Abstract
Andrea Trovesi
On the Development ofthe Approach to Turkisms in Bulgarian andBosnian/BosniakNational Languages
The strong and persistent language contact with (Ottoman) Turkish to which all Balkan Slav dialects had been exposed for centuries resulted in an extensive borrowing of Turkish lexical units. Despite the fact that since the 19th century the socio-political development (de-orientalization, nation building etc.) of Balkan countries and, most of all, purist approaches in the standardization of national languages have led to a substantial decrease in the number of Turkisms, Turkish lexical heritage has remained latently present in all Slavic Balkan languages. Starting from the last decade of the 20th century an extensive revival of Turkisms can be observed especially in Bulgarian and in Bosnian/Bosniak, mainly as a consequence of the democratization of the political and social systems of Balkan countries, as well, in the case of Bosnian/Bosniak, as the creation of Bosnian/ Bosniak as the national language of the Bosnian Muslims. In order to explain what the revival of latent Turkish lexical heritage consists of in these two languages, The author has traced the different paths of development in the approach to Turkish lexical borrowings in the history of Bulgarian and Bosnian/Bosniak.
Keywords
Turkish Lexical Borrowings; Bulgarian; Bosnian/Bosniak.
0. Introduzione
L'intenso contatto lingüístico tra le paríate slave meridionali (ad eccezione di quelle più a Nord) e una o più varietà di turco durante il plurisecolare periodo di appartenenza della regione balcanica all'Impero ottomano ha creato le condizioni per un massiccio trasfe- rimento di elementi lessicali dal turco nelle lingue slave e ha contribuito in questo modo a potenziare considerevolmente la base lessicale comune balcanica, condivisa da tutte le lingue della regione1. Al contrario, a partiré dall'Ottocento, nel processo di formazione delle na- zioni e degli stati nazionali, i prestiti lessicali dal turco sono andati incontro a una naturale contrazione quantitativa e, quando percepiti come traccia di un'imbarazzante eredità turca, sono addirittura divenuti bersaglio di politiche linguistiche epurative. Nel passato recente le sorti dei turchismi sono state condizionate in maniera estremamente interessante dalla democratizzazione del sistema politico e sociale dei paesi dell'Europa orientale e dall'epilogo del conflitto nella ex-Jugoslavia, che si è tumultuosamente ripercosso nelle forme di interven- to normativo sulla lingua e più in generale negli usi linguistici delle ex repubbliche federali.
Mettendo sotto osservazione il tipo di trattamento e atteggiamento adottati nei con- fronti dei turchismi nella storia moderna di due lingue slave dei Balcani, il búlgaro e il bo- sniaco/bosgnacco2, in questo articolo si intende stabilire quali sono state le motivazioni ideologiche alla base della diversa valutazione di tale gruppo lessicale nel processo di standar- dizzazione di queste lingue e illustrare quale sia oggi lo status dei turchismi sia dal punto di vista della norma lingüistica, che da quello dell'uso. L'indagine è condotta attraverso l'esame di testi in cui è affrontata la tematica dei turchismi o del purismo lingüístico, nonché delle opere di storia della lingua o di lessicologia. A modo di premessa, nel paragrafo 1. ci si sof- ferma sulle condizioni del contatto turco-slavo nei Balcani e sui suoi esiti a livello lessicale.3
Come di consueto nelle ricerche sui turchismi va fatta una precisazione terminoló- gica preliminare. Per 'turchismo' o 'prestito dal turco' si intendono le parole entrate nelle lingue slave dei Balcani attraverso il turco ottomano, indipendentemente dalla loro origine - propriamente turca, oppure araba, persiana, greca, etc. Viceversa, non si considerano turchismi i prestid risalenti a fasiprecedenti di contatto turco-slavo4.
Vari altri termini sono stati proposti in sostituzione a 'turchismo' (osmanismo, prestid turchi, parole di origine orientale, parole turche e dell'Oriente in genere, arabismi, orienta- lismi, parole straniere turche ottomane, e cosi via) e, in effetti, alcuni di essi rifletterebbero in maniera più trasparente l'origine lingüistica e culturale dei prestiti. In questo lavoro, pero, il termine turchismo è adottato non solamente per rimanere aderenti ad una tradizio- ne terminológica ampiamente condivisa, ma soprattutto perché a essere oggetto di studio è il valore simbolico che tali parole veicolano proprio come traccia concreta del retaggio culturale turco-ottomano e le diverse reazioni che tale valore suscita nelle due comunità linguistiche.
1. Il contatto lingüístico turco-slavo
Condizione necessaria al trasferimento di elementi lessicali (o grammaticali) da una lingua all'altra è il contatto lingüístico, la situazione in cui i parlanti di due o più lingue vengono a contatto sviluppando forme di competenza bi- (o pluri-)lingue: quanto più in- tenso è tale contatto, tanto più pervasivi sono gli effetti sul piano lingüístico5.
Per quanto riguarda i Balcani, la storia lingüistica della regione durante il periodo ottomano o del "giogo turco", come è definito nelle storiografie nazionali(stiche), è ancora poco conosciuta: a parte un generico riferimento ad una situazione segnata da un esteso plurilinguismo e dalla diffusione dell'uso del turco (e del greco) come lingua veicolare e dalla formazione di codici misti {jezicki merhamet, Jahic 2000a: 64-67), un quadro chiaro della situazione sociolinguistica nella regione durante il periodo ottomano e della sua arti- colazione interna manca.
Sulla scorta delle considerazioni fatte fino ad oggi sull'argomento, si possono identi- ficare alcuni luoghi, intesi sia come ambienti sociali che come zone geografiche, che hanno favorito il contatto lingüístico e fenomeni di interferenza dal turco alie lingue slave balca- niche:
a. lambiente urbano (rispetto alla campagna);
b. le aree adiacenti agli insediamenti di popolazione turcofona;
c. le regioni fortemente islamizzate;
d. i territori geomorfologicamente più accessibili (pianeggianti, intersecati da strade etc.).
Sull'intensitá del contatto hanno influito la prossimità ai centri di irradiazione culturale, Istanbul innanzitutto, e, va da sé, la durata del periodo di appartenenza all'Impero ottomano, più lungo per le zone meridionali dei Balcani, più breve e tormentato per quelle settentrionali.
Per quanto riguarda i gruppi sociali interessati, maggiormente esposti al contatto con il turco sono stati i commercianti, gli artigiani, e in generale la popolazione urbana rispetto a quella contadina, e i convertiti all'Islam rispetto ai fedeli cristiani. Tutto ció trova riflesso nella diversa quantità, différente distribuzione regionale e divergenti valori stilistici dei tur- chismi nelle lingue slave dei Balcani e nei loro dialetti. A livello regionale, i prestiti turchi sono più numerosi e diffusi nella Serbia méridionale, in Bosnia, in Macedonia e, per l'area lingüistica búlgara, nelle regioni orientali e sudorientali. Ad ogni modo, se per la Bulgaria, in particolare le regioni orientali, viene riferito di un esteso bilingüismo, per la Bosnia pare che l'uso del turco fosse comunque limitato.
Rispetto aile varietà di lingue a contatto, malgrado le incertezze che a riguardo ancora esistono, dovute agli ostacoli oggettivi che una verifica di questo tipo presenta, è probabile che i parlanti lingue slave siano stati esposti a tutte le varietà di turco-ottomano in termi- ni diastratici, ma soprattutto al kaba tiirkçe, "le turc vulgaire" (Sandfeld, Skok 1936: 475), cioè popolare o basso, nella sua articolazione regionale6. In dipendenza da ció, le differenze, soprattutto a livello fonético, che i prestiti turchi nelle lingue slave dei Balcani mostrano, andrebbero ricondotte a differenze già esistenti in turco a livello dialettale7 tra due gruppi distinti, occidentale e orientale8: ad esempio, il mantenimento di /g/ nelle aree occidentali rispetto alla frequente evoluzione /g/ (> /?/) > 1)1 in alcune posizioni nelle paríate slave dei Balcani sudorientali, che risentono maggiormente dell'influsso dei dialetti turchi più prossi- mi alla base da cui si è evoluto il turco standard moderno: bos. (ser.-cro.) beg, bul. bej, tur. bey9.
Lo studio degli effetti del contatto lingüístico tra turco e lingue slave vanta una lunga e solida tradizione, legata in gran parte alle ricerche sulle caratteristiche della lega lingüisti- ca balcanica, e in questo senso il livello dei risultati raggiunti in oltre un secolo di indagini è indubbiamente notevole10. Tra i vari segment! del sistema lingüístico delle lingue slave dei Balcani interessati dal contatto con il turco11, il fenomeno più macroscópico, quantitativa- mente e qualitativamente più rilevante, è il prestito lessicale. Il lessico è la parte del sistema di una lingua che è più velocemente e sensibilmente interessata da fenomeni indotti dal contatto lingüístico ("words first, grammar later", Thomason 2001: 64; cf. anche Wein- reich 1974). Infatti, come sistema aperto, il lessico è massimamente esposto a processi di rinnovamento e di ampliamento, per cui un contatto di intensità e entità minima crea già una condizione suficiente al passaggio di parole e termini nuovi da una lingua fonte a una lingua ricevente. Data l'intensità e la durata del contatto con il turco gli effetti sul piano lessicale nelle lingue slave dei Balcani sono considerevoli12.
In generale, la classificazione consueta dei fenomeni di interferenza lingüistica a livello lessicale distingue prestiti "veri e propri" - che comportano un trasferimento del materiale lessicale, adattato o meno, oltreché del significato, dalla lingua fonte alla lingua ricevente - e i caichi, sia strutturali che semantici, in cui è interessato solo il livello del significato13. Ai fini della nostra indagine sono da tenere in considerazione solo i prestiti "veri e propri", poiché sono certe loro caratteristiche a livello formale a renderli riconoscibili - se oppor- tunamente addestrati in questo senso i parlanti stessi sono in grado di percepirli come tali - e a farli diventare oggetto di politiche linguistiche epurative. I caichi, al contrario, pur di enorme interesse per una valutazione precisa delle caratteristiche del contatto lingüístico tra turco e lingue slave dei Balcani nel periodo della dominazione ottomana, sono diffi- cilmente identificabili senza un'accurata conoscenza della lingua fonte e proprio questo motivo sono più di rado presi di mira da operazioni di purismo lingüístico.
I prestiti lessicali dal turco nelle lingue slave dei Balcani possono essere classificati dal punto di vista grammaticale, rispetto cioè a quale parte del discorso appartengono, oppure semántico, a seconda dei campi semantici in cui rientrano14.
Relativamente alle parti del discorso, i turchismi sono perlopiù sostantivi, in misura minore aggettivi, awerbi, congiunzioni, interiezioni, pochi i verbi. Nel passaggio aile lin- gue slave i prestiti dal turco possono andaré incontro a adattamenti fonetici (sostituzione, caduta, aggiunta di suoni etc.15), in rispetto delle abitudini articolatorie delle varietà slave interessate (p.e. tur. börek > bos. (ser.-cro.) burek-, tur. köfte > bul. kjufte)16. Dal punto di vista grammaticale i prestiti turchi sono generalmente integrad nel sistema flessionale delle lingue slave, con o senza adattamenti morfofonologici. Eccezioni si registrano perlopiù tra gli aggettivi, che possono rimanere invariati rispetto a genere, numero e caso (bul. inat cocciuto, testardo' cf. tur. inat)17. Anche questo è indice dell'alto grado di intensità dell'in- flusso turco18.
Rispetto ai campi semantici, tutti i lavori sui turchismi in modo più o meno ampio, a volte nella forma di breve rassegna, altre con liste accurate e corredate di esempi, ne dan- no conto19. Una delle classificazioni più dettagliate in questo senso è quella che per il bo- sniaco/bosgnacco (serbocroato) fornisce Skaljic (1979: 25-26), che elenca ben 38 gruppi semantici (31 per i sostantivi e 7 relativi alie parti del discorso): risulta evidente dalla va- rietà degli ambiti citati che il turco ha influenzato il lessico delle lingue slave dei Balcani in modo assolutamente pervasivo.
La ragione che ha motivato l'acquisizione di cosi tanti prestid20 viene generalmente riconosciuta nell'introduzione nei Balcani di un diverso sistema socio-culturale e econo- mico, oltreché giuridico-amministrativo, che ha determinato la diffusione e il recepimento di un ampio insieme di oggetti e concetti tipici della cultura turca-ottomana, islamica e in generale orientale, e dei termini e delle espressioni per indicarli (Kulturwörter, cf. Kaza- zis 1972: 91; Schaller 1999: 463)21. Accanto alla diversità e all'innovazione rappresentata dalla cultura importata nei Balcani, direttamente proporzionale alla diffusione capillare dei prestiti nei sistemi lessicali delle lingue slave è stata la diffusione del bilingüismo, nelle sue varie gradazioni e nella molteplicità dei contest! sociolinguistici venuti a crearsi nella regione e di cui è stato riferito sopra. Il processo di awicinamento alia cultura turca-otto- mana, che ha interessato ogni aspetto della vita di queste popolazioni e che ha avuto indub- biamente uno dei suoi effetti più tangibili sulla lingua, viene chiamato complessivamente "orientalizzazione" (cf. Kode 2010; Hazai 1961).
Tuttavia, non sembrano queste motivazioni sufficienti a giustificare un trasferimento cosi massiccio di prestiti dal turco alle lingue slave dei Balcani. L'apprendimento del turco in forme più o meno aderenti alia norma dei madrelingua è stato sicuramente stimolato in maniera cruciale anche dal prestigio di cui il turco godeva tra i sudditi del Sultano. Questa ragione, che è riconosciuta come uno dei motori fondamentali del cambiamento lingüí- stico per contatto, è sólitamente trascurata o omessa nelle trattazioni sui turchismi nelle lingue balcaniche, benché a riguardo si fosse già espresso in maniera molto chiara Skok nel 1935, sorpreso perl'abbondanza dei prestiti turchi in aree meno esposte al contatto con il turco (Montenegro, Dubrovnik) e insospettito dalla contraddizione tra tale abbondanza e l'atteggiamento irriducibilmente antiturco dei sudditi slavi durante il periodo ottomano testimoniato dalle storiografie delle neonate nazioni slave dei Balcani:
Ce netait pas là seulement la langue des conquérants, des soldats et des représentants du gouvernement, comme on le pensait faussement, mais aussi la langue d'une civilisation considérée par le sujets parlants balkaniques comme supériore à la leur. (Skok 1935:258)"
Dopo la fine del dominio ottomano, il lessico turco nelle lingue slave dei Balcani è andato incontro ad un processo, in parte, di naturale decadimento, perl'azione dei muta- menti sociopolitici e socioculturali delle società di cui queste lingue erano espressione, in parte, di diminuzione o addirittura di sradicamento, per effetto, rispettivamente, dell'ela- borazione di una lingua standard e dell'attivazione in essa di eventuali interventi di stampo puristico. Infatti, seppur vero che, come rileva Gusmani (1986: 16), il prestito, una volta acclimatatosi e integratosi nel sistema di una lingua, non viene più percepito come corpo estraneo, ma diventa parte costitutiva del suo patrimonio lessicale e la sua evoluzione non differisce in nulla da quella del lessico autoctono, andando incontro agli stessi mutamenti e trasformazioni (ampliamento semántico, restringimento semántico, trasformazione per metonimia, sineddoche; alterazioni di registro: abbassamento, etc.23), il destino della mag- gior parte dei prestiti turchi nelle lingue dei Balcani dopo la fine del dominio ottomano è stato segnato da un atteggiamento normativo di natura ideológica poggiante su una pola- rizzazione "nostra - loro", che ha giustificato, al meglio, una particolare cautela verso tali prestiti, al peggio, operazioni mírate di epurazione. In conclusione, l'interazione di tutti questi processi ha determinato che molti turchismi sono stati eliminati, altri sospinti al margine del sistema lessicale, divenendo termini dialettali, gergali etc., altri ancora hanno subito alterazioni di registro, soprattutto nella direzione di un abbassamento stilistico24. Ció nonostante, ancora oggi per tutte le lingue balcaniche interessate in passato da feno- meni di contatto lingüístico con il turco vale che i turchismi occupano una "latente Positi- on" (Hazai, Kappler 1999: 655) e, seppur esclusi dagli usi normativi, "[...] may lie dormant waiting like fat-cells in the body to resume its former activity" (Thomas 1991: 91).
2. Il trattamento dei turchismi nella lingua búlgara e bosniaca/bosgnacca
I diversi principi adottati nel processo di standardizzazione di búlgaro e bosniaco/ bosgnacco generano atteggiamenti profondamente diversi nei confronti dei turchismi. Nei seguenti paragrafi verranno ritratti il profilo evolutivo dell'applicazione di tali principi e il quadro degli effetti a cui conducono in ciascuna delle due lingue.
2.1. Il búlgaro
La storia délia lingua búlgara moderna è segnata da un'ostilità persistente nei confron- ti dei prestiti dal turco e da interventi epurativi di ampia portata che, motivati diversamen- te nelle diverse fasi di codificazione del búlgaro moderno, hanno provocato una drastica riduzione di questa componente lessicale nello standard, un discostamento dal lessico del búlgaro da quello comune balcanico25, nonché una netta divergenza per quanto concerne quantità e diffusione di tali parole tra lo standard e le varietà substandard26.
Fin dall'inizio dell'Ottocento i turchismi, endemici in tutte le varietà paríate e fre- quenti anche negli scritti più aperti alla lingua parlata, vengono accomunati ai grecismi e percepiti dai fautori délia Rinascita nazionale come sintomo di corruzione e impurità dél- ia lingua (cf. l'insistenza di Neofit Rilski sui termini "razvrastenie", "rëci isporceny" nella Filologiceskopreduvédomlenie, introduzione "teorico-metodologica" alla Bolgarskagramati- ka del 183527), (Henninger 1987: 51). Due sono i capisaldi ideologici, tra loro interconnes- si, che vengono posti alla base délia rivitalizzazione del búlgaro e che influiscono in maniera determinante sull'atteggiamento dei suoi codificatori nei confronti dei turchismi. Da un lato, il recupero délia lingua come affermazione di identità nazionale e il rafforzamento del suo valore simbolico in base al principio "knizoven ezik - najvaznijat beleg na nacijata28" (Georgieva, Zerev, Stankov 1989: 12); dall'altro, il richiamo alla matrice slava del búlgaro, sia nella forma di incorporazione organica del paleoslavo nella storia della lingua búlgara (cf. r'aggancio" totale in Georgieva, Zerev, Stankov 1989: 7: "Novobälgarskijat ezik e prjak naslednik na starobälgarskija ezik29"), sia, soprattutto nelle fasi iniziali, attraverso l'appoggio all'idea della reciprocità slava, che è in grado di conferire al rinascente búlgaro il necessario prestigio.
La volontà di ripristinare la purezza slava del búlgaro impone che i turchismi, percepi- ti come elemento del tutto alieno e interpretad come risultato dei "naj-zestoki asimilatorski pochvati sprjamo bälgarskija narod30" (Mircev 1952:117)31, vengano progressivamente eli- minad dalla lingua scritta e sostituiti, proprio come auspicava Kollár, con parole dalla certa origine slava. Oltre che con elementi lessicali slavi tratti dai dialetti, la ricostituzione del lessico búlgaro awiene attingendo alio slavo-ecclesiastico, soprattutto per quanto riguarda i termini astratti, ma in modo particolare al russo. Il legame culturale e lingüístico con la Russia, riscoperto già nel secolo precedente grazie alla diffusione dello slavoecclesiastico di redazione russa, viene irrevocabilmente sancito dal riconoscimento al russo del ruolo di continuatore della tradizione lingüistica del paleoslavo: la rilessificazione del búlgaro su base del russo è dunque da intendere come una sorta di restituzione di materiale genetico da parte di un consanguíneo.
La disposizione negativa nei confronti dei turchismi in búlgaro durante la Rinascita nazionale è accentuata da un altro fattore culturale a cui si è accennato al paragrafo 1, e cioè da quel processo di modernizzazione della società, che per le aspiranti nazioni dei Balca- ni è coincisa con una estesa occidentalizzazione/deorientalizzazione. In questo contesto l'eliminazione dell'eredità lessicale turca in búlgaro viene indotta dall'introduzione di og- getti e concetti nuovi che sostituiscono quelli di matrice turco-ottomana assieme alia loro relativa denominazione e nello stesso tempo dal reorientamento culturale verso modelli occidentali, il quale rende il turco una lingua di minore prestigio e i prestiti turchi elementi indesiderati32. La volontà di fare del búlgaro una lingua moderna produce gli stessi effetti del desiderio di ripristinarne la natura slava (Andrejcin 1977:132), anche se l'atteggiamen- to nei confronti della cultura di cui il turco-ottomano è espressione viene ora dettato dalla percezione di una superiorità culturale dell'Occidente, a cui si aspira ad appartenere, e non più dalla sensazione di minaccia alla propria identità per subordinazione33.
Il processo di slavizzazione e deorientalizzazione del búlgaro per mezzo della sosti- tuzione delle parole turche con parole slave (bulgare dialettali, slavoecclesiastiche, russe), meno frequentemente tramite la formazione di neologismi, si compie durante la Rinasci- ta nazionale non per sradicamento violento dei turchismi, ma per incentivazione all'uso dei corrispondenti slavi. Per facilitare l'acquisizione del nuovo lessico e l'abbandono di quello turco, le nuove parole vengono úsate direttamente nel testo e fatte seguire dalla traduzione turca tra parentesi, come ad es. nell'abbecedario Bukvan sr> razlicny poucenija (.Riben bukvar) di Petar Beron "chudozestvo (zanajatt)" ['arte'] (Beron 1824: 38), "pricina (sevept)" [causa, ragione'] (Beron 1824: 54), oppure in coda all'opera viene riportato un piccolo glossario34, come quello contenuto nella grammatica di Neofit Rilski (1835: 204- 21l)35. Ció ha effetti rapidi sulla lingua scritta; come scrive Gutschmidt (1968: 241), già prima della guerra di Crimea, che segna una svolta netta nella storia della lingua búlgara proprio nel senso di un aumento rápido del prestigio e dell'influsso del russo, diminuiscono le traduzioni in turco dei nuovi termini, sintomo questo di una competenza ormai acquisi- ta. Un ruolo fondamentale nel consolidamento del nuovo lessico è svolto dalla letteratura, che in questi anni vale come referente normativo ("frame-of-reference function" cf. Lencek 1981: 40), più di opere come grammatiche e dizionari.
Nelle prime fasi del processo ricostitutivo del búlgaro moderno - descritte in relazio- ne ai turchismi, malgrado gliintentiben differenti, da Moskov (1958: 7-45) e Gutschmidt, Hopf (1999: 821-825) - marcate manifestazioni di nazionalismo lingüístico sono gene- ralmente assenti. Neofit Rilski, ad esempio, ritiene che sia necessario sostituire i turchismi con parole slave non solo per ripristinare la natura slava del búlgaro, ma anche per porre un limite alla variazione diatopica36 e per ottenere una netta divisione tra stile alto, típico dello scritto, e stile basso su modello del greco. Rimproverando in un certo senso l'assenza di una volontà epuratrice tout court nei primi fautori della Rinascita búlgara e la mancanza di un approccio ideológicamente awerso ai prestid in generale, Moskov constata che l'obiettivo dei fautori della Rinascita nazionale búlgara è "solo" quello di dare un aspetto búlgaro alia lingua nazionale (Moskov 1958: 45).
Dopo la fondazione di uno stato búlgaro indipendente nel 1878, la diminuzione dei turchismi nella lingua scritta è immediata in conseguenza dell'abbandono di tutto il lessico relativo all'amministrazione, al diritto, al sistema finanziario ottomano e all'apparato mili- tare. Nell o scritto i turchismi continuano ad essere impiegati soprattutto nei testi letterari per la resa realística del linguaggio parlato oppure per ottenere specifici effetti stilistici, il "colore locale" (cf. Gutschmidt 1968: 242) che queste parole ormai in gran parte sospinte verso il substandard veicolano. La marginalizzazione dei turchismi ne provoca lo scivola- mento semántico verso significad ironici o deprezzativi, un loro abbassamento stilistico e ridimensionamento funzionale.
L'invasione di russismi nel búlgaro dopo la liberazione, già ampiamente denunciata e combattuta nei decenni precedenti, innanzitutto da Ivan Bogorov37, stimola la nascita di un purismo sistemático e del nazionalismo lingüístico in Bulgaria. ? forse proprio Fau- mento esponenziale di russismi nel búlgaro che, alimentando la sensazione di minaccia all'identità nazionale, innesta un irrigidimento nei confronti dell'elemento alloglotto nel búlgaro standard. Se a questo si aggiunge che parallelamente, in conseguenza dell'accele- razione del processo di codificazione del búlgaro, un simile irrigidimento si registra anche nei confronti di elementi dialettali o comunque considerad colloquiali38, si puo ipotizzare che la preoccupazione per la purezza del búlgaro rispetto a elementi estranei alio standard si intensifichi e cristallizzi come motivo dominante nella cultura lingüistica del búlgaro proprio in questo periodo39. Decisivo a questo proposito è il fatto che la cura della lingua non viene più solamente promossa da esternazioni o pratiche di singoli intellettuali, ma diretta dalle indicazione normative dei linguisti e propagata attraverso riviste specializzate.
Nella prima metà del XX secolo il problema dei turchismi nella lingua búlgara, cosi come era stato vissuto durante la Rinascita nazionale, puo essere considerato risolto, no- nostante vi siano ancora appelli contro l'uso di turchismi nel parlato, dove godono di gran- de popolarità40. La maggior parte dei turchismi diffusi nei dialetti non ha trovato posto nella lingua standard, mentre quei turchismi che sono stati accolti vengono tenuti sotto controllo. Nel 1952 Mircev (1952: 118, 125) afferma con sollievo che il búlgaro è fuori pericolo e rileva che moite delle parole turche segnalate da Conev (1934: 177-191), già sensibilmente inferiori di numero rispetto a quelle regístrate da Gerov (1895-1904), non sono più attuali.
Dopo la seconda Guerra mondiale, in Bulgaria si assiste solo in parte a quell'allenta- mento delle politiche linguistiche puristiche che Thomas (1991: 115-134) mette in rela- zione causa-effetto con il consolidamento della lingua standard e il decremento del livello di nazionalismo. Se, da un lato, il purismo, di cui si riconoscono gli effetti positivi avuti sulla lingua, viene considerato un fenomeno superato ("otzivjalo javlenie", Bojadziev 1986: 216), e in effetti si registra una certa tolleranza, per esempio verso la terminología interna- zionale41, dall'altro, invece, corroborata dall'instaurazione a livello lingüístico di modelli sovietici intransigent! contro ogni divergenza dalla norma, il livello di vigilanza sull'aderen- za degli usi linguistici alio standard rimane estremamente alto. S otto lo stretto contrallo del governo, il linguaggio dei mezzi di comunicazione, costretto al rispetto di tale norma, nonché fortemente ideologizzato e burocratizzato, diventa "eine der sterilsten Sprachen in Osteuropa42" (Nicolova 2000: 15). Grazie alla forte pressione ideológica e all'autocensura di autori e redattori, elementi colloquali o gergali non compaiono nel linguaggio pubblico. In questo contesto, i turchismi, la maggior parte dei quali sono stati efficacemente allon- tanati dal lessico normativo in seguito a quei mutamenti semantici e stilistici di cui sopra, vengono ormai considerad elementi lessicali substandard, tipici del dialetto, del gergo o del parlato non contrallara, e al massimo tollerati nel linguaggio letterario43. Cosi, ad esempio, la risposta di Stojanov (1952) e Niceva (1952) all'intervento di Mircev (1952) sui turchi- smi sono intitolati rispettivamente Za turcizmite i dialektalizmite ν balgarskija literaturen ezik ['Sui turchismi e dialettalismi nella lingua búlgara standard'] e Za dialektalizmite ν balgarskija literaturen ezik ['Sui dialettalismi nella lingua búlgara standard']. Applicando a questo status dei turchismi la terminología usata da Kordic (2010: 51-52)44, si puo dire che questi, dapprima bersaglio di un 'purismo genetico' awerso ai prestiti, vengono presi di mira da un nuovo 'purismo igienico o sanitario', che si accanisce contro tutte le forme non standard; forse sarebbe più corretto affermare che i turchismi sono il bersaglio di un doppio attacco. In linea con ció si insiste sull'appartenenza del lessico turco a varietà parti- colarmente basse, sulle sue connotazioni deprezzative e sulla necessità di impiegare adatti corrispondenti bulgari. Nonostante le motivazioni addotte siano parzialmente mutate, la disincentivazione all'impiego dei turchismi è sia nelle modalità che negli obiettivi del tutto simile a quella promossa durante la Rinascita nazionale.
Nel XX secolo l'ostilità verso i turchismi raggiunge il culmine negli anni Ottanta, quando nell'ambito del väzroditelen procès, il programma di rinnovamento nazionale, viene vietato luso di elementi lessicali di origine turca, anche già ben insediati nel sistema del les- sico búlgaro, e impone ufficialmente la sostituzione con neologismi spesso ridicoli. Questo atteggiamento ostile trova riflesso anche in una certa reticenza a nominare esplicitamente i turchismi, che si nota in diverse opere di storia délia lingua o di lessicografia (ad es. nel volume di lessicologia búlgara di Pärvev (1979a) vi sono paragrafi dedicati ai prestiti dal greco, russo, protobulgaro etc. ma manca quello sui prestiti turchi, sostituito da un para- grafo sulle parole di origine araba, cf. Raceva 1979). Metafóricamente l'influsso del turco sul búlgaro viene paragonato (Bojadziev 1986: 202) aun'onda che ha travolto conviolenza il sistema lessicale della lingua, senza averio in realtà arricchito, e poi si è ritirata lasciando dei detriti. Questi ora vanno rimossi. ? in effetti in búlgaro l'operazione di eliminazione dei turchismi è riuscita con successo per la lingua standard, nella quale è soprawissuto un numero esiguo di turchismi. Diversamente, a causa della profonda discrepanza generata nel diasistema del búlgaro tra standard e altre varietà dalla definizione di un lessico normativo basata su principi puristici, nelle varietà substandard, dai dialetti al parlato non controllato degli abitanti istruiti delle città, i turchismi si sono conservad in abbondanza, benché com- prensibilmente la diffusione dell'istruzione, il prestigio della norma e le mutate condizioni socioculturali ne abbiano alterato la quantità e qualità in modo sensibile.
Il crollo del socialismo reale ha immediati contraccolpi a livello lingüístico e determina un cambiamento sensibile anche nell'uso e nella valutazione dei turchismi. Come reazione alia rígida imposizione ideológica dello standard "ipernormativo" ("svrachnormativnost", Krasteva 2003: 7) dei decenni del socialismo e alla ripetitività e inespressività di quel lin- guaggio, a partiré dagli anni Novanta del XX secolo si registra una diffusione esponenziale nell'uso pubblico di elementi del parlato colloquiale e del substandard. ? una tendenza che si mostra in modo evidente nei mezzi di comunicazione privati e non istituzionali, che rivolgendosi a un pubblico di massa ne adottano i registri. Nicolova (2000: 16) afferma che in quegli anni si è assistito a un capovolgimento di una rapidità senza eguali nella storia della lingua búlgara che ha provocato, anche qui per la prima volta nella storia del búlgaro moderno, l'ingresso nell'uso pubblico di elementi di varietà colloquiali e substandard45.
E in questo contesto che dopo il 1989 nel búlgaro si osserva una massiccia riattiva- zione di parole di origine turca, considerate ormai elementi lessicali peculiari di varietà colloquiali e registri informali. Ai turchismi si riconoscono grandi potenzialità espressive sia nello scritto che nel parlato, operano, scrive Krasteva (2003: 9), come "emocionalno- ekspresivni markeri"46. Nonostante ne vengano comunque rimarcate le limitazioni d'uso, nel complesso appare evidente che l'atteggiamento nei confronti di questo gruppo di pa- role è cambiato. Nell'introduzione a due raccolte di parole turche nel búlgaro contempo- ráneo (Krasteva 2000; 200347) la loro riattivazione è giustificata in base a motivazioni di varia natura. Si ricorda, ad esempio, che i turchismi esistono da secoli nella lingua búlgara, e che a tutti, sia quelli a stilisticamente neutri che a quelli marcad, spetta un posto legittimo nel lessico del búlgaro. Ma la vera riabilitazione delle parole turche in búlgaro è invocata in virtù del loro valore comunicativo: si tratta di parole che rendono la comunicazione "po-svojski" 'più intima', "po-narodnostno" 'più nostrana', "neprinudeno" 'disinvolta', "po- estestvenno" 'più naturale' (Krästeva 2000: 5). Considerazioni identiche si trovano anche in Dimitrova (1997: 33-36; 41-42), che conferma il mutato status dei turchismi nell'uso quotidiano in búlgaro, ne osserva l'estensione a tutti i tipi di registro, ad esclusione solo di contesti ufficiali o nel linguaggio scientifico, e ne attesta, facendo riferimento ad al cune for- mule di cortesía di origine turca, le valenze pragmático-comunicative ("usilvat empatijata na blizost mezdu produktora i adresata na izkaza"48, Dimitrova 1997: 34). La tendenza in corso in búlgaro, continua Dimitrova, non solo riattiva luso diffuso di termini del parlato colloquiale, ma si spinge fino a "povtornata zamjana na bälgarski dumi s turski: ilaci vmesto lekarstva, komsii vmesto sasedi [...]49" (Dimitrova 1997: 36). Il cambio di atteggiamento nei confronti dei turchismi negli ultimi due decenni rispetto all'ostracizzazione degli stessi nella tradizione normativa del passato trova piena dimostrazione nel manuale di lessico- grafia di Zidarova (2009: 231-235), nel quale si rileva l'assoluta naturalezza del contatto lingüístico tra búlgaro e turco50 e dei suoi esiti, e ai turchismi vengono riconosciuti fun- zione attiva e ruolo qualitativamente e quantitativamente rilevante all'interno del sistema lessicale del búlgaro.
2,3. Bosniaco/bosgnacco
Negli anni Novanta del XX secolo per i bosniaci musulmani o bosgnacchi "jezik [je] postao bitnom komponentom izgradnje nacije51" (Monnesland 2005b: 485). In seguito al disfacimento della Jugoslavia, i musulmani della Bosnia hanno rinominato la propria lingua nazionale in 'bosniaco'52, termine accolto anche negli accordi di Dayton, e dato inizio a un processo di allontanamento di questa dalle altre lingue nazionali seguite al frazionamento del serbocroato. In tale processo i turchismi svolgono un ruolo fondamentale perché, come scrive uno dei maggior promotori dell'indipendenza del bosniaco/bosgnacco, "bez turcizama kao sustinske pojave ne bi bilo ni bosanskog jezika, bez islama ni "bosanskih muslimana", a bez ovih ni bosanskog jezika, sve je povezano jedno s drugim, isprepleteno53" (Jahic 2000a: 31).
Nell'elaborazione di una lingua bosniaca/bosgnacca indipendente, come etnoletto délia comunità dei musulmani délia Bosnia, per la centralità del legame con l'eredità cultú- rale orientale turco-ottomana e la religione islamica, i turchismi sono connotad di grandis- simo prestigio e eletti a tratto distintivo54: '"Orientalismen', archaische Lexik und Lexeme der islamischen Kultur sind bei der Schaffung und/bzw. dem Ausbau des Bosnischen und seiner autonomen Historizität intentional zu bevorzugen (Nehring 2008: 105)56. A parte l'owio prestigio che l'origine di queste parole conferisce loro, non irrilevante nell'o- pera di elevamento dei turchismi a livello dello standard bosniaco/bosgnacco è il richia- mo a Vuk Karadzic, del quale viene frequentemente ricordata la grande tolleranza verso i turchismi dimostrata nell'elaborazione del serbo(croato) standard57. La riabilitazione dei turchismi nel bosniaco/bosgnacco coincide cosi con un'operazione di reorientalizzazione della lingua standard, ma al tempo stesso viene rappresentato come un atto di fedeltà ai principi originari della codificazione del serbocroato.
Nella narrazione dell'origine e dell'evoluzione del bosniaco/bosgnacco si esaltano in maniera particolare gli esperimenti lessicografici del passato, prima di tutto il dizionario bosniaco di Muhamed Hevaija Uskufija del 1631, le varie forme di letteratura in lingua slava, come i canti epici e la lírica amorosa del periodo ottomano, nonché la promozione di una lingua bosniaca indipendente da parte del governatore Kállay durante il dominio austríaco della Bosnia (1878-1918)58. Di tutte le fasi passate si celebra innanzitutto l'ab- bondante presenza di turchismi. In effetti, cosi come testimoniano le opere letterarie degli scrittori bosniaci dell'Ottocento, di contenuto ormai non più solo religioso59, gli orienta-lismi sono molto numerosi. Nel Novecento, in seguito all'introduzione ufficiale del serbo- croato (1907) e in conseguenza delle trasformazioni politiche - prima il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, poi la Jugoslavia - e sociali - il processo di occidentalizzazione - anche le parole di origine turca vanno incontro a contrazione quantitativa, trasforma- zioni semantiche e scivolamento verso varietà basse del sistema lessicale60, rimanendo cosi úsate solo nella comunicazione quotidiana e di una certa letteratura (ad es. i romanzi storici ambientati all'epoca dell'Impero ottomano)61.
L'inasprimento a livello federale del dibattito sulla lingua alla fine degli anni Sessanta si traduce in Bosnia-Erzegovina nel desiderio, cosi come emerso nel Simpozijum o jezic- koj toleranciji ['Simposio sulla tolleranza lingüistica'] (Sarajevo 1970) e divenuto poi po- lítica ufficiale della repubblica, di "njegovanje autohtonih knjizevnojezickih i kulturnih vrijednosti"62 (cit. da Okuka 2006: 251), con cui indirettamente si assegna importanza al lessico turco e si pongono in potenza le basi per una terza varietà di serbocroato, il bosan- ko-hercegovacki standardnojezicki izraz [Tespressione lingüistica standard bosniaco-erze- govese'], inteso come lingua di tutti i bosniaci, indipendentemente dalla confessione reli- giosa. Quando alia vigilia della guerra le questioni linguistiche diventano anche in Bosnia esplicito mezzo di lotta étnica e nazionale e l'applicazione del nazionalismo lingüístico, típico dell'area jugoslava, per cui la nazione esiste solo se si puo dimostrare l'esistenza di una lingua come "najvaznjije narodnosne duhovne odrednice"63 (Isakovic 1995: xxiv), de- termina la disaggregazione del serbocroato nelle componenti croata e serba, i bosniaci mu- sulmani si trovano privati della lingua in cui si erano identificati, almeno nominalmente, fino a quel momento. Non potendo accogliere come propria lingua né il serbo, né il croato, procedono alla definizione di una variante nazionale basata su differenze che ne giustifica- no la diversità ("The threat posed by the inability to mantain such differences is the loss of languages identity", Thomas 1991: 55). La riabilitazione dei turchismi viene awertita come una necessità: "Bosanski jezik tada nema drugog izlaza' vec da se Vrati samóme sebi', da vise ne pripada nikom64" (Jahic 2000a: 92).
Pur riconoscendo che il bosniaco/bosgnacco è una continuazione del serbocroato, i suoi fautori accusano i codificatori del serbocroato di approcci "unitaristici" (cf. Isakovic 1995: xxvi) che hanno tenuto conto esclusivamente delle varietà di Belgrado e Zagabria, e trascurato le peculiarità linguistiche della Bosnia, soprattutto quelle della sua compo- nente musulmana. Conferma di ció sarebbe l'assenza nei dizionari normativi serbocroati del lessico caratteristico bosniaco65, come usato nelle opere letterarie degli scrittori, innan- zitutto musulmani, della repubblica. Dagli anni Novanta, nell'opera di riattivazione del lessico turco nel bosniaco/bosgnacco si attinge alle varietà substandard, dialetti e parlato colloquiale, e alle opere degli scrittori bosniaci, sia a quelli operand a cavallo tra Ottocento e Novecento nella Bosnia austriaca, che a quelli successivi, Selimovic innanzitutto. Que- ste scelte si rispecchiano nelle due principali opere lessicografiche del bosniaco/bosgnacco di quel periodo, Rjecnik karakteristicne leksike u bosanskomjeziku ['Dizionario del lessico caratteristico nella lingua bosniaca'] del 1992, rinominato Rjecnik bosanskogjezika ['Di- zionario di lingua bosniaca'] nella seconda edizione (Isakovic 1995), e lo Skoljski rjecnik bosanskogjezika ['Dizionario di lingua bosniaca per la scuola'] (Jahic 1999). Nello Skoljski rjecnik, cosi come nelle altre due opere della Trilogija o bosanskom jeziku ['Trilogía sulla lin- gua bosniaca'] di cui fa parte - Bosnjacki narod i njegovjezik ['Il popolo bosgnacco e la sua lingua'] (Jahic 2000b) e Bosanski jezik u lOOpitanja i 100 odogovora ['La lingua bosniaca in 100 domande e 100 risposte'] (Jahic 2000a)66-, pensata dall'autore per fissare le basi ideologiche della rinascita del bosniaco, si enucleano i principi e le modalità per una riabi- litazione dei turchismi. Il lessico turco si configura come "osnovnom nosiocu, prenosiocu i pokazatelju ne samo kulturnog identiteta vec i upoce nacionalnog identiteta67" (Jahic 1999: 73), e deve essere riattivato anche applicando forme di riesumazione ("retrogradnog purizma", Jahic 2000a: 91), il quale consiste nella sostituzione di ritorno di parole slave con parole turche, eliminate precedentemente dallo standard proprio a favore di quelle slave (cf.pendzer 'finestra' tur.pencer al posto diprozor).
Tra i linguisti e gli intellettuali bosgnacchi, comunque, a parte il sostegno unanime al nuovo standard, ribadito esplicitamente durante una serie di incontri e convegni, il primo a Bihac nel 1998 Simpozji o bosanskomjeziku ['Simposio sulla lingua bosniaca']68, e nel 2002 nella Povelja o bosanskomjeziku ['Carta sulla lingua bosniaca'], emergono divergenze circa la qualità e l'intensità degli interventi sulla lingua69. Alcuni linguisti, quelli che in sostanza ruotano attorno all'Istituto di lingua di Sarajevo, sono contrari ad accantonare la tradizio- ne di tolleranza e apertura verso la variabilità lessicale tipica della Bosnia e si oppongono alla massiccia riabilitazione dei turchismi: "U posljednjih deset godina [1991-2001] kon- struisana je teza da su u bosanskom jeziku rijeci orijentalnogporijekla karakteristicna lek- sika po kojoj se taj jezik prepoznaje70" (Cedic 2009: 45); altri invece, attivi perlopiù presso l'Università di Sarajevo, sostengono un'operazione di Ausbau più profonda al fine di creare la maggior distanza possibile dalla altre varietà nazionali neostokave e sono dunque favo- revoli all'immissione in massa nello standard bosniaco/bosgnacco di turchismi: "Turcizmi u bosanskom nisu zapravo nikakve 'tudice' vec rijeci koje taj jezik cine osobenim i lahko prepoznatljivim71" (Jahic 2000a: 29). Per i primi, la riattivazione dei turchismi coincide con uno sdoganamento indebito del substandard e l'imposizione di un lessico arcaico, ob- soleto e colloquiale, per gli altri, al contrario, costituisce la manifestazione più chiara della diversità lingüistica e dunque nazionale dei bosgnacchi. La disputa, condotta sulle riviste e pubblicazioni non solo scientifiche, sia all'interno che all'esterno del paese, si è ripercossa anche nella redazione di due recenti dizionari concorrenti: Rjecnik bosanskogjezika ['Di- zionario di lingua bosniaca'] (Cedic 2007) e Rjecnik bosanskogajezik£2 (Halilovic, Palie, Sehovic 2010).
I promotori dell'operazione di riabilitazione dei turchismi sono consapevoli che tutt'oggi gran parte di questo lessico è stilisticamente connotato (arcaico, substandard, volgare etc. cf. Isakovic 1995: 377), tuttavia, considerando ció come l'esito di decenni di imposizione del serbocroato unitario, di serbizzazione e di ostracizzazione del lessico típico della Bosnia, auspicano un recupero di "sve vrstve leksema koje se pojavljuju u razgovor- nome bosanskom jeziku, kako neutralne tako i markirane73" (Halilovic, Tanovic, Sehovic 2009: 129) e di tutti i prestid "odomacene u razgovornom vokabularu74" (Halilovic, Palie, Sehovic 2010: ix). Al rovescio, per Okuka (2006: 319), lingüista bosniaco serbo, si tratta invece di un "[...] pokusaj dizajna govornih i regionalnih osobina iz muslimanske sredine te zaboravljenih, neobicnih rijeci u standarnojezicki rang75".
Riguardo all'uso effettivo dei turchismi, Monnesland rileva che la loro occorrenza è in stretto rapporto all'argomento e al registro lingüístico: sono meno frequenti in quotidiani e riviste, più abbondanti nella letteratura o, comprensibilmente, in scritti di argomento re- ligioso. Ad ogni modo, oggi i turchismi in bosniaco/bosgnacco "zauzimaju vrlo istaknuto mjesto u javnom zivotu76" (Monnesland 2005b: 504) e sono "vrlo aktivan leksicki sloj77" (Muratagic-Tuna 2005: 191).
3. Conclusione
I prestid dal turco in búlgaro e bosniaco/bosgnacco, a partiré da un situazione lin- güistica iniziale abbastanza simile, hanno percorso traiettorie di sviluppo radicalmente diverse. In búlgaro sono diventati oggetto di una pervicace volontà epurativa, mentre in bosniaco/bosgnacco, dopo un'evoluzione in sostanza naturale in serbocroato, sono in cor- so di riabilitazione a livello normativo. Nonostante ció, paradossalmente, a partiré dagli anni Novanta del XX secolo le due lingue sono accomunate da una riattivazione nell'uso comune del "latente" lessico turco, la quale arriva fino a forme di sostituzione di ritorno del lessico autoctono con parole turche. Si puo addirittura affermare che dopo un lungo periodo di de-orientalizzazione della lingua, forzata nel caso del búlgaro e indotta nel caso del bosniaco per la dispreferenza nel serbocroato standard della peculiarità lessicali della Bosnia, si assista ora ad una re-orientalizzazione, limitata dal punto diafasico in búlgaro e strumentalizzata ideológicamente in Bosnia.
Oggi il destino dei turchismi in búlgaro e bosniaco/bosgnacco appare comunque in- certo. I processi di riabilitazione dei turchismi potrebbero non avere successo - e ció è quanto rilevano, relativamente al búlgaro, Leschber (2007) e Stamenov (2011). Tuttavia, ma sarà da verificare su tempi più lunghi, l'affermazione della Turchia come potenza re- gionale potrebbe essere causa di un nuovo prestigio del turco nelle nazioni balcaniche in generale, accanto alla riscoperta dell'eredità culturale ottomana già in parte in atto.
1 Sulla lega lingüistica balcanica cf. Banfi 1985; Asenova 2002. Nello specifico sul lessico Sobolev2001; Sobolev 2004a; Sobolev 2004b.
2 Poiché la questione del nome della lingua dei bosgnacchi, musulmani della Bosnia, è ancora in discussione, qui viene utilizzata la doppia denominazione bosniaco/bosgnacco. Cf. anche ultra 2.2.
3 Nell'analisi proposta in questo articolo non vengono considerate le lingue serba e mace- done, la cui inclusione sarebbe stata del tutto pertinente e adeguata, poiché entrambe, esattamente come búlgaro e bosniaco/bosgnacco, sono state interessate in passato dai medesimi fenomeni di prestito dal turco e oggi sono investite dallo stesso processo di democratizzazione di cui sopra. Tuttavia, dato che il lavoro è di per sé suficientemente ambizioso e ampio, il trattamento dei turchismi in serbo e macedone sarà affrontato in studi successivi.
4 Avari, peceneghi, protobulgari. Cf. Miklosié 1884; Schaller 1999.
5 Sul contatto lingüístico, cf. Weinreich 1974; Thomason, Kaufman 1988; Thomason 2001.
6 Cf. Knezevic 1962: 3.
7 Adamovic (1973) scriveche dipercerto almeno tre quarti dei turchismi in serbocroato sono di origine dialettale. In questo senso, critícale etimologie indicate da Knezevic (1962) e Skaljic (1979).
8 Tra gli altri, anche Schaller (1999) solleva il problema sul fatto che i turchismi potrebbero essersi diffusi da una lingua balcanica all'altra e non per contatto diretto con il turco.
9 Cf. Hazai, Kappler 1999: 661-662. Sui dialetti turchi dei Balcani cf. Schmaus 1955: 106- 107; Menges 1983; Tryjarski 1990.
10 Cf. Tietze 1990; Hazai, Kappler 1999; Sobolev 2004a; Sobolev 2004b; Stamenov 2011. II lavoro più importante da questo punto di vista è il Miilyj dialektologiceskij atlas balkanskich jazykov, opera in più volumi a cura di A.N. Sobolev, cf. recensione al Probnyj vypusk in Trovesi 2004.
11 Su interferenze a altri livelli del sistema lingüístico cf. Hazai, Kappler 1999: 663-669. Bi- bliografía in Tietze 1990:141-142.
12 In serbocroato Skaljic (1979) registra circa 9000 turchismi, mentre Grannes, Haugen, Siileymanoglu (2002) poco più di 7000 per il búlgaro. La differenza del numero dei lemmi nei due dizionari non è rilevante ai fini di una valutazione comparativa dell' intensità del contatto tra búl- garo e serbocroato. Diversi sono i principi e i criteri in base ai quali è stata effettuata la raccolta. Già la lista delle equivalenze (Grannes, Haugen, Siileymanoglu 2002: 305-528) tra queste due raccolte dimostra un numero maggiore di prestiti in búlgaro rispetto al serbocroato.
13 Per caichi strutturali si intendono parole "il cui modello straniero è riprodotto con ele- menti preesistenti nel sistema della lingua", per caichi semantici parole "in cui l'imitazione si traduce nel semplice allargamento del campo semántico di una parola indígena" (Gusmani 1986: 12). Cf. anche Bynon 1990: 216-239; Schaller 1999: 463-464.
14 Tra i vari cf. Skaljic 1979 per il bosniaco/bosgnacco (serbocroato) e Schaller 1973 o Hen- ninger 1987 per il búlgaro.
15 Per una rassegna dettagliata cf. Introduzione in Skaljic 1979.
16 A questo proposito va tenuto conto che la valutazione delle modificazioni fonetiche viene fatta prendendo in considerazione il turco standard e non le varietà regionali da cui più probabil- mente sono state attinte queste forme. Cf. Adamovic 1973; Grannes, Haugen, Siileymanoglu 2002.
17 Qui ci si puô ricollegare alla distinzione tra Fremdwort e Lehnwort discussa da Gusmani (1986: 23-26).
18 Cf. Henninger 1987: 92.
19 Tra i mold cf. Schaller 1973: 178-179; Peco 2007: 280-296; Bojadíiev 1986: 200-201; Zidarova 2009: 232-235.
20 Per le ragioni alla base del prestito lessicale cf. Campbell 1999: 62-68; Gusmani 1986: 9-29.
21 Tra le parole espressione della nuova cultura, e che ritroviamo in tutte e tre le lingue inve- stigate, rientrano quelle che riguardano l'organizzazione dello stato viLi(j)et 'provincia', legge devlet, l'esercito asker 'esercito, soldato', l'urbanistica canija 'mercato', cibi e pietanze sudzuk '(specie di) salsiccia', commercio e artigianato zanatlija 'artigiano', esnaf'legs. di artigiani, artigiano', etc. Anche termini come pemben 'rosso chiaro' possono essere interpretati come Kulturwörter, e non perché il referente extralinguistico dell'espressione non esistesse prima dell'arrivo degli ottomani, ma perché la sua designazione a livello lingüístico è caratteristica della semiosfera turco-ottomana.
22 Generalmente sono gli studiosi occidentali a ricordare l'importanza del prestigio del turco: "It is highly plausible that Osmanli Turkish constituted a favorite source of replacement or (near-)synonims for native Balkan words. It was a language with which a good number of non-Turks were more ore less familiar and moreover it was a prestigious language" (Kazazis 1972: 91).
23 Cf. Filipovic 1986: 173-181; Campbell 1999: 252-282; Traugott, Dasher 2005: 24-40.
24 Per il búlgaro cf. Mircev 1978: 84-95; Henninger 1990: 4-5; Mirceva-Charalampiev 1999: 337-343; Zidarova 2009: 232-235. Per il serbocroato, cf. Skaljic 1979: 15-17; Peco 1998; Peco 2007: 234, e per il bosniaco/bosgnacco Monnesland 2005b: 502-504; Cedic 2009: 45-46; Vasyl'jeva 2009: 172-174.
25 Cf. Hill 1988:151.
26 Per una storia degli studi sui turchismi in búlgaro cf. Stamenov 2011:67-121.
27 Cf. anche le lámemele di Sofronij Vracanski sulle abitudini linguistiche dei bulgari all'ini- zio dell' Ottocento (Dell'Agata 1984:164) e le considerazioni sulle varietà del repertorio dei bulgari nel periodo ottomano in Kjuvljeva 1980.
28 'La lingua standard - è il tratto più importante délia nazione'.
29 'Il neobulgaro è il diretto continuatore del paleoslavo'.
30 'Più feroci strumenti di assimilazione nei confronti del popolo búlgaro'.
31 Fino agli anni Novanta del XX secolo T'impurità" del búlgaro nell'Ottocento veniva spie- gata con l'imposizione forzata del turco, cf. "nalozenoto dvujezicije" 'bilingüismo imposto' (Mircev 1978:84).
32 Cf. quanto scrive Thomas (2001: 35-61) circa l'intreccio di motivi razionali e irrazionali nella giustificazione ideológica di politiche puristiche.
33 Stojanov (1952: 218) suggerisce che laperdita di prestigio del turco sia awenuto durante la (prima?) guerra balcanica "kogato nasiat narod vidja niskija uroven na turskata masa. I se izpälni s dälboko patrioticno säznanie za svoja ezik i kultura" 'quando il nostro popolo ha visto il basso livello della turba turca. E si è infiammato di profonda consapevolezza patriottica per la propria lingua e cultura'.
34 Nel 1855 esce a Bucarest il Recnik na dumi turski igracki ν ezika balgarskij di Aleksandr Zivkov e Michajl Pavlev.
35 Réci Turski i nëkolko Greceski, koi to sa ·υο oupotreblenie na segasnoto vreme im sicka ta Bol- garia, istolkuvany po vozmoznosti st> ravnoznamenovatelny Slavenski, ili Russijski 'Parole turche e al- cune greche, che sono in uso al tempo attuale in tutta la Bulgaria, spiegati per quanto possibile con sinonimi in slavo[ecclesiastico] o russo.'
36 Riporta vari esempi di come nei diversi villaggi per uno stesso referente vengano usati termini differenti, tra cui molte parole turche o greche (Neofit Rilski 1834: 1-15). Considerazioni simili anche in Sobolev (2004b: 212) rispetto alla situazione attuale dei turchismi nei dialetti dei Balcani. Cf. anche Venediktov 1981. Lilov (1979: 50) invece afferma che uno dei principali tratti condivisi dai dialetti bulgari erano proprio i turchismi.
37 Cf. Stojkov 1979.
38 Cf. Rusinov 1979: 253-261.
39 Cf. la ricca bibliografía sul purismo in Bojadziev 1986: 226-230.
40 Cf. Moskov 1958: 83; Mladenov 1979: 83; Dimitrova 1997: 42.
41 Cf. Pärvev 1979b.
42 'Una delle lingue più sterili nell' Europa dell' Est'.
43 Cf. Lakova 1972.
44 Kordic li cita da J. Milroy, Some effects ofpurist ideologies on historical descriptions of Eng- lish, in: N. Langer, W. Davies (a cura di), Linguistic purism in the Germanic languages, Berlin 2005, pp. 324-342.
45 In termini più generali si puó parlare per il búlgaro di una rivalutazione del parlato sullo scritto, tendenza di sviluppo a livello globale fin dalla seconda metà del XX secolo, in linea con quello che Lencek ( 1981: 49) chiama "switch in prestige standards" e che si manifesta in un ade- guamento dello scritto alie caratteristiche del parlato e nel conseguente awicinamento della lingua standard a varietà più basse.
46 'Marcatori affettivi e espressivi'.
47 Le introduzioni ai due volumi contengono rispettivamente una nota al lettore (Nikolaev 2000) e una prefazione (Popov 2003).
48 rafforzano l'empatia e la vicinanza tra il parlante e il destinatario deH'enunciato'.
49 'una sostituzione di ritorno di parole bulgare con [parole] turche : ilaci al posto di lekarstva ['medicine'], komsii al posto ài sasedi ['vicini (di casa)'] [...]'.
50 Cambia anche la valutazione della política lingüistica delle autorità ottomane : "charakterät na Osmanskata imperija [...] ne predpolaga nasilstvena promjana na ezika na podanicite i" 'il carat- tere dell' Impero ottomano [...] non presuppone una trasformazione violenta della lingua dei suoi sudditi' (Stamenov 2011: 33). Per un paragone cf. nota 51.
51 'la lingua è diventata una componente essenziale nella costruzione della nazione'.
52 Nel dettaglio sulle fasi di "emancipazione" del bosniaco/bosgnacco cf. Monnesland 2005b; Palie 2009.
53 'Senza turchismi come manifestazioni fondamentali non ci sarebbe nemmeno la lingua bosniaca, senza Islam non ci sarebbero i "bosniaci musulmani" e senza di loro nemmeno la lingua bosniaca, tutto è legato l'uno con l'altro, intrecciato".
54 Jahic, Halilovic, Palie (2000: 43 -65) individuarlo cinque fasi di sviluppo nella storia del bosniaco/bosgnacco standard: 1. Medioevo, 2. periodo turco, 3. periodo austríaco, 5. periodo jugo- slavo e 5. periodo propriamente bosniaco. Per un confronto cf. Okuka 2006: 61-98; 249-340; Sator 2009 e anche i contributi contenuti in Monnesland 2005a.
55 'Nella creazione e/o costruzione (Ausbau) del bosniaco e della sua storicità autonoma, gli "orientalismi", il lessico arcaico e i lessemi della cultura islamica sono intenzionalmente da preferire [...]'.
56 Accanto ai turchismi è la frequenza della fricativa velare h, sia per mantenimento etimolo- gico (ktihva 'caffè' cf ser. kafa / ero. kava) che per innovazione (hlopta 'palla' ser. lopta), a distinguere il bosniaco/bosgnacco, altrimenti fondato sulla base dialettale neostokava jekava, da serbo e croato ("Govori Bosnjaka u stvari poseduju samo dvije osobine koje ih karakteriziraju kao cjelinu: cuvanje foneme h i visoka frekvencija turcizma", Jahic 2000b: 69). Come per i turchismi, anche questo trat- to viene ricondotto all'influenza del turco e dell'arabo sulla lingua parlata dalla comunità islamica della Bosnia. Già Ivic (2001: 82-83). Per tali tratti è stato proposto il termine bosnizam 'bosnismo' o 'bosniacismo' (Jahic 2000a: 118). A volte vengono cítate anche altre caratteristiche delle varietà della Bosnia, cf. Peco 1970; Jahic 2000b: 17-18.
57 Cf. Isakovic 1995: xiv; xvi; xviii.
58 Cf. Neweklowsky 1996: 65-70; Jahic, Halilovic, Palie 2000: 60-61.
59 Cedic (2005: 397-398) riporta che anche in Bosnia nello stesso periodo i turchismi veni- vano a volte fatti seguire dall'indicazione tra parentesi del sinonimo slavo o di una nota esplicativa a pié di pagina, e ció per poter facilitare la lettura ad un più ampio pubblico di lettori, oppure al contrario, le parole turche erano impiegate per spiegare il significato di parole serbocroate ancora sconosciute in Bosnia o internazionalismi.
60 Cf. Sito 1989.
61 A queste fonti si rifa Skaljic (1979) per la compilazione della sua opera Tttrcizmi u srp- skohrvatskom jeziku (prima edizione 1965).
62 'La cura dei valori culturali e linguistici autoctoni'.
63 'Il più importante tratto spirituale del popolo'.
64 'La lingua bosniaca dunque "non ha altra via d'uscita" che "tornare a sé stessa", e non appar- tenere più a nessun [altro]'.
65 Cf. Jahic, Halilovc, Palie 2000: 55, ma anche Peco 1977: 61-62; Sipka 2005: 423-425.
66 Per una rassegna delle forti critiche mosse a queste opere cf. Gröschel 2009: 234-257.
67 'Fondamentale portatore, mezzo di trasmissione e indicatore non solo dell'identità cultú- rale ma in generale dell'identità nazionale'.
68 Cf. Cedic 1999.
69 Cf. Greenberg 2004: 150-155; Palie 2009: 83-84.
70 'Negli ultimi dieci anni [1991-2001] è stata costruita la tesi che nella lingua bosniaca le parole di origine orientale sono il lessico caratteristico secondo il quale questa lingua si riconosce'.
71 ? turchismi in bosniaco non sono affatto 'parole straniere', ma al contrario parole che fan- no questa lingua particolare e fácilmente riconoscibile'.
72 Si no ti la ricerca di differenza anche nel titolo bosanskog vs. bosanskoga.
73 'Tutti i tipi di lessemi che occorrono nella lingua bosniaca colloquiale, sia neutra che mar-
74 'Tutti i prestiti accolti nel lessico colloquiale'.
75 'Un tentativo di elevare i tratti colloquiali e regionali dell'ambiente musulmano cosi come parole dimenticate e inusuali al rango di standard'.
76 'Occupano un posto di spicco nella vita pubblica'.
77 'Uno strato del lessico molto attivo'.
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Andrea Trovesi è ricercatore di Slavistica e insegna Filología slava presso l'Università di Bergamo. Laureato in Lingüistica generale, si è specializzato in filología e lingüistica slava presso l'Università Carlo di Praga e l'Istituto slavo dell'Accademia delle Scienze della Repubblica ceca. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in Slavistica presso l'Università degli Studi di Milano, ha insegnato Lingua polacca (Università Statale di Milano) e Lingua e Letteratura ceca (Università di Firenze). Si occupa di lingue e lingüistica slava, con approccio preminentemente contrastivo {La genesi di articoli determinativi. Modalità di espressione della definitezza in ceco, serbo-lusaziano e slo- veno, Milano 2004).
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Copyright Firenze University Press 2012
Abstract
The strong and persistent language contact with (Ottoman) Turkish to which all Balkan Slav dialects had been exposed for centuries resulted in an extensive borrowing of Turkish lexical units. Despite the fact that since the 19th century the socio-political development (de-orientalization, nation building etc.) of Balkan countries and, most of all, purist approaches in the standardization of national languages have led to a substantial decrease in the number of Turkisms, Turkish lexical heritage has remained latently present in all Slavic Balkan languages. Starting from the last decade of the 20th century an extensive revival of Turkisms can be observed especially in Bulgarian and in Bosnian/Bosniak, mainly as a consequence of the democratization of the political and social systems of Balkan countries, as well, in the case of Bosnian/Bosniak, as the creation of Bosnian/ Bosniak as the national language of the Bosnian Muslims. In order to explain what the revival of latent Turkish lexical heritage consists of in these two languages, The author has traced the different paths of development in the approach to Turkish lexical borrowings in the history of Bulgarian and Bosnian/Bosniak. [PUBLICATION ABSTRACT]
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