e aperto, contemporaneamente, al saper argomentare e al saper ascoltare o confutare e dibattere in modo dialettico, senza alcuna pretesa di superiorita intellettuale o morale dell'uno sull'altro. In questo procedere diventa possibile, nelle parole di Morin, un'umanizzazione delle relazioni umane21, senza trascurare di ricordare che nella prospettiva moreniana la comprensione viene riconosciuta e avvalorata come un'alta forma di saggezza moderna.
Di piü. L'etica della comprensione, che potremmo considerare come un possibile catalizzatore semantico in grado di interrogare i pensieri e le parole (per risemantizzarle) necessita - come asserisce Morin - degli «imperativi della riforma personale»22 che, essendo funzionali sia ad una rivitalizzazione etica sia ad un umanesimo rigenerato, dovrebbero improntare e caratterizzare la vita di ciascuna persona. A questo proposito, Morin afferma che ció che non si rigenera degenera23, percio esorta a mettere in pratica tali principi ogni giorno, in ogni contesto di vita. Per questa ragione egli indica quattro essenziali imperativi che possono venire cosi enucleati: a) il conoscere mediante una conoscenza complessa che sappia collegare i saperi per cogliere i problemi globali; b) il pensare attraverso la ragione sensibile che mette in dialogo la ragione e la passione; c) l'agire secondo l'essenziale imperativo etico di responsabilita/solidarieta; d) il saper vivere coltivando il: «bisogno poetico d'amore», di collaborazione, solidarieta e di «incanto estetico»24. D'altra parte, l'amore fa parte della poesia della vita, cosi come la poesia fa parte dell'amore della vita25 in direzione di un miglioramento della qualita stessa dell'esistenza, attribuendole un senso superiore. Questo, come si puó evincere, istituisce la dialogica umana di prosa-poesia che, a sua volta, rimanda alla moreniana dialogica sapiensdemens (tra homo sapiens e homo demens)26.
Al termine di questa breve riflessione sul pensiero di Morin (e le sfide della sita, tra cui ci congediamo da un maîtres a penser, un intellettuale impegnato che attraverso i suoi studi e le sue intuizioni ha ipotizzato una 'buona vita' concepita sia come proposta per i suoi contemporanei, sia come lascito per le nuove generazioni. Ritorna allora alla mente un profondo pensiero espresso dal filosofo e logico britannico Bertrand Russell, che sintetizza in modo mirabile con queste parole il senso di un'esistenza: «A life devoted to science is therefore a happy life, and its happiness is derived from the very best sources that are open to dwellers on this troubled and passionate planet»27. In ultima analisi Russell suggerisce, in sintonía con il pensiero di Morin, che una vita buona e quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza. E come uomo di scienza, non puo meglio esprimere questo suo intimo sentire proprio rimarcando il fatto che un'esistenza dedicata allo studio e alla scienza - come quella di Morin - si profila come una vita felice per almeno due ragioni, in primo luogo perché lo studio e la conoscenza procurano gratificazione a chi vi si dedica con interesse, passione e dedizione. In secondo luogo, perché la scienza contribuisce a creare nuove conoscenze e a fare nuove scoperte che, a loro volta, generano progresso culturale, civile e sociale per la collettivita (non solo per i singoli). In sintesi, si puo concludere che le conoscenze scientifiche tendono a promuovere il benessere delle persone e a favorire una buona vita, intesa proprio in quell'accezione moreniana su cui ci siamo soffermati e che abbiamo cercato di restituire, seppur nello spazio e nella brevita del presente contributo.
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1 La locuzione 'abitare etico' tematizzata a partire dalla lezione critico-problematicista e stata sviluppata ed esemplificata, da chi scrive, in un precedente lavoro cui mi permetto di rimandare il lettore interessato. La prospettiva aperta, complessa, critica e regolativa delineata dall'abitare etico riguarda un abitare orientato a una vita autentica, secondo 'ragione' e in direzione etico-utopica, in grado di proiettare la persona al di la del gia dato, verso l'utopico. In un costante dialogo con gli altri, l'utopia rappresenta l'obiettivo trascendentale verso cui tendere, poiché consente di prefigurare (e comprendere) cio che ancora non e, pur essendo possibile nel futuro, in quanto tensione progettuale. Cfr. M. Gallerani, Labitare etico. Per unetica problematici sta dell'abitare, Napoli, Loffredo, 2011; M. Gallerani, La lezione problematicista e labitare etico, in M. Contini, M. Fabbri (a cura di), Il futuro ricordato. Impegno etico e progettualita educativa, Pisa, ETS, 2014, pp. 131-140.
2 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per ilprossimo millennio, Milano, Mondadori, 1993, pp. 5-35.
3N. Bobbio, Il dubbio e la scelta. Intellettuali e potere nella societa contemporanea, Roma, NIS, 1993. Inoltre, cfr. "La Stampa" (22 Maggio 2017), Bobbio: filosofi e tecnici, meglio tenerli separati, s.p., in https://www. lastampa.it (ultima consultazione in data 15 ottobre 2021).
4 A. Sen, The Idea of Justice, Cambridge, The Belknap Press of Harvard University Press, 2009; M. C. Nussbaum, Not for profit. Why Democracy Needs the Humanities, Princeton, Princeton University Press, 2011; J. Rifkin, The Empathic Civilization, New York, Tatcher, 2009.
5 L'uso della doppia variante, articolata al maschile e femminile, per tutti i termini che lo richiedono come, per esempio, cittadino/cittadina, lettore/lettrice va considerata implicita, anche laddove non e evidenziata, quale esito di una precisa scelta linguistica che opta per un italiano inclusivo volto a superare l'utilizzo generico del maschile neutro non marcato. Non si e fatto ricorso all'uso di simboli o di schwa /э/ che sostituisce le desinenze di nomi e aggettivi al singolare, o schwa lungo /3/ come vocale che puo sostituirne la desinenza al plurale, non solo per ragioni di uniformita editoriale.
6 La parola sindemia, prodotta dalla crasi delle parole sinergia, epidemia, pandemia e coniata dall'antropologo medico Merril Singer (negli anni Novanta del XX secolo) indica i severi danni e le relative critiche conseguenze che vengono provocate dall'interazione sinergica tra alcune malattie gravi ed ulteriori fattori concomitanti, i quali impattano in modo drastico sia sulle singole persone sia sulle collettivita e le societa.
7 Norberto Bobbio, Invito al colloquio, in Politica e cultura, Torino, Einaudi, 1955, p. 15.
8 J. Russ, Ľetica contemporanea, Bologna, Il Mulino, 1997.
9 G. M. Bertin, Educazione alla socialita e processo di formazione, Roma, Armando, 1962; M. Gallerani, Prossimita inattuale. Un contributo alla filosofia delleducazione problematicista, Milano, Franco Angeli, 2012 (2. Edizione, 2015); M. Gallerani, L'impegno lieve. Il razionalismo critico e l'ideale estetico, Napoli, Loffredo, 2012; M. Gallerani, La responsabilita nel dire della cura, in «Studium Educationis», XXI, 3, 2020, pp. 19-31.
10 E. Morin, Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l'educazione, Milano, Raffaello Cortina, 2015. E. Morin, Il paradigma perduto, Milano, Bompiani, 1994; E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Milano, Raffaello Cortina, 2000; E. Morin, Educare per lera planetaria, Roma, Armando, 2004; E. Morin, Il Metodo. VI. Etica, Milano, Raffaello Cortina, 2004; E. Morin, La via. Per l'avvenire dell'umanita, Milano, Raffaello Cortina, 2012.
11 Cfr., E. Morin, Introduzione al pensiero complesso. Gli strumenti per affrontare la sfida della complessitå, Milano, Sperling & Kupfer, 1993, p. 10.
12 Cfr. E. Morin, Il metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Milano, Feltrinelli, 1995, p. 56.
13 Cfr. E. Morin, La conoscenza della conoscenza, Milano, Feltrinelli, 1989, pp. 15 e ss.
14 M. Baldacci, E. Colicchi (a cura di), I concetti fondamentali della pedagogia. Educazione, istruzione, formazione, Roma, Avio, 2020.
15 G. Bocchi, M. Ceruti (a cura di), La sfida della complessitå, Milano, Feltrinelli, 2007; M. Ceruti, M. Bellusci, Abitare la complessitå. La sfida di un destino comune, Milano, Mimesis, 2020; S. Manghi, Il soggetto ecologico di Edgar Morin. Verso una societa-mondo, Trento, Erickson, 2009.
16 Cfr. E. Morin, Introduzione al pensiero complesso, op. cit., pp. 2-3.
17 G. M. Bertin, Disordine esistenziale e istanza della ragione, Bologna, Cappelli, 1981.
18 Cfr. E. Morin, Il metodo, op. cit., 1995, p. 35.
19 J.-L. Nancy, Essere singolare plurale, Torino, Einaudi, 2001.
20 Cfr. E. Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina, 2001, p. 105.
21 Ivi, p. 104.
22 Cfr. E. Morin (con la collaborazione di Sabah Abouessalam), Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus, Milano, Raffaello Cortina, 2020, p. 107.
23 Cfr. discorso pronunciato da Edgar Morin al Convegno dell'Unesco, luglio 2001.
24 E. Morin, Cambiamo strada, op.cit., pp. 107-108.
25 Cfr. E. Morin, Amore, poesia, saggezza, Roma, Armando, 1999, p. 11; E. Morin, S. Abouessalam, L'homme est faible devant la femme, Paris, Presses De La Renaissance, 2013.
26 E. Morin, La fraternita, perché? Resistere alla crudelta del mondo, Roma, Ave, 2020; E. Morin, I ricordi mi vengono incontro, Milano, Raffaello Cortina, 2020..
27 B. Russell, Mysticism and Logic and Other Essays, Watford, Taylor Garnett Evans & Co., 1917, p. 30.
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© 2021. This work is published under https://oajournals.fupress.net/index.php/sf (the “License”). Notwithstanding the ProQuest Terms and Conditions, you may use this content in accordance with the terms of the License.
Abstract
This essay proposes a critical analysis of the role of the ethics of humankind (anthropo-ethics), a subject addressed by Edgar Morin from an original (pedagogical) point of view, in his essay The seven knowledges necessary for the education of the future (1999), a subject upon which he repetedly returns up to his 2020 essay The fraternity, why? Resisting the cruelty of the world. The teaching of different disciplines, subjects and fields of study conveyed through a perspective of complex knowledge must, by necessity, promote an anthropo-ethics approach capable of revealing and respecting the multiple characteristics of the human condition: as an individual belonging to the human species, a person, a citizen of the world and a member of a socio-historical and cultural environment. On the basis of these assumptions (and awareness) it follows, that anthropo-etics can guide the development of a more equitable and democratic culture.
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1 Ordinaria di Pedagogia generale e sociale - Universita di Bologna