Edda Ducci, L'uomo umano, Roma, Anicia, 2008
Il volume della Ducci, uscito in prima edizione nel 1979, ma ancora carico di attualità, è forse il testo più denso della pedagogista "romana", in cui la sua idea di sapere e di prassi educativa si decantano nel modo più limpido, ma anche un testo che dialoga con le pedagogie "del tempo" (e ancora tutte attuali) e lo fa criticamente delineando fra di esse "accordo e unione" attorno ai nuclei fondamentali, oggi, di quel sapere. Primo: il suo statuto epistemologico. Secondo: l'aspetto specifico che lo regola. Terzo: l'articolazione empirica e teoretica che va fissata di questo oggetto. Tutto ciò allo scopo di dare a un sapere "antinomico" e problematico e anche conflittuale come la pedagogia un fascio di punti fermi, i quali poi rimandano tutti a un sapere umano sì, come psicologia, sociologia, antropologia, ma dell'uomo per l'uomo come singolo, così per regolarne, nel modo più autentico e più integrale, l' umanizzazione. La nozione di heideggeriana di "uomo umano" proprio in questo sapere si fa più pregnante, più esplicita e regolativa. La pedagogia è, infatti, sapere dell'uomo che si fa tale e delle pratiche che lo sorreggono e stimolano e orientano in tale complesso/dialettico/problematico processo.
Come sapere la pedagogia è unità di scienza e filosofia, e necessariamente e sempre. Entrambe ci parlano dell'uomo. Una come dato, l'altra come senso. E vanno intrecciate nella formazione dell'uomo in quanto uomo. Su questo piano, nota la Ducci, c'è anche, ormai, un significativo accordo. Anche in Italia. Il "sintagma" uomo va empiricamente definito, ma va anche colto nella sua humanitas (che è cultura, è persona, è progetto di sé) e posto, con questa dialettica, al centro della formazione. La teoresi della pedagogia, allora, culmina in una "filosofia poietica": "un pensare attento all'uomo per riconoscere e indicare il cammino del suo umanizzarsi" (p.17). E tale cammino è proprio l'aspetto della pedagogia, che essa deve riconoscere e tutelare in tutta la sua complessità, evitando i doppi rischi della "reificazione" e dell' "imponderabilità" e risolvendolo, invece, nella sua problematicità aperta e dialetticità costitutiva, di cui proprio l'elemento della poiesis fissa la struttura e la fissa tra teoria e prassi.
L'uomo, poi, che è l'attore e il telos della pedagogia va riletto in modo più autentico, partendo dall'io (e dalla sua "densità ontologica") e come intensità e come esistenza e lì fissare il nucleo forte del pedagogico e il centro dell'agire educativo. Sulle orme di Kierkegaard, ma riletto attraverso il filtro di Nietzsche e di Heidegger in particolare, che ne potenziano la visione drammatica dell'uomo e la sua stessa dialettica spirituale personale, che è poi l' ad quem di tutto l'universo della pedagogia e che si sviluppa tra linguaggi, saperi, culture a cui ogni io deve porre il sigillo della propria forma. Fondata sull' "autodecisione". Autonomia che non è solipsismo, bensì apertura all'alterità e che si sviluppa come "vita etica" di cui la pedagogia è interlocutore centrale.
Ogni uomo, poi, in sé è "un enigma". Ognuno deve cercare la sua "misura umana" e il cammino è lungo tutta la vita, poiché tale umano è "idea limite". La misura è "mistero" a cui il soggetto stesso è costantemente richiamato. E da se stesso. In tale mistero, però, va rilanciato e con energia il compito del "proprio umanarsi", mai da perdere di vista e nel suo essere dato e nel suo essere problema. Lì la pedagogia deve guidare a "esperire l'umano" e a fissarlo ad nomine in un processo autoformativo che è il vertice e il senso stesso della pedagogia e come agire e come pensare. L'umanarsi è incontro con sé, con l'altro, con l'oggettività, ma dentro un processo di formazione fatto sì di unità, ma mai a priori garantita e sempre da incardinare nella "libertà interiore", che è il nucleo costitutivo della persona.
Il testo di Edda Ducci, pur sintetico e organizzato intorno a un fare-riflessione di marca kierkegaardiana/heideggeriana, tocca temi forti della scienza pedagogica ancora attuali e ce li consegna come precisi "legati".
1) La filosoficità critica della pedagogia. 2) La sua discorsività poietica 3) L'oggetto "uomo umano" che la regola. 4) La costruttività personale di questo fattore, da incardinare e nella libertà e nella scelta, problematiche e personali sempre. 5) La persona (come uomo-soggetto costruito responsabilmente nella propria umanità, contrassegnata da interiorità, dall'apertura, dalla forma) è, così, il principio regolativo e il centro d'azione della pedagogia, come già Socrate aveva ben compreso. Con questi richiami Edda Ducci si è iscritta sul fronte della "pedagogia della Bildung" e lo ha fatto con precisione, e di una Bildung senza connotati confessionali, laica e in modo netto e radicale, che si dispone con forza su quella frontiera di dialogo e di integrazione tra le filosofie/pedagogie che si sta sempre più realizzando.
Così ha fatto bene Francesco Mattei a ripubblicare un testo così prezioso: così incisivo, così chiaro, così carico di attualità e di futuro, offrendolo anche alla lettura di "giovani pedagogisti", spesso stregati da specialisti e tecnicismi del pedagogico, i quali elementi di fatto ne costituiscono, però, un' amputazione.
Franco Cambi
Franco Cambi
Ordinario di pedagogia generale e sociale, Università di Firenze
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