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Berlin L, L'età romantica. Alle origini del pensiero politico moderno, a cura di H. Hardy, Intr. di J.L. Cherniss, Milano, Bompiani, 2009, pp. 431.
Di Isaiah Berlin, celebre filosofo politico inglese di origine lettone, di cui quest'anno corre il centenario della nascita, si è tradotto in Italia moltissimo, in particolare da Adelphi. Prima di questo libro, la cui edizione originale risale al 2006, sullo stesso tema aveva visto la luce Le radia del Romantidsmo (2001, ed. or. 1999), a testimoniare la convinzione del filosofo che nell'epoca tra il 1760 e il 1830 ebbe luogo in Europa una rivolta, una rivoluzione nelle arti e nelle coscienze, paragonabile per intensità (e conseguenze) a quella prodotta dalla Rivoluzione industriale in Inghilterra e dalla Rivoluzione dell'Ottantanove in Francia. Infatti, tutto, dopo il Romanticismo, non fu più come prima. L'idea che la conoscenza potesse decifrare il mondo e metterlo sotto il controllo della Ragione, - idea fondamentale coltivata dagli iUuministi, attratti dal modello matematico-geometrico dei classicifu completamente sovvertita dall'irruzione di un nuovo «modello», sorto in Germania e poi divenuto «dominante», caratterizzato dal prevalere della volontà, del sentimento, dell'emozione, della malinconia: in breve, dell'ideale, perseguibile grazie all'azione, alle capacità di ognuno, ma soprattutto del genio spontaneo. Così, la percezione delle differenze tra le cose, delle dissomiglianze invece che delle somiglianze, dell'unicità dei valori e del loro inevitabile conflitto, e quindi il senso della necessità di impegnarsi per difenderli al di là di ogni schema precostituito, anzi ripudiando qualsiasi ideologia rassicurante, questa percezione s'impossessò degli uomini...